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la guerra tra bot

La Troll Kombat dei russi in Libia, a colpi di meme e disinformazione

Luca Gambardella

Facebook chiude gli account creati da una società vicina al Cremlino che faceva propaganda per Haftar e per il figlio di Gheddafi. In Africa è in corso una guerra di tecnologica con la Francia

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Il termine inglese sockpuppet sta a indicare letteralmente un “pupazzo da ventriloquo”. In rete però per sockpuppet si intendono gli alter ego virtuali creati da utenti in carne e ossa che lanciano conversazioni create ad arte con altri utenti sui social network. Queste identità virtuali sono uno degli strumenti più efficaci nelle campagne di disinformazione online, perché possono essere usati per veicolare qualsiasi tipo di messaggio e pilotare surrettiziamente una discussione. Bene, i sockpuppet sono solo una delle armi che i russi hanno impiegato in alcune delle loro strategie propagandistiche, a cominciare da quella che avrebbe influenzato le elezioni americane del 2018. Escamotage simili si sono rivelati però molto utili anche in altri contesti, come nell’offensiva che i russi hanno lanciato da oltre un anno in Africa e medio oriente, fatta a colpi di bot e fake news. 

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Il termine inglese sockpuppet sta a indicare letteralmente un “pupazzo da ventriloquo”. In rete però per sockpuppet si intendono gli alter ego virtuali creati da utenti in carne e ossa che lanciano conversazioni create ad arte con altri utenti sui social network. Queste identità virtuali sono uno degli strumenti più efficaci nelle campagne di disinformazione online, perché possono essere usati per veicolare qualsiasi tipo di messaggio e pilotare surrettiziamente una discussione. Bene, i sockpuppet sono solo una delle armi che i russi hanno impiegato in alcune delle loro strategie propagandistiche, a cominciare da quella che avrebbe influenzato le elezioni americane del 2018. Escamotage simili si sono rivelati però molto utili anche in altri contesti, come nell’offensiva che i russi hanno lanciato da oltre un anno in Africa e medio oriente, fatta a colpi di bot e fake news. 

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Due giorni fa, Facebook ha disinnescato tre diversi canali usati proprio con lo scopo di influenzare l’opinione pubblica in Libia,  Sudan, Siria, Repubblica centrafricana e Mali. Prima di staccare la spina a questi account, Facebook ha condiviso i loro dati con lo Stanford Internet Observatory (Sio), un centro studi dell’università americana, che ha potuto ricostruire chi si nascondeva dietro questi sockpuppet. I 211 profili, i 16 gruppi, le 126 pagine, oltre ai 17 profili Instagram che sono stati chiusi lunedì da Facebook  avevano messo in piedi una comunità molto ampia, per un totale di quasi 6 milioni di follower. Inoltre, ogni utenza fake era gestita da individui di nazionalità siriana, libica e sudanese che avevano studiato e operavano in Russia. Con la consulenza di Graphika, una piattaforma specializzata nelle indagini sui casi di disinformazione, il Sio ha stabilito che gli account chiusi erano gestiti dall’Internet Research Agency (Ira), l’entità russa finanziata da Yevgeny Prigozhin. Prigozhin è considerato l’eminenza grigia di Vladimir Putin in Sudan e in Libia, dove è presente grazie alla Wagner, una società di combattenti privati vicina proprio all’oligarca russo. Da circa un anno, gli uomini della Wagner offrono al generale della Cirenaica Khalifa Haftar sostegno militare ma  anche consulenze  in una vasta campagna di disinformazione lanciata nel paese. 

Già a novembre 2019, il Dossier Center di Londra, un’organizzazione che traccia le attività illecite di soggetti ed entità associate al Cremlino, aveva diffuso un documento riservato    in cui si spiegava la strategia seguita dall’Ira di Prigozhin per fare propaganda filorussa. Tra i passi da intraprendere, oltre alle campagne di disinformazione online, c’era anche l’uso di emittenti locali come testa di ponte in Libia. Per questo, la strategia prevedeva il finanziamento di alcuni media libici, come l’ex tv di stato al Jamahirya, la Jana News Agency e al Hadath tv. Attraverso questi canali, i russi hanno orchestrato campagne mediatiche per sostenere Haftar ma non solo. Fra gli obiettivi della campagna di Prigozhin c’era anche la riabilitazione di Saif al Islam Gheddafi, il figlio del dittatore libico che per diverso tempo i russi avrebbero voluto insediare come leader proprio al posto di Haftar come loro uomo  in Cirenaica. 

Tuttavia, la manovra di penetrazione russa nella regione non è passata inosservata ai francesi. Se due dei canali bloccati ieri da Facebook erano riconducibili alla Russia, il terzo coinvolge invece soggetti considerati “vicini”, come precisa Graphika, alle forze armate francesi. In questo caso il bersaglio delle operazioni online erano gli utenti di Mali e Repubblica centrafricana, nel cuore dell’Africa francofona insediata dalla propaganda russa. Il risultato è stata una moderna guerra neocoloniale combattuta con armi non convenzionali – come meme, video e post  sui social netowork – fra bot ricollegabili a due stati in competizione per il controllo della stessa area. Gli analisti del Sio l’hanno chiamata “Troll-Kombat”.                                    

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