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In Nigeria due gruppi di fanatici islamisti competono sulla pelle dei cristiani

Daniele Ranieri

Ogni Natale due fazioni rivali (una è lo Stato islamico in Africa) intensificano i raid contro le comunità cristiane, uccidono, sequestrano e bruciano chiese 

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Due gruppi terroristici hanno aggredito le comunità cristiane nel nord della Nigeria durante i giorni di Natale. Sono operazioni punitive che durano poche ore: fanatici islamisti armati sbucano fuori dalle zone rurali e attaccano piccoli centri abitati, uccidono e rapiscono, danno fuoco alle chiese, alle case e alle auto dei cristiani e poi si ritirano prima che l’esercito abbia il tempo di intervenire. Spesso questi massacri religiosi sono attribuiti in modo generico a “Boko Haram”, ma è una definizione un po’ vecchia che non aiuta a capire cosa sta succedendo. Boko Haram non esiste con questo nome e al suo posto ci sono questi due gruppi. Uno è lo Stato islamico – lo stesso dell’Iraq e della Siria – che molti chiamano con una sigla in lingua inglese: Iswap, Islamic State West Africa Province, provincia dell’Africa occidentale dello Stato islamico. L’Iswap è così attivo in quella parte dell’Africa che il numero dei suoi attacchi nel 2020 è di poco più basso del numero di attacchi compiuti dalla casa madre del gruppo in Iraq e in Siria e questo ci dice che lo Stato islamico è in fase di declino in medio oriente ma è in ascesa in Africa. L’altro è un gruppo rivale conosciuto con la sigla Jas (questa volta è una sigla in lingua araba) e guidato da un leader carismatico e folle che si chiama Abubakr Shekau. Fino al 2016 queste due fazioni nigeriane erano un gruppo unico, ma poi ci fu una scissione perché Shekau non voleva riconoscere la catena di comando dello Stato islamico. Una parte dei suoi luogotenenti lo abbandonò e si fece riconoscere in via ufficiale dai capi dello Stato islamico in Siria e in Iraq. Il risultato è che adesso i due tronconi formati da fanatici che un tempo militavano assieme competono l’uno contro l’altro per guadagnarsi attenzione locale e internazionale – che favorisce l’adescamento di nuove reclute – e il titolo di gruppo più pericoloso. E durante i giorni di Natale intensificano gli attacchi contro le comunità cristiane. Il 24 dicembre l’Iswap ha fatto un raid nella piccola città di Garkida, ha ucciso sette persone, ha bruciato quattro chiese e ha rapito cinque cristiani. Nelle stesse ore i fanatici del Jas di Shekau hanno attaccato la città di Pemi, hanno ucciso sette persone e hanno sequestrato un pastore religioso locale, che è molto conosciuto perché aveva negoziato quando i terroristi  qualche anno fa avevano rapito centinaia di ragazze. 
Il 27 dicembre l’Iswap ha aggredito altri quattro centri abitati e ha fatto le stesse cose – caccia ai cristiani e distruzione delle chiese – e ci sono state notizie di altri attacchi da parte del Jas. I cristiani della Nigeria fanno da vittime sacrificali nelle campagne di sterminio di due gruppi in competizione tra loro. C’è anche un altro gruppo di fanatici, si chiama Ansaru e fa capo ad al Qaida. Fa le stesse cose degli altri due ma senza questo elemento di rivalità interna. 

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Due gruppi terroristici hanno aggredito le comunità cristiane nel nord della Nigeria durante i giorni di Natale. Sono operazioni punitive che durano poche ore: fanatici islamisti armati sbucano fuori dalle zone rurali e attaccano piccoli centri abitati, uccidono e rapiscono, danno fuoco alle chiese, alle case e alle auto dei cristiani e poi si ritirano prima che l’esercito abbia il tempo di intervenire. Spesso questi massacri religiosi sono attribuiti in modo generico a “Boko Haram”, ma è una definizione un po’ vecchia che non aiuta a capire cosa sta succedendo. Boko Haram non esiste con questo nome e al suo posto ci sono questi due gruppi. Uno è lo Stato islamico – lo stesso dell’Iraq e della Siria – che molti chiamano con una sigla in lingua inglese: Iswap, Islamic State West Africa Province, provincia dell’Africa occidentale dello Stato islamico. L’Iswap è così attivo in quella parte dell’Africa che il numero dei suoi attacchi nel 2020 è di poco più basso del numero di attacchi compiuti dalla casa madre del gruppo in Iraq e in Siria e questo ci dice che lo Stato islamico è in fase di declino in medio oriente ma è in ascesa in Africa. L’altro è un gruppo rivale conosciuto con la sigla Jas (questa volta è una sigla in lingua araba) e guidato da un leader carismatico e folle che si chiama Abubakr Shekau. Fino al 2016 queste due fazioni nigeriane erano un gruppo unico, ma poi ci fu una scissione perché Shekau non voleva riconoscere la catena di comando dello Stato islamico. Una parte dei suoi luogotenenti lo abbandonò e si fece riconoscere in via ufficiale dai capi dello Stato islamico in Siria e in Iraq. Il risultato è che adesso i due tronconi formati da fanatici che un tempo militavano assieme competono l’uno contro l’altro per guadagnarsi attenzione locale e internazionale – che favorisce l’adescamento di nuove reclute – e il titolo di gruppo più pericoloso. E durante i giorni di Natale intensificano gli attacchi contro le comunità cristiane. Il 24 dicembre l’Iswap ha fatto un raid nella piccola città di Garkida, ha ucciso sette persone, ha bruciato quattro chiese e ha rapito cinque cristiani. Nelle stesse ore i fanatici del Jas di Shekau hanno attaccato la città di Pemi, hanno ucciso sette persone e hanno sequestrato un pastore religioso locale, che è molto conosciuto perché aveva negoziato quando i terroristi  qualche anno fa avevano rapito centinaia di ragazze. 
Il 27 dicembre l’Iswap ha aggredito altri quattro centri abitati e ha fatto le stesse cose – caccia ai cristiani e distruzione delle chiese – e ci sono state notizie di altri attacchi da parte del Jas. I cristiani della Nigeria fanno da vittime sacrificali nelle campagne di sterminio di due gruppi in competizione tra loro. C’è anche un altro gruppo di fanatici, si chiama Ansaru e fa capo ad al Qaida. Fa le stesse cose degli altri due ma senza questo elemento di rivalità interna. 

Il 29 dicembre lo Stato islamico ha pubblicato il video dell’esecuzione di cinque cristiani. Ciascun cristiano, in ginocchio, si presenta e conferma di essere cristiano e poi è ucciso con un colpo di fucile alla nuca. In teoria lo Stato islamico pretende di avere una dottrina più articolata nel suo rapporto con i cristiani: in Siria e in Iraq emanava editti per informare i cristiani locali che erano soggetti all’obbligo di sottomettersi, di pagare una tassa e di non manifestare la propria fede in pubblico. In cambio, proclamavano gli editti, avrebbero avuto protezione e sicurezza, sempre da sottomessi. La verità è quella africana: il cristiano è ucciso sul posto dove viene trovato, oppure più tardi davanti a una telecamera. La fazione rivale, per non essere da meno, aveva pubblicato un video con il pastore sequestrato da poco. Anche l’anno scorso lo Stato islamico in Nigeria aveva pubblicato il giorno di Natale il video dell'esecuzione con un colpo alla testa di dieci cristiani  e aveva motivato la strage così: come vendetta per la morte del capo dello Stato islamico, Abu Bakr al Baghdadi, e del portavoce (erano stati uccisi a novembre dagli americani). Anche il gruppo rivale, lo Jas aveva fatto uscire nelle stesse ore un proprio video, secondo lo schema che ormai si è capito. Le operazioni anticristiane dei fanatici islamisti in Nigeria si intensificano sotto Natale, ma sono brutali anche nel resto dell’anno – sono soltanto più casuali, senza la puntualità del periodo natalizio. Un punto che vale la pena notare: i video dello Stato islamico girati in Nigeria non arrivano direttamente da lì. Prima passano per i computer di specialisti del gruppo terroristico che stanno altrove – in Turchia, si sospetta – e protetti dall’anonimato dentro qualche appartamento fanno un editing più accurato, aggiungono sottotitoli in lingua araba e la grafica ufficiale del gruppo e poi li fanno circolare come prodotti ufficiali dello Stato islamico. Per questo è possibile che l’Iswap abbia rapito cinque cristiani il giorno della vigilia per far uscire il video dell’esecuzione il giorno di Natale, ma ci sia stato qualche ritardo lungo la catena di trasmissione. 
 

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