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Il report che Di Stefano dovrebbe leggere per capire il Venezuela di Maduro

Il dittatore sta torturando e affamando i venezuelani. Appunti per il sottosegretario sul perché si deve riconoscere Guaidó

Maurizio Stefanini
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“Il popolo venezuelano non ha votato Guaidó alle elezioni presidenziali, quindi ovvio che non lo possiamo riconoscere”. Di nuovo stuzzicato a Porta a porta sulla ambiguità del governo italiano di fronte al Venezuela, Manlio Di Stefano, il sottosegretario agli Esteri del Movimento cinque stelle già famoso per essere andato a Caracas a convincere gli italo-venezuelani che si stava meglio con Maduro che in Italia, ci è ricascato. Anche di fronte all’osservazione che la Casa Bianca passa da Trump e Biden, ma il riconoscimento americano per il presidente ad interim espresso dall’ultima Assemblea Nazionale democraticamente eletta resta. “Siccome non amo banalizzare – ha pure insistito – parliamo di quello che conosciamo”.

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Non soltanto l’America, ma anche il governo di Capo Verde continua a riconoscere Guaidó come presidente. Quindi ha rifiutato di liberare Alex Saab: l’oriundo colombiano usato come prestanome dal regime di Maduro per i suoi traffici, arrestato durante uno scalo tecnico di ritorno dall’Iran, e che era stato nominato console per munirlo di immunità diplomatica. El País ha appena pubblicato un dossier sulla rete che Saab aveva costruito per aggirare l’embargo al petrolio venezuelano attraverso la sua impresa di diritto svizzero Swissoil Trading, di cui faceva parte anche il cittadino italiano Alessandro Bazzoni. E’ con questo schema che vengono importati generi alimentari che sono poi redistribuiti per tenere i cittadini venezuelani sotto ricatto. Il grosso del bottino però va agli esponenti del regime, come dimostra un’altra notizia recentissima: l’inchiesta in Svizzera su fondi neri per 10,1 miliardi di dollari custoditi nelle banche elvetiche e provenienti dalla corruzione in Venezuela.

 

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Soprattutto, però, è da segnalare al sottosegretario Di Stefano il rapporto appena uscita del Casla Institute “Venezuela. Crimini di lesa umanità. Repressione sistematica e tortura. Responsabilità del regime cubano”.

 

  

Presentato dall’Osa, Organizzazioni stati americani, e inviato alla Corte penale internazionale per porre in giudizio Maduro e gli altri dirigenti del regime, conferma le denunce riportate anche in vari rapporti Onu: in un quadro di repressione di fronte a una nuova ondata di proteste, che il 5 gennaio è culminata in una minaccia di confisca dei beni e privazione della cittadinanza ai venezuelani esuli, e l’8 gennaio in una sfuriata contro quel che resta dei media non allineati.

  

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Il documento riporta 141 casi di detenzione arbitraria, tortura, sparizione, stupro. Ad alcuni detenuti sono state strappate le unghie delle mani o dei piedi. 25 persone sono state appese ammanettate per subire asfissia o scariche elettriche. Tra i metodi di tortura denunciati: il waterboarding; la falanga, bastonate sulle piante dei piedi; detenuti asfissiati con escrementi; detenuti nutriti con cibo in cui era stato posto vetro macinato; aghi tra le unghie delle mani; prigionieri mantenuti in isolamento per mesi; prigionieri esposti al contagio del Covid. Le testimonianze concordano anche sulla presenza alle torture di cubani o di gente formata a Cuba.

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Al sottosegretario agli Esteri sarebbe poi anche consigliabile “conoscere” il caso di Hugo Marino Salas: cittadino italiano residente a Miami, che sabato 20 aprile 2019 sbarcò in Venezuela procedente da Panama. Fece appena in tempo a informare per telefono la madre del suo arrivo, che subito dopo fu portato via da uomini della Dirección General de Contrainteligencia Militar. Informata della cosa, poco dopo la famiglia andò alla sede della stessa Dgcim, chiedendo informazioni, e portando cose che potessero alleviare la condizione del detenuto. Dissero loro che potevano lasciare l’acqua, ma dovevano portare via il resto. La settimana dopo, tornarono. Dissero loro che non c’era nessun Hugo Marino Salas e non c’era mai stata. Da allora, quel cittadino italiano è desaparecido.

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