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L'inaugurazione allo specchio

Daniele Ranieri

Visto dal fondo di quel pozzo di complottismo che è la destra estrema americana, il giuramento di Joe Biden è l’inizio della resistenza contro un governo illegittimo

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Oggi la cerimonia di insediamento del presidente americano Joe Biden è un evento inspiegabile per milioni di americani di estrema destra che negli ultimi tre anni si sono fatti attirare nella realtà alternativa del culto di Q. Specifico “di estrema destra” ma si tratta di una destra americana inconsapevole, che crede di essere un movimento di pensiero puro e animato da idee di pace universale, ecologia e fratellanza ma poi all’atto pratico si propone di arrestare e impiccare chi non la pensa come il presidente uscente Donald Trump. E’ una destra estrema che non sa di esserlo. Azzardo “milioni” perché nessuno ha cifre precise, ma il traffico che i seguaci generano sui social media equivale davvero a milioni di persone e hanno un modo tutto loro di sfuggire a rilevazioni più precise – come fanno in generale i sostenitori di Trump, che anche a novembre sono risultati essere un po’ più numerosi nelle urne elettorali che nei sondaggi fatti fino al giorno prima. 

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Oggi la cerimonia di insediamento del presidente americano Joe Biden è un evento inspiegabile per milioni di americani di estrema destra che negli ultimi tre anni si sono fatti attirare nella realtà alternativa del culto di Q. Specifico “di estrema destra” ma si tratta di una destra americana inconsapevole, che crede di essere un movimento di pensiero puro e animato da idee di pace universale, ecologia e fratellanza ma poi all’atto pratico si propone di arrestare e impiccare chi non la pensa come il presidente uscente Donald Trump. E’ una destra estrema che non sa di esserlo. Azzardo “milioni” perché nessuno ha cifre precise, ma il traffico che i seguaci generano sui social media equivale davvero a milioni di persone e hanno un modo tutto loro di sfuggire a rilevazioni più precise – come fanno in generale i sostenitori di Trump, che anche a novembre sono risultati essere un po’ più numerosi nelle urne elettorali che nei sondaggi fatti fino al giorno prima. 

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Poi c’è la destra estrema vera dell’America, quella che si richiama in modo consapevole a teorie fascistoidi e alla supremazia bianca. Per loro la cerimonia di insediamento del presidente americano Joe Biden è invece spiegabile, spiegabilissima. E’ il risultato di una traiettoria che teorizzano da decenni, vale a dire la progressiva estinzione dell’uomo bianco americano di fronte ai numeri in continua crescita delle altre etnie e dei traditori liberal. L’essere minoranza in casa propria, un punto d’arrivo che è citato in tutta la loro propaganda. La capitolazione di fronte a forze storiche terribilmente potenti. E’ il motivo per il quale alcuni di loro citano nei loro libelli la Rhodesia, dove una minoranza bianca al potere negli anni Settanta affrontò una guerriglia comunista e nera. Per questo si erano rassegnati a votare Donald Trump, modello improbabile per la far-right eroica (un personaggio tv newyorchese con il genero ebreo), perché comunque era un elemento ritardante nel progressivo sfacelo che temono da decenni e che si era inverato con l’arrivo di Barack Obama alla Casa Bianca. Vorrebbero a tutti i costi un secondo mandato di Trump ma non hanno bisogno di teorie fantasiose per accettare il fatto che il loro uomo abbia perso. E’ per questo che da anni formano milizie e fantasticano online sulla possibilità di una guerra civile. Quelli della destra estrema vera guardano i seguaci di Q come cugini scemi, ma li accettano perché fanno massa. Non si può fare troppo gli schizzinosi con i compagni che incontri lungo la strada, soprattutto se sei un movimento minoritario e hai piani ambiziosi che portano addirittura a irrompere dentro il Congresso. La cerimonia di insediamento del presidente per questa seconda fazione dell’estremismo rappresenta l’inizio dell’occupazione degli Stati Uniti, la fine della finzione politica di essere rappresentati – prima alcune delle loro istanze avrebbero potuto essere ascoltate alla Casa Bianca e in Senato, adesso non sarà più così – e quindi anche l’inizio della resistenza. “Adesso è chiaro: non c’è soluzione politica”, diceva uno dei canali più seguiti dei Proud Boys venerdì scorso. Ecco, questi sono i due grandi rami principali dei sostenitori di Trump che guardano il giuramento di Biden allo specchio, come se fosse al contrario, convinti a torto che da oggi gli Stati Uniti siano amministrati da un governo illegittimo. C’è un terzo ramo, quello degli elettori di Trump semplici delusi dalla sconfitta, ma più si va avanti con la bufala delle elezioni rubate e più si rischia che cadano in uno di questi due campi menzionati – come avverte un rapporto dell’intelligence americana scritto dopo l’attacco del 6 gennaio e pubblicato in parte dal New York Times. La sigla usata per menzionare tutto questo assortimento di persone e pulsioni eversive che non si sa bene dove comincia e dove finisce è DVE, Domestic Violent Extremism, estremismo violento interno. 

 

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La prima fazione, quella dei QAnonisti, ha bisogno di teorie convolute per spiegarsi perché Trump da oggi non è più il presidente. Tutto il loro mondo si basa sul fatto che l’intelligence militare ha messo Trump alla Casa Bianca per sconfiggere la cabala diabolica che controlla il pianeta. Se adesso Trump si sposta a giocare a golf in Florida in via permanente senza più tutti quei segni del potere che esaltano i fan – l’Air Force One, i saluti militari, gli incontri con i leader internazionali – la lotta contro il Male si sgonfia. Gli angeli del Bene non vanno in pensione. In queste ore c’è ancora la speranza di un colpo di teatro: Trump fa scattare all’ultimo minuto l’Insurrection Act, manda l’esercito nelle strade ad arrestare i traditori e fa catturare Biden e tutti i democratici che assieme a lui hanno cospirato contro la Repubblica americana, diventa presidente per eliminazione dei cattivi. Perché non l’ha fatto prima? Perché secondo i QAnonisti doveva raccogliere le prove del tradimento e anche perché dal punto di vista formale il presidente Obama nel 2016, prima di lasciare la Casa Bianca, ha concesso una grazia segreta e di massa a tutti i membri della Cabala e per questo Trump e la sua squadra – il Qteam – hanno dovuto aspettare per avere nuovi elementi per incastrare tutti. Anche sui canali di QAnon in Italia si respira un’aria eccitata di attesa: “Ancora poche ore!”, sospira una seguace dal Veneto. “Finalmente sapremo tutta la verità”, risponde un’altra dal Lazio. C’è la convinzione che Trump, bandito dai social media, annuncerà tutto grazie a un sistema di trasmissione televisiva creato nel 2018 che prenderà il sopravvento su tutti gli altri sistemi negli Stati Uniti. Altri ceppi di QAnon offrono interpretazioni differenti: alcuni dicono che Trump abbia in realtà abolito il sistema politico degli Stati Uniti come lo conoscevamo e abbia riportato in auge la forma originale della Repubblica americana, come concepita nel 1776. La vera cerimonia di insediamento sarà quindi il 4 marzo e Biden è un impostore. Due commenti. Il primo è che queste convinzioni in totale dissonanza fra loro possono coabitare senza problemi nel flusso di pensieri dei seguaci di QAnon perché la loro dottrina è supermalleabile: tutto può essere reinterpretato anche a posteriori alla luce di nuove rivelazioni, a patto che nella storia Trump sia sempre un vincente e la Cabala sia sempre perdente. Così il momento della verità finale si sposta sempre e l’illusione sopravvive. Se oggi, come è possibile, Trump non annuncerà a reti unificate l’Insurrection Act e non arresterà Biden, vorrà dire soltanto che il momento della rivelazione definitiva – The Storm –  è rimandato. Il secondo commento è che ci occupiamo di queste storie di aberrazione perché QAnon si è imposto come forza da tenere in considerazione dentro al Partito repubblicano americano: alcune sezioni del Partito ne hanno adottato gli slogan (Partito repubblicano dell’Arizona: “The Storm is coming”), un paio di seguaci sono state elette al Congresso, molti fra quelli che hanno assaltato il Congresso facevano parte di QAnon e il presidente Trump non li ha mai disconosciuti. Il più alto in grado dentro il governo americano a disconoscere QAnon è stato il vicepresidente Mike Pence e si è visto come è finita, trascinato via dalle guardie del corpo un minuto di cronometro prima che la folla entrasse dentro al Campidoglio. Dopo anni passati a parlare dei fanatici musulmani dello Stato islamico, che in nome dell’utopia della riunificazione sotto un Califfo hanno devastato il medio oriente, adesso ci occupiamo di un culto che vede in Trump un condottiero profeta. Le aberrazioni sono reali, hanno un seguito enorme e producono conseguenze. 

 

A proposito di QAnon. Avril Haines, nominata da Biden come direttore delle agenzie di intelligence nazionali, ieri all’audizione di conferma in Senato ha promesso che produrrà in collaborazione con l’Fbi e il dipartimento della Homeland Security un rapporto su QAnon, per valutare la sua forza e anche “per capire se operazioni di influenza straniera ne hanno facilitato la diffusione”. Il culto è un format fantastico per i reparti di intelligence di paesi ostili che si occupano di seminare disinformazione dentro i cervelli degli americani.

 

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La giornata di oggi dovrebbe svolgersi nel più sereno dei modi a Washington (ma si teme che potrebbe non essere così in altre città americane). La capitale è stata trasformata in una zona militare con l’arrivo di venticinquemila uomini della Guardia nazionale e la chiusura di tutta l’area attorno al Campidoglio, dove a mezzogiorno Joe Biden dovrebbe giurare all’aperto come i suoi predecessori – perché ha rifiutato di spostare la cerimonia in un luogo più difendibile. Le agenzie di intelligence sono al massimo della loro capacità di prevenire pericoli. Intercettano comunicazioni, sorvegliano i siti dove sospettano potrebbero organizzarsi altri attacchi, hanno controllato se tra gli uomini della Guardia nazionale ci sono persone pericolose per evitare il pericolo di infiltrati – proprio come nei paesi arabi i militari considerati a rischio di estremismo islamico non vanno a fare la scorta del presidente. Il nomignolo dato alla grande area di Washington dove nessuno può più entrare – soltanto i treni della metro nel sottosuolo, ma non si possono fermare e devono proseguire –  è “Zona verde”, come le gigantesche enclavi diplomatiche create dietro alti muri a Baghdad e Kabul per tenere fuori gli attentatori. L’Fbi arresta una dopo l’altra le persone che il 6 gennaio hanno sfondato il cordone di polizia e sono entrate al Congresso, l’iniziativa pare essere nelle mani delle agenzie di sicurezza. Il capo dei Proud Boys ha ordinato un fermo di un mese ai suoi sostenitori, per non farsi prendere in questa sequenza di retate. Anche fra quelli di Q gira online la stessa raccomandazione: adesso tenersi bassi, lasciare che passi questa fase. 

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Milioni di persone convinte di essere governate da un presidente illegittimo e da una cabala satanista però non spariscono di colpo. Alcuni si rassegneranno, altri andranno avanti. Non conosciamo la loro tigna, anche se alcuni sono attivi da decenni, e non conosciamo la sorte di Trump, che ha un potere di mobilitazione straordinario ma ha anche una sequenza infinita di guai ad attenderlo fuori dalla Casa Bianca. Facebook e Twitter hanno fatto un repulisti sommario di account complottisti e ne hanno eliminato decine di migliaia, ma la stessa comunità si sta riformando su altre piattaforme. Nell’ultima settimana ci sono canali anonimi che da zero sono passati a trecentomila follower e questa volta sono su server al di fuori degli Stati Uniti – ma gli effetti e la radicalizzazione politica restano in casa. Le fantasie di violenza diventeranno più specifiche, le minacce generalizzate cominceranno a trovare bersagli precisi, la causa della vittoria rubata di Trump si trasformerà in altre cause meglio definite e con maggiori speranze di vittoria. Sono stati i repubblicani alla Camera a raccontare in lacrime di aver ricevuto minacce di morte affinché non certificassero l’elezione di Biden, come la legge chiede loro con un passaggio formale. Immaginate cosa potrà succedere adesso quando la politica americana tenterà di decidere qualcosa, a livello federale oppure nei singoli stati. Perdipiù durante un mandato democratico. Ogni argomento può diventare lo spunto per una protesta, ogni protesta può eccitare dei volenterosi armati che pensano di vivere sotto occupazione. Il fatto di essere una minoranza, come si è visto, non è d’ostacolo. Uno dei gruppi più eccitabili si fa chiamare Three Percenters, che è un nome che deriva dalla convinzione storica sbagliata che soltanto il tre per cento dei coloni americani decise di lottare per l’indipendenza contro la Gran Bretagna durante la Rivoluzione. Ed ecco quello che diceva il 13 novembre Stewart Rhodes, leader di un’altra fazione potente, gli Oath Keepers, che raccoglie migliaia di membri in tutto il paese e fra loro molti ex appartenenti a esercito e polizia: “Ve lo dico semplice semplice ragazzi, se Trump non prende a martellate questa insurrezione comunista (la vittoria di Biden, considerato un collaborazionista della Cina) ci toccherà combattere una guerra civile per sconfiggerli. E’ orrendo. Molti di noi moriranno”. 

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Fino a qui abbiamo parlato della faccia cupa della giornata di oggi. Le tesi sulla destra estrema americana in questa fase sono al contempo tutte vere e tutte false, perché c’è da aspettare di vedere cosa succederà nei prossimi mesi. Però è la festa della democrazia americana e di solito è anche uno spettacolo di unità fra i partiti. I nomi più grossi dei repubblicani, a partire dal leader al Congresso Mitch McConnell, hanno deciso di andare a messa con Biden prima del giuramento e di non andare a salutare Trump, che se ne va da offeso con l’Air Force One verso la Florida, proprio per mostrare che non c’è uno scontro esistenziale e si può andare d’accordo. Questa volta è una festa della democrazia che ha bisogno di una scorta molto più robusta del solito. 

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