PUBBLICITÁ

Lo stallo con Trump

Luciana Grosso

Tutti vogliono azzerare Trump anche per il dopo, ma ci sono difficoltà tecniche e Biden dice no. L’ipotesi più probabile è quella dell’impeachment, ma non conviene a nessuno

PUBBLICITÁ

Impeachment? 25imo emendamento? Aspettare un’altra settimana e buonanotte? Nessuno a Washington, ora come quattro anni da, sa bene cosa fare con Donald Trump. L’ipotesi più probabile, per come si stanno mettendo le cose in queste ore, è quella dell’impeachment, anche se non conviene a nessuno. Certo, Nancy Pelosi lo pretende, furiosa e oltraggiata per quello che è successo mercoledì al suo ufficio, all'istituzione che rappresenta e, tanto che ci siamo, anche alla sua casa in California, da tempo destinazione di sanguinanti teste di maiale. Si tratta di una strada percorribile e già calendarizzata con l’accusa (difficilmente negabile, visto che l'abbiamo visto tutti il discorso del Presidente) di incitazione alla rivolta. Nonostante questo, il piano presenta talmente tante incognite da non assomigliare per niente a una soluzione.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Impeachment? 25imo emendamento? Aspettare un’altra settimana e buonanotte? Nessuno a Washington, ora come quattro anni da, sa bene cosa fare con Donald Trump. L’ipotesi più probabile, per come si stanno mettendo le cose in queste ore, è quella dell’impeachment, anche se non conviene a nessuno. Certo, Nancy Pelosi lo pretende, furiosa e oltraggiata per quello che è successo mercoledì al suo ufficio, all'istituzione che rappresenta e, tanto che ci siamo, anche alla sua casa in California, da tempo destinazione di sanguinanti teste di maiale. Si tratta di una strada percorribile e già calendarizzata con l’accusa (difficilmente negabile, visto che l'abbiamo visto tutti il discorso del Presidente) di incitazione alla rivolta. Nonostante questo, il piano presenta talmente tante incognite da non assomigliare per niente a una soluzione.

PUBBLICITÁ

 

 

Tanto per cominciare c’è un problema di tempo: la presidenza Trump finirà il 20 gennaio, tra meno di dieci giorni, e ammesso pure che la Camera dei rappresentanti, dove i numeri ci sono, voti già domani per la sua rimozione, comunque occorrerebbe il voto del Senato, che non si riunirà fino al 19 gennaio, ossia fino all’ultimo giorno della Presidenza. Il che significa che, anche nella più fulminea delle ipotesi, Trump verrebbe rimosso da una carica che già non occupa più. Un paradosso per il quale si trova un solo lontano precedente, quello del ministro della Guerra di Ulysses Grant, William Belknap che, nel 1876, fu rimosso dopo essersi dimesso. Ma non è tutto. C’è anche un problema di voti che, semplicemente, al Senato, non ci sono. Per passare l'impeachment ha bisogno di una maggioranza di due terzi, il che significa 67 voti su 100. I democratici ne hanno solo 50. E per quanto in questi giorni i senatori repubblicani che prendono le distanze da Trump o che fingono di non averlo mai sentito nominare si sprechino, trovarne 17 disposti a votare contro un Presidente che hanno sostenuto per anni è comunque impresa complicata.

PUBBLICITÁ

 

E questo ci porta a un terzo problema, che è la posta in gioco. Vale davvero la pena di rimuovere di peso un Presidente che fra poco più di una settimana, comunque, se ne andrà? Da un lato sì, perché i democratici che hanno passato quattro anni ostaggio della sua Presidenza e tre ore ostaggio dei suoi supporter, ora vogliono una rivalsa che si veda e che riecheggi per i secoli a venire. Questa rivalsa potrebbe presentarsi non solo nella forma di una cacciata con ignominia, ma anche nell’impossibilità di candidarsi per qualsiasi carica pubblica, Presidenza inclusa (ipotesi quest’ultima assai gradita a molti Repubblicani, felici di vedere spalancarsi, a sorpresa, le porte delle prossime primarie presidenziali). Non è tutto. Un impeachment avrebbe anche la conseguenza di far perdere a Trump sostanziosi benefit come la pensione da 200 mila dollari l’anno, un appannaggio a vita per spese di rappresentanza e la sofisticata protezione del secret service. Tutte ragioni più che valide, ma che cozzano con altre, altrettanto valide. Una è che né i democratici né (soprattutto) i repubblicani possono permettersi il lusso di mettere sotto impeachment per due volte un Presidente palesemente colpevole e, per due volte, mandarlo assolto. L’altra è che Joe Biden, di impeachment, non vuole sentir parlare. La ragione è che, per quanto perfettamente consapevole dalla palese indegnità di Donald Trump, Biden sa anche che il prezzo dello schiaffo morale di un processo al senato potrebbe essere molto alto per la sua nuova Presidenza, sia in termini di visibilità, (perché per settimane o mesi, i giornali parlerebbero ancora solo di Trump) sia, quel che pesa di più, in termini di programma: nella scala delle priorità di Biden, prima ancora di distribuire vaccini e creare posti di lavoro, c'è la volontà di rammendare i pezzi dell’America fatta a brani da Trump.

 

 

E questa cosa gli sarebbe resa impossibile da mesi di dibattito tossico su Trump e sulle malefatte sue e dei suoi. Quello che Biden vuole, più di tutto, è una tela bianca su cui ricominciare, non uno straccio insozzato dal trumpismo ancor prima di cominciare. Così, in un quadro in cui nessuno vuole nè l’impeachment nè che Trump resti un minuto di più alla Casa Bianca, una soluzione ci sarebbe, ma è nelle mani di Mike Pence e di Donald Trump. Il primo potrebbe (dovrebbe, anzi) invocare il 25imo emendamento, trovar la metà più uno dei membri del gabinetto disposti a seguirlo, e dichiarare il Presidente mentalmente instabile prendendo, seppur per pochi giorni, il suo posto.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ
Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ