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UN BIVIO PER L'UE

America is back

David Carretta

Il tweet del bideniano Sullivan gela le trattative con la Cina dell’Europa, che ora deve scegliere

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L’Unione europea si trova di fronte al dilemma della Cina, dopo che la squadra di Joe Biden ha chiesto alla Commissione di non firmare un accordo sugli investimenti malgrado una serie di concessioni vantaggiose da parte di Pechino. Il consigliere alla Sicurezza nazionale del presidente eletto, Jake Sullivan, ha compiuto un gesto inusuale ieri, inviando un messaggio pubblico via Twitter agli europei. “L’Amministrazione Biden-Harris apprezzerebbe consultazioni anticipate con i nostri partner europei sulle nostre preoccupazioni comuni riguardo alle pratiche economiche della Cina”, ha scritto Sullivan, postando un articolo di Reuters sulla determinazione di Bruxelles e Pechino di arrivare a un accordo sulla protezione degli investimenti entro la fine dell’anno. I negoziati hanno subìto un’accelerazione improvvisa negli ultimi giorni. Venerdì il vicepresidente della Commissione responsabile per il Commercio, Valdis Dombrovskis, aveva spiegato che “il lavoro è a una fase molto avanzata” e che un’intesa entro il 2020 “è sicuramente fattibile”. Lunedì, in un incontro con gli ambasciatori dei paesi dell’Ue a Pechino, il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, aveva detto di “aspettarsi” un accordo in pochi giorni.

 

La cancelliera tedesca, Angela Merkel, aveva spinto per un’intesa. Il presidente cinese, Xi Jinping, se n’era occupato personalmente. Il Parlamento europeo aveva sollevato qualche obiezione dopo le ultime rivelazioni sul lavoro forzato degli uiguri nella raccolta del cotone nello Xinjiang. Ma la Commissione era intenzionata a chiudere comunque. Gli ambasciatori dei 27 stati membri erano stati convocati dalla presidenza tedesca dell’Ue ieri per discutere di un testo finale dopo un’ultima telefonata di Dombrovskis con Pechino. Poi è arrivato il tweet di Sullivan. Il punto Cina è sparito dall’ordine del giorno della riunione degli ambasciatori. L’Ue è di fronte alla prima scelta geopolitica dell’èra Biden: fare un patto transatlantico sulla Cina oppure incassare vantaggi economici per le sue imprese. I negoziati su un accordo sugli investimenti tra Ue e Cina sono in corso da oltre sette anni, con pochi passi avanti sulle richieste europee di reciprocità economica. L’Ue è uno dei mercati più aperti al mondo. La Cina è uno dei più chiusi. L’obiettivo europeo è “riequilibrare” i rapporti economici. Merkel aveva fatto dell’accordo sugli investimenti una delle priorità del semestre di presidenza tedesca dell’Ue. Ma, malgrado diversi tentativi (e le buone relazioni personali con Xi), tra pandemia e aggressività internazionale della Cina, la cancelliera aveva rinunciato a siglare entro la fine dell’anno. Poi l’elezione di Biden sembra aver cambiato i calcoli di Pechino. Durante la presidenza Trump, Bruxelles aveva accarezzato l’idea dell’asse con la Cina in nome della difesa del multilateralismo, della lotta al cambiamento climatico e della battaglia contro il protezionismo. Ora che Trump non c’è più, messo di fronte alla prospettiva di un’alleanza Ue-Usa sulla politica cinese, Xi pare essersi convinto che valga la pena fare qualche concessione agli europei.

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La conclusione dell’accordo “complicherà il riavvicinamento transatlantico sulla politica nei confronti della Cina”, spiega Mikko Huotari, direttore del think tank Mercator Institute for China Studies (Merics). Inoltre, un accordo sugli investimenti consentirebbe alla Cina di preservare il libero accesso al mercato europeo nel momento in cui diversi stati membri chiedono di chiudere le porte a investimenti e imprese cinesi. Ecco dunque che nelle ultime settimane sono arrivate da Pechino concessioni significative su trasparenza dei sussidi pubblici, regole sul trasferimento di tecnologia e rimozione degli ostacoli agli investimenti in alcuni settori. L’intesa migliorerebbe la posizione delle imprese europee nei servizi finanziari, nelle telecomunicazioni, nelle auto elettriche, nei trasporti aerei e navali, negli ospedali privati e nella ricerca e sviluppo. “Sulla base di questo accordo, le imprese europee attive in queste industrie avrebbero nuove opportunità in Cina”, spiega Huotari di Merics. Alcuni settori chiave per Pechino rimarrebbero esclusi. I cinesi hanno anche rifiutato clausole contro il lavoro forzato. Ma l’offerta è stata colta al volo dalla Commissione, che la scorsa settimana ha informato i 27 sulla sua intenzione di chiudere l’intesa. A che prezzo? “Se l’Europa conclude questo accordo, è probabile che perda un po’ di fiducia dei partner che la pensano allo stesso modo, compresi gli Stati Uniti, che non vedono necessariamente questa intesa come una dimostrazione di ‘autonomia strategica’”, dice Huotari. Ecco spiegato il tweet di Sullivan. Per l’Ue è arrivato il momento di decidere da che parte stare: se con gli Stati Uniti per rispondere insieme a un rivale sistemico oppure con Pechino perché lo considera un partner negoziale. Il tweet di Sullivan dimostra anche che Biden fa sul serio.

 

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