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Dopo l'assalto al campidoglio

Repubblicani, polizia, social media. Un grande "Che cosa abbiamo fatto?" incombe sul day after di Washington

Daniele Ranieri

Congresso di nuovo riunito, per dimostrare al paese e al mondo che la superpotenza funziona. Si parla molto di impeachment o Venticinquesimo emendamento contro Trump, asserragliato alla Casa Bianca, anche tra i repubblicani ma per ora nulla di concreto. Le orde di QAnon e l'incredibile deferenza delle forze di sicurezza

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A Washington c’è un senso di ritardo irrecuperabile dopo l’assalto dei trumpiani al Congresso, perché in pochi erano convinti che la crisi si sarebbe davvero materializzata quando invece c’erano tutti i segni – in sovrabbondanza e da molti mesi. Secondo il sito Axios, di solito ben informato, tra i repubblicani si discutono misure drastiche per bloccare il presidente Donald Trump, incluso l’impeachment oppure il Venticinquesimo emendamento, che prevede la possibilità per il vicepresidente di rimpiazzare il presidente se quest’ultimo diventa incapace di fare il proprio lavoro. E’ una possibilità ridicolizzata spesso in questi quattro anni “come una fantasia liberal”, ma adesso è presa in considerazione. Un problema è che mancano due settimane alla scadenza naturale del mandato di Trump, le manovre politiche potrebbero richiedere più tempo e quindi essere inutili.

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A Washington c’è un senso di ritardo irrecuperabile dopo l’assalto dei trumpiani al Congresso, perché in pochi erano convinti che la crisi si sarebbe davvero materializzata quando invece c’erano tutti i segni – in sovrabbondanza e da molti mesi. Secondo il sito Axios, di solito ben informato, tra i repubblicani si discutono misure drastiche per bloccare il presidente Donald Trump, incluso l’impeachment oppure il Venticinquesimo emendamento, che prevede la possibilità per il vicepresidente di rimpiazzare il presidente se quest’ultimo diventa incapace di fare il proprio lavoro. E’ una possibilità ridicolizzata spesso in questi quattro anni “come una fantasia liberal”, ma adesso è presa in considerazione. Un problema è che mancano due settimane alla scadenza naturale del mandato di Trump, le manovre politiche potrebbero richiedere più tempo e quindi essere inutili.

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Un altro problema è che non è ancora chiaro se alcuni repubblicani chiave attorno a Trump sono d’accordo con questi piani, pur dopo l’assalto al Congresso che il presidente ha aizzato. Un grande problema generale – per loro – è che il partito repubblicano deve trovare un modo per disconoscere il più grave attacco al Congresso della storia degli Stati Uniti, dopo avere approvato per anni la propaganda trumpiana che l’ha innescato.

  

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Il Congresso si è riunito di nuovo per proseguire nella certificazione della vittoria di Joe Biden, è un modo per dimostrare al paese e al mondo che le istituzioni funzionano e che la capitale della superpotenza nucleare è sotto controllo. Alcuni repubblicani hanno capito il clima che si respira e hanno rinunciato a fare le loro obiezioni pretestuose contro la certificazione di Biden. Altri invece continuano, imperterriti, a contestare la conferma simbolica del voto di novembre. Ieri durante l’irruzione un dipendente del Congresso ha messo in salvo le scatole che contenevano i voti del Collegio elettorale, per impedire che finissero in mano agli estremisti. 

   

Un senso di ritardo irrecuperabile incombe anche sulle piattaforme social che in questi anni hanno tollerato, sempre meno, il crescendo eversivo che ha portato all’irruzione di ieri. Per la prima volta Twitter ha sospeso l’account di Trump, perché il presidente ha lanciato un messaggio ai suoi sostenitori che in teoria doveva invitare alla calma ma in pratica li aizzava. “Siete gente speciale, ci hanno rubato le elezioni”, ha detto il presidente degli Stati Uniti alle fazioni di estrema destra che hanno invaso il Congresso per bloccare il processo che porta alla fine del suo potere. Twitter ha riconosciuto la natura ingannevole del video e ha sospeso in modo temporaneo l’account, che può ripartire se Trump cancella gli ultimi tre tweet. Facebook ha cancellato il video dalla piattaforma. A partire dalle elezioni i social avevano cominciato ad aggiungere degli avvertimenti alle dichiarazioni di Trump, che senza prove sostiene l’esistenza di un complotto gigantesco ordito dai democratici per rubargli il posto e incita gli americani alla rivolta

   

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Il senso di ritardo irrecuperabile è anche quello delle forze di sicurezza di Washington, che dovevano garantire il normale funzionamento della sessione del Congresso di ieri. I giornali americani spiegano che la polizia aveva scelto un basso profilo, quindi pochi agenti e poca Guardia nazionale, per non creare un clima teso. Parte di questa scelta è dovuta al fatto che le precedenti manifestazioni dei trumpiani nella capitale erano state un flop e non avevano raccolto adesioni massicce – e anche quella di ieri non era di certo oceanica. Quando poi le forze di sicurezza si sono rese conto dell’errore madornale hanno gestito con lentezza la crisi per deferenza, scrive il Wall Street Journal, nei confronti del presidente Donald Trump. In pratica: come fai a reagire con durezza contro la stessa folla che due ore prima aveva partecipato a un comizio del presidente?

  

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La questione è molto dibattuta, anche per l’ovvio confronto con la risposta brutale riservata alle manifestazioni di questa estate durante la campagna popolare Black Lives Matter. Un video mostra la polizia aprire le transenne per far passare i rivoltosi, forse con l’idea che la concessione li convincerà a fermarsi sulla scalinata del Campidoglio e a non tentare l’irruzione dentro l’edificio.

C’è stata una catena di errori e se ne parlerà molto. La polizia ha annunciato alcuni arresti, una cinquantina, la maggior parte per violazione del coprifuoco dichiarato ieri dal sindaco di Washington. Le persone che hanno aggredito il Congresso lo hanno fatto con un senso di impunità totale, che nel giro di qualche giorno potrebbe costare loro caro: si sono scattati foto, hanno fatto interviste con i media, hanno pubblicato video sui social. Se tutto questo restasse senza conseguenze, il segnale per il paese sarebbe gravissimo e l’allentamento del controllo diverrebbe un rischio. Ma andare a prendere uno per uno i partecipanti all’irruzione è un’operazione che rischia di innescare altre violenze

    

Anche il vicepresidente Mike Pence in queste ore prova molto probabilmente un senso di ritardo irrecuperabile. Dopo essere stato per più di quattro anni la spalla fedelissima di Trump, alla fine ha scelto di rispettare la Costituzione, che non gli concede il potere di dichiarare il prossimo presidente degli Stati Uniti, come invece immagina Trump. La storia dell’assalto al Congresso di ieri è anche la storia di un presidente che aizza la folla contro il proprio vice, impegnato a presiedere una seduta simbolica al Congresso. I media americani dicono che il capo di staff di Pence è stato bloccato mentre entrava alla Casa Bianca, come se ci fosse una rottura insanabile. 

  

   

I seguaci di QAnon, un culto apocalittico di estrema destra che piace a milioni di americani, sono stati le camicie nere del presidente Trump durante l’assalto al Congresso per bloccare la certificazione simbolica della vittoria di Biden – assieme ad altre fazioni di estrema destra. I segni di Q sono dappertutto: l’uomo che guida l’irruzione ha la felpa di Q, la donna uccisa apparteneva a Q – aveva scritto su Twitter che la giornata di ieri per lei era “The Storm”, la tempesta, che è il nome in codice assegnato alla resa dei conti tanto attesa dai seguaci della setta – e Jake Angeli, il tizio con le corna finito in moltissime foto, è un propagandista di Q conosciuto da tempo.  

   

Poiché viviamo in tempi di disinformazione, in queste ore da parte di QAnon e da parte repubblicana si assiste allo strano tentativo di addossare la responsabilità dell’attacco a non meglio precisati “agitatori antifa”. Lo dicono Lin Wood, un avvocato che ha un seguito enorme tra i simpatizzanti di QAnon (appena cancellato su Twitter), e Matt Gaetz, un rappresentante repubblicano della Florida al Congresso. Questa teoria del complotto non spiega perché una folla convocata dal presidente, lanciata dal presidente contro il Congresso e poi elogiata dal presidente, e formata da persone che a volto scoperto hanno confermato di essere sostenitori del presidente, dovrebbe farsi guidare da oppositori politici. Ma è il tipo di irrazionalità che in questi mesi vanno fortissimo, senza che nessuno le prendesse sul serio.

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