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La rivolta interna contro Ursula per il fiasco anti export sui vaccini

David Carretta

Il provvedimento per bloccare le esportazioni non ha compiuto il tradizionale iter interno alla Commissione. Il problema irlandese

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Ursula von der Leyen ha deciso da sola di spingere l’Ue sulla strada del nazionalismo sui vaccini, senza consultare i commissari e contro il parere della sua amministrazione, a costo di provocare una crisi con l’Irlanda e il Regno Unito e le proteste di  Canada e Giappone? Quattro giorni dopo l’introduzione del meccanismo per vietare le esportazioni dei vaccini, von der Leyen ieri ha cercato di calmare le polemiche rispondendo a porte chiuse alle domande di alcuni gruppi al Parlamento europeo. La presidente della Commissione si è scusata per aver inserito una norma (subito cancellata) che avrebbe riportato la frontiera fisica tra Irlanda e Irlanda del nord. Le prime due richieste di esportazione verso Regno Unito e Canada sono state autorizzate: “Questo dimostra che il sistema funziona e sarà usato in modo molto limitato”, ha detto una portavoce. Ma l’episodio ha provocato una rivolta interna alla Commissione.

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Ursula von der Leyen ha deciso da sola di spingere l’Ue sulla strada del nazionalismo sui vaccini, senza consultare i commissari e contro il parere della sua amministrazione, a costo di provocare una crisi con l’Irlanda e il Regno Unito e le proteste di  Canada e Giappone? Quattro giorni dopo l’introduzione del meccanismo per vietare le esportazioni dei vaccini, von der Leyen ieri ha cercato di calmare le polemiche rispondendo a porte chiuse alle domande di alcuni gruppi al Parlamento europeo. La presidente della Commissione si è scusata per aver inserito una norma (subito cancellata) che avrebbe riportato la frontiera fisica tra Irlanda e Irlanda del nord. Le prime due richieste di esportazione verso Regno Unito e Canada sono state autorizzate: “Questo dimostra che il sistema funziona e sarà usato in modo molto limitato”, ha detto una portavoce. Ma l’episodio ha provocato una rivolta interna alla Commissione.

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Il meccanismo per controllare le esportazioni di vaccini è  la risposta della Commissione al taglio delle forniture di AstraZeneca e alle polemiche in Germania per la lentezza delle vaccinazioni. Venerdì 22 gennaio, appena una settimana prima dell’autorizzazione del suo vaccino da parte dell’Ema, la società farmaceutica ha annunciato  una riduzione del 60 per cento delle consegne previste per febbraio e marzo. AstraZeneca è sospettata di aver esportato nel Regno Unito dosi che erano state riservate all’Ue. Lunedì 25 gennaio la Commissione ha reagito evocando l’idea di un meccanismo per assicurare la trasparenza delle esportazioni, ma senza bloccare i vaccini diretti in altri paesi. Venerdì 29 gennaio la stessa Commissione ha approvato un testo che introduce la possibilità di vietare le esportazioni extra Ue. In mezzo ci sono state le pressioni del ministro della Sanità tedesco, Jens Spahn, per un controllo rigido delle esportazioni, le recriminazioni del governatore della Baviera, Markus Söder, contro Bruxelles e le accuse dei giornali tedeschi ad AstraZeneca di aver dirottato dosi dell’Ue. Come altre volte in passato, von der Leyen ha focalizzato la sua attenzione più sulla politica interna tedesca che sulla dimensione europea (e globale) del suo incarico. “Non è una buona idea cercare di risolvere piccoli problemi interni alla Cdu-Csu usando la Commissione”, dice al Foglio un osservatore brussellese.

 

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Il provvedimento per bloccare le esportazioni non ha compiuto il tradizionale iter interno alla Commissione. Il testo è stato preparato in tutta fretta dalla direzione generale Commercio, senza consultazione approfondita con gli altri servizi. Ma la versione finale è stata redatta direttamente dal gabinetto di von der Leyen, diretto da un fedelissimo che si è portata da Berlino, Bjoern Seibert. E’ in quella fase che venerdì è stata introdotta la norma sulla frontiera tra Irlanda e Irlanda del nord. “Il testo è opera di un gruppo ristretto di consiglieri di von der Leyen”, spiega una fonte dell’Ue. I commissari – che adottano le loro decisioni collegialmente – hanno avuto appena mezz’ora di tempo per sollevare obiezioni. Le obiezioni di chi aveva partecipato al negoziato Brexit non sono state ascoltate. E, quando è scoppiato il caos irlandese, il portavoce della Commissione Eric Mamer è sembrato gettare la colpa sul vicepresidente Valdis Dombrovskis, che ha la competenza sul Commercio.

   

Lo scaricabarile di von der Leyen è stato criticato dentro e fuori la Commissione. Dombrovskis ha reagito con una nota alla stampa, con cui ha rinnegato il suo ruolo personale e la linea protezionista di von der Leyen. “Dal punto di vista commerciale, c’erano preoccupazioni sulle conseguenze indesiderate” del meccanismo sulle esportazioni, “ma c’erano ragioni preminenti di salute pubblica. La direzione generale del Commercio ha quindi agito su richiesta e sulla base degli input dei gabinetti rilevanti”, ha spiegato Dombrovskis.

   

Nel fine settimana era stata la commissaria irlandese, Mairead McGuinness, a puntare il dito contro la mancanza del “normale scrutinio” sui provvedimenti e a sottolineare che originariamente il meccanismo non era stato pensato “per alzare frontiere”. Commissari, diplomatici e deputati hanno iniziato a interrogarsi sulle competenze di von der Leyen nel guidare l’Unione europea. “Non è più un ministro tedesco”, dice uno di loro. Secondo un funzionario, è “improbabile che ci siano conseguenze (interne) immediate”, ma “la credibilità della Commissione ha subìto un duro colpo”.

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