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In equilibrio sulle dosi

Abbasso il nazionalismo sui vaccini, la guerriglia sulle dosi spaventa tutti

David Carretta

Il paradosso degli inglesi che ora fanno i globalisti mostra i rischi legati ai divieti di esportazione e alla mancata solidarietà. Una situazione a perdere

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Il governo di Boris Johnson ieri ha chiesto all’Unione europea di non lanciarsi nel “nazionalismo sui vaccini”, dopo che la Commissione di Ursula von der Leyen ha minacciato di instaurare un sistema che permetterebbe di bloccare le esportazioni delle dosi prodotte nell’Ue in risposta al taglio delle consegne da parte di AstraZeneca. “Il nazionalismo sui vaccini è la strada sbagliata da prendere”, ha detto il sottosegretario responsabile per le vaccinazioni, Nadhim Zahawi. Può sembrare paradossale che l’appello venga da un governo che, battendo la grancassa del nazionalismo, ha fatto la Brexit e che si trova ai primi posti per il numero di persone vaccinate contro il Covid-19. Eppure il rischio di una guerra globale sui vaccini, combattuta a colpi di divieti di esportazioni di dosi o componenti per la loro fabbricazione, è reale. E tutti hanno da rimetterci, nel momento in cui le società farmaceutiche affrontano difficoltà nei processi produttivi e si affidano alla catena di approvvigionamento della globalizzazione per realizzare e distribuire le loro dosi. 

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Il governo di Boris Johnson ieri ha chiesto all’Unione europea di non lanciarsi nel “nazionalismo sui vaccini”, dopo che la Commissione di Ursula von der Leyen ha minacciato di instaurare un sistema che permetterebbe di bloccare le esportazioni delle dosi prodotte nell’Ue in risposta al taglio delle consegne da parte di AstraZeneca. “Il nazionalismo sui vaccini è la strada sbagliata da prendere”, ha detto il sottosegretario responsabile per le vaccinazioni, Nadhim Zahawi. Può sembrare paradossale che l’appello venga da un governo che, battendo la grancassa del nazionalismo, ha fatto la Brexit e che si trova ai primi posti per il numero di persone vaccinate contro il Covid-19. Eppure il rischio di una guerra globale sui vaccini, combattuta a colpi di divieti di esportazioni di dosi o componenti per la loro fabbricazione, è reale. E tutti hanno da rimetterci, nel momento in cui le società farmaceutiche affrontano difficoltà nei processi produttivi e si affidano alla catena di approvvigionamento della globalizzazione per realizzare e distribuire le loro dosi. 

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La Commissione ieri ha fatto un piccolo passo indietro dalla guerra dei vaccini, spiegando che il “meccanismo di trasparenza delle esportazioni” che dovrebbe essere presentato entro il fine settimana non servirà “a bloccare, ma a sapere cosa esporteranno le imprese”. Tuttavia il ministro tedesco della Sanità, Jens Spahn, si è detto favorevole a restrizioni per fare in modo che le forniture all’Ue siano garantite. “I vaccini che escono dall’Ue devono avere una licenza in modo che almeno sappiamo cosa viene prodotto e cosa esce dall’Europa. E se lasciano l’Europa, possiamo assicurarci che ci sia una distribuzione equa”, ha detto Spahn alla Zdf. Le trattative fra la Commissione e AstraZeneca, che venerdì scorso ha inaspettatamente annunciato un taglio delle forniture all’Ue del 60 per cento nel primo trimestre, continuano. La società è stata convocata a una nuova riunione oggi. L’Ue chiede un riequilibrio in termini di distribuzione con altri clienti, perché sospetta che AstraZeneca stia privilegiando altri nella consegna dei vaccini. Alla firma del contratto con l’Ue, la società aveva incassato 336 milioni di euro per iniziare a produrre in ottobre ed essere pronta a rifornire gli stati membri appena ottenuto il via libera dall’Autorità europea dei medicinali con 80 milioni di dosi entro marzo. La decisione dell’Ema è attesa per venerdì. “L’Europa ha investito miliardi per aiutare a sviluppare i primi vaccini contro il Covid-19 e ora le imprese devono onorare i loro obblighi”, ha detto von der Leyen. La commissaria alla Sanità. Stella Kyriakides, ha spiegato che con il nuovo meccanismo le società dovranno notificare preventivamente le esportazioni di vaccini prodotti nell’Ue, cosa che permetterebbe agli stati membri di attuare un divieto per ragioni sanitarie.

 

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La paura del Regno Unito è che l’Ue blocchi le dosi di Pfizer-BioNTech, prodotte nello stabilimento belga di Puurs, in risposta alle mancate consegne di AstraZeneca. “Abbiamo grande fiducia in Pfizer” e “lavoriamo a stretto contatto con i nostri partner dell’Ue”, ha assicurato Zahawi. Più in generale nemmeno il Regno Unito, che si è assicurato una produzione locale esclusiva da AstraZeneca, ha un interesse di lungo periodo a isolarsi dal resto del mondo sui vaccini. Quel che è accaduto all’Ue – un problema a un impianto – avrebbe ripercussioni ancor maggiori se avvenisse nel Regno Unito: in mancanza di cooperazione da parte degli europei, il governo di Londra si troverebbe all’improvviso senza dosi e senza soluzioni alternative. Il comportamento di Pfizer-BioNTech è stato considerato dall’Ue molto più corretto rispetto ad AstraZeneca. Quando la produzione a Puurs è stata ridotta per migliorare l’impianto, Pfizer ha scelto di togliere un po’ a tutti anziché colpire un solo cliente. Per arrivare all’indipendenza nazionale assoluta sui vaccini è necessario essere autonomi anche sulle materie prime. In una escalation di nazionalismo vaccinale, è facile prevedere una cascata di misure protezioniste che colpirebbero tutto e tutti. Lo ha ricordato ieri Angela Merkel, lanciando un avvertimento al forum virtuale di Davos. “Gli Usa hanno una legge di guerra in vigore sull’esportazione dei vaccini e in alcuni casi di importanti forniture per i vaccini”, ha detto Merkel, “questo provocherà l’istinto naturale in Europa di dire: se ti manca qualcosa di cui hai bisogno nella tua catena di approvvigionamento per i medicinali o i vaccini, devi cercare in casa e assicurarti di averlo”.

 

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