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Cronistoria della spettacolare inversione di marcia inglese sulla scuola

Paola Peduzzi

Si è litigato molto e il pendolo tra voglia di normalità e necessità di chiusura si è fermato dalla parte di quest’ultima. O forse con questi tassi di trasmissione le scuole non possono riaprire. La differenza ora sta nei toni

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Di tutte le inversioni di rotta cui ci ha abituati il premier britannico Boris Johnson quella sulla scuola è la più spettacolare ancorché la meno prevedibile. Nella gestione caotica della pandemia di cui molti commentatori inglesi, anche quelli più pazienti, si lamentano tantissimo, il governo aveva messo tra le priorità la scuola: i ragazzi devono andarci, facciamo in modo che questo sia possibile. Invece nel lockdown severo annunciato da Johnson le scuole restano chiuse fino (almeno) a metà febbraio.

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Di tutte le inversioni di rotta cui ci ha abituati il premier britannico Boris Johnson quella sulla scuola è la più spettacolare ancorché la meno prevedibile. Nella gestione caotica della pandemia di cui molti commentatori inglesi, anche quelli più pazienti, si lamentano tantissimo, il governo aveva messo tra le priorità la scuola: i ragazzi devono andarci, facciamo in modo che questo sia possibile. Invece nel lockdown severo annunciato da Johnson le scuole restano chiuse fino (almeno) a metà febbraio.

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Che cosa è successo? In sintesi: si è litigato molto e il pendolo tra voglia di normalità e necessità di chiusura si è fermato dalla parte di quest’ultima. O forse, a guardare quel che ha deciso Angela Merkel in Germania ieri prolungando la chiusura, con questi tassi di trasmissione le scuole non possono riaprire. La differenza però sta nei toni: l’andamento claudicante del governo inglese è stato accompagnato dalle solite dichiarazioni roboanti e fuorvianti. Il 14 dicembre scorso, il ministro dell’Istruzione Gavin Williamson, aveva quasi minacciato presidi e sindaci di azioni legali se avessero chiuso le scuole: i dati del contagio erano in aumento, ma il governo non voleva  che fossero i più giovani a pagarne le conseguenze.

  

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Il 21 dicembre, quando il governo si era già accaparrato il vaccino Pfizer-BioNTech e aveva iniziato la somministrazione, Williamson aveva detto che i test e poi i vaccini avrebbero garantito agli studenti la possibilità di frequentare le lezioni in presenza. Ma il giorno successivo il consiglio scientifico del governo – il Sage – aveva fatto una raccomandazione: chiudete le scuole a gennaio.

  

Da lì il pendolo ha iniziato a muoversi veloce, chiudiamo qui ma teniamo aperto là, anzi no, chiudiamo anche là, ma riapriremo presto qui. Ancora lunedì mattina i funzionari del ministero dell’Istruzione dicevano che non c’era alcuna intenzione di chiudere le scuole. Poche ore dopo, in diretta tv, il premier Johnson avrebbe annunciato la chiusura delle scuole per sette settimane. Lo stesso Johnson fino a domenica era dalla parte di Williamson.

 

Ieri circolava negli account inglesi questa battuta: “Pensi che ora stia andando male? Tra vent’anni questo paese sarà governato da giovani istruiti a casa da degli alcolizzati”.

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