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nato 2030

La Nato ha voglia di “change” e lo dice con un nuovo report

L'alleanza atlantica mette la minaccia cinese tra i suoi nuovi obiettivi, "ci sono anche importanti sfide per la sicurezza", dice Stoltenberg

Micol Flammini

Il rapporto è una risposta alle accuse di Macron e  un tentativo per cercare di aggiornare il “concetto strategico” fermo al 2010

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Quando Emmanuel Macron aveva detto, ponderando bene il tono provocatorio della frase, che la Nato era “in stato di morte cerebrale”, il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, si era affrettato a contraddirlo. Aveva detto che ci sono problemi, ma che la Nato è agile e sa cambiare, che non esiste nessun’altra alleanza così forte e organizzata, che ci sono dei disaccordi, ma ci sono sempre stati. Poi, intuendo quello che Macron aveva in mente –  cogliere l’opportunità del mondo messo sottosopra dal trumpismo per  accelerare lo sviluppo dell’autonomia strategica europea – Stoltenberg aveva ricordato: “L’unità europea non può rimpiazzare l’unità transatlantica”. Ma le parole del presidente francese gli devono essere rimaste in testa, tanto da chiedere un rapporto che fosse in grado di delineare gli obiettivi futuri dell’alleanza. 

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Quando Emmanuel Macron aveva detto, ponderando bene il tono provocatorio della frase, che la Nato era “in stato di morte cerebrale”, il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, si era affrettato a contraddirlo. Aveva detto che ci sono problemi, ma che la Nato è agile e sa cambiare, che non esiste nessun’altra alleanza così forte e organizzata, che ci sono dei disaccordi, ma ci sono sempre stati. Poi, intuendo quello che Macron aveva in mente –  cogliere l’opportunità del mondo messo sottosopra dal trumpismo per  accelerare lo sviluppo dell’autonomia strategica europea – Stoltenberg aveva ricordato: “L’unità europea non può rimpiazzare l’unità transatlantica”. Ma le parole del presidente francese gli devono essere rimaste in testa, tanto da chiedere un rapporto che fosse in grado di delineare gli obiettivi futuri dell’alleanza. 

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Il rapporto si intitola “Nato 2030, uniti per una nuova èra” è stato pubblicato ieri, a conclusione della prima giornata di incontri tra i ministri degli Esteri dei paesi dell’Alleanza atlantica che sarà, probabilmente, anche l’ultima per il segretario di stato americano Mike Pompeo. Il rapporto, oltre a rinnovare obiettivi vecchi, a riconoscere la lentezza nel processo decisionale, presenta però una novità: si parla di Cina. Ribadisce la minaccia crescente di una Russia sempre più aggressiva, ma menziona anche la  minaccia di Pechino. Ieri, il segretario generale, aprendo le due giornate di incontri, ha voluto ricordare che “la Cina non è il nostro avversario. La sua ascesa rappresenta un’importante opportunità per le nostre economie e il nostro commercio. Dobbiamo impegnarci con Pechino su questioni come il controllo degli armamenti e il cambiamento climatico e ci sono anche importanti sfide per la sicurezza”. Il rapporto è importante perché non soltanto è una risposta a Macron, ma è un segnale di reattività, un modo per ricostruire l’alleanza dopo questi anni. Stoltenberg ha ammesso che i problemi esistono, ma sarà fondamentale per l’alleanza cominciare ad adattarsi al nuovo mondo. Il rapporto, in cui viene sconsigliata l’eliminazione del principio di unanimità,    chiede la creazione di centri di analisti che siano in grado di studiare le nuove tecnologie per  tenere la Nato all’avanguardia rispetto ai suoi avversari, di capire e utilizzare l’intelligenza artificiale, condizioni importanti per migliorare la sicurezza e anche la deterrenza contro la guerra ibrida e la guerra cibernetica. La Nato è rimasta indietro su alcuni punti  e i conflitti interni non hanno fatto altro che intorpidire le sue capacità di essere competitiva. Rimane un punto importante ma poco toccato e sul quale il presidente Emmanuel Macron con ogni probabilità continuerà a insistere: la Turchia. 

 

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Il rapporto ha anche una funzione esplorativa, è vero che la Nato vuole provare a fissare i suoi obiettivi da qui ai prossimi dieci anni, dare un segnale di movimento e rassicurare tutti sul fatto che esisterà anche nel 2030, ma , come ricorda al Wall Street Journal l’ex ambasciatore americano presso la Nato, è  che “il concetto strategico” non viene aggiornato da anni: l’ultima volta era era il 2010, ancor prima dell’annessione della Crimea da parte della Russia. E sarà questa la nuova missione dell’Alleanza atlantica.  C’è ansia di rinnovamento, voglia di rimettere in moto un meccanismo rallentato dalle ultime amministrazioni americane. Voglia di ripartire e anche di sistemare il rapporto tra Unione europea e Stati Uniti. Nei giorni scorsi anche gli europei, la Commissione e il Consiglio, hanno fatto la loro offerta all’America: accantonare gli ultimi anni e ricominciare con gli occhi ben aperti sulla Cina. Nel rapporto si parla dell’Ue e si sollecita un coordinamento più stretto, degli obiettivi più ambiziosi e vengono incoraggiati gli sforzi per una difesa europea più forte nella misura in cui rafforzi l’alleanza e alleggerisca i suoi oneri. Anche la Nato chiede un’Europa più matura. 

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