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La censura di Erdogan sul genocidio in Cina

Redazione

Trasmissioni sospese sulla tv turca durante l'intervento in diretta di una donna uigura. Gli effetti delle relazioni economiche sempre più intime tra Ankara e la Cina di Xi Jinping 

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Mercoledì scorso in Turchia, durante l'assemblea del gruppo parlamentare d'opposizione, la leader del Partito İYİ, Meral Akşener, ha lasciato il suo microfono a Nursiman Abduraşid, una donna uigura, chiamata a testimoniare le sofferenze e la persecuzione a cui la Cina sottopone la minoranza turcofona nella regione autonoma dello Xinjiang. Quando la donna ha iniziato a parlare, l'agenzia di stampa governativa Anadolu e la tv del Parlamento turco hanno sospeso le trasmissioni, per poi riprenderle al termine del suo discorso. Non è una novità l'imbarazzo del governo turco sulla questione della persecuzione degli uiguri, ormai definito “genocidio” anche dall'AmericaLe relazioni economiche tra la Turchia di Recep Tayyip Erdogan e la Cina di Xi Jinping sono sempre più strette, e questo influenza anche le questioni politicamente critiche per Pechino. Anche per questo sono sempre meno gli uiguri che cercando di rifugiarsi in Turchia, teoricamente il loro paese più vicino, geograficamente e culturalmente. Non credono sia più un posto sicuro, visto il silenzio di Erdogan sulla questione (a cui si aggiunge quello della maggioranza dei paesi musulmani). Con la pandemia questo silenzio è diventato assordante: qualche settimana fa la Turchia ha iniziato la vaccinazione di massa della popolazione con il vaccino cinese di Sinovac. Le dosi sono arrivate dopo molti ritardi, che secondo i media turchi erano probabilmente dovuti a una sorta di ricatto delle autorità di Pechino: la Cina vuole che il Parlamento turco ratifichi il trattato di estradizione firmato con Ankara nel 2017 il prima possibile. Ma per la comunità internazionale e anche per gran parte dell'opinione pubblica turca questo vorrebbe dire mettere gli uiguri in Turchia nelle mani dei cinesi, e, di fatto, essere complici del genocidio.

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Mercoledì scorso in Turchia, durante l'assemblea del gruppo parlamentare d'opposizione, la leader del Partito İYİ, Meral Akşener, ha lasciato il suo microfono a Nursiman Abduraşid, una donna uigura, chiamata a testimoniare le sofferenze e la persecuzione a cui la Cina sottopone la minoranza turcofona nella regione autonoma dello Xinjiang. Quando la donna ha iniziato a parlare, l'agenzia di stampa governativa Anadolu e la tv del Parlamento turco hanno sospeso le trasmissioni, per poi riprenderle al termine del suo discorso. Non è una novità l'imbarazzo del governo turco sulla questione della persecuzione degli uiguri, ormai definito “genocidio” anche dall'AmericaLe relazioni economiche tra la Turchia di Recep Tayyip Erdogan e la Cina di Xi Jinping sono sempre più strette, e questo influenza anche le questioni politicamente critiche per Pechino. Anche per questo sono sempre meno gli uiguri che cercando di rifugiarsi in Turchia, teoricamente il loro paese più vicino, geograficamente e culturalmente. Non credono sia più un posto sicuro, visto il silenzio di Erdogan sulla questione (a cui si aggiunge quello della maggioranza dei paesi musulmani). Con la pandemia questo silenzio è diventato assordante: qualche settimana fa la Turchia ha iniziato la vaccinazione di massa della popolazione con il vaccino cinese di Sinovac. Le dosi sono arrivate dopo molti ritardi, che secondo i media turchi erano probabilmente dovuti a una sorta di ricatto delle autorità di Pechino: la Cina vuole che il Parlamento turco ratifichi il trattato di estradizione firmato con Ankara nel 2017 il prima possibile. Ma per la comunità internazionale e anche per gran parte dell'opinione pubblica turca questo vorrebbe dire mettere gli uiguri in Turchia nelle mani dei cinesi, e, di fatto, essere complici del genocidio.

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