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Boris sceglie il vaccino europeo prima di tutti

Cristina Marconi

Il farmaco di Pfizer-BioNTech verrà somministrato da lunedì nel Regno Unito. Inizia la più grande campagna di vaccinazione del paese. Ecco il piano del governo Johnson

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Boris brucia tutti, Unione europea in primis, sul tempo: il Regno Unito è il primo paese occidentale ad approvare un vaccino contro il coronavirus, e pazienza se per ora non è quello ‘homemade’ di Oxford ma quello europeo: dalla settimana prossima ai britannici verrà inoculata la prima dose dell’innovativo vaccino di Pfizer-BioNTech, messo a punto nei laboratori tedeschi con finanziamenti del governo di Berlino, 445 milioni di dollari, e dall'americana Pfizer, ma senza fondi Usa. «E’ la protezione dei vaccini che ci permetterà in ultima istanza di recuperare le nostre vite e tornare a far muovere l’economia», ha twittato il premier Johnson tutto festoso e natalizio, con un gran tempismo visto che oggi il paese esce da un lockdown di un mese e tra una settimana ci sarà il primo anniversario della vittoria elettorale, del cui lustro non rimane quasi nulla dopo un anno disastroso culminato nella ribellione di 54 Tories al voto sulle misure per i prossimi mesi. Insomma, questo vaccino serviva e serviva ora a un Johnson che il Covid l’ha subito più altri, fisicamente e politicamente. 

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Boris brucia tutti, Unione europea in primis, sul tempo: il Regno Unito è il primo paese occidentale ad approvare un vaccino contro il coronavirus, e pazienza se per ora non è quello ‘homemade’ di Oxford ma quello europeo: dalla settimana prossima ai britannici verrà inoculata la prima dose dell’innovativo vaccino di Pfizer-BioNTech, messo a punto nei laboratori tedeschi con finanziamenti del governo di Berlino, 445 milioni di dollari, e dall'americana Pfizer, ma senza fondi Usa. «E’ la protezione dei vaccini che ci permetterà in ultima istanza di recuperare le nostre vite e tornare a far muovere l’economia», ha twittato il premier Johnson tutto festoso e natalizio, con un gran tempismo visto che oggi il paese esce da un lockdown di un mese e tra una settimana ci sarà il primo anniversario della vittoria elettorale, del cui lustro non rimane quasi nulla dopo un anno disastroso culminato nella ribellione di 54 Tories al voto sulle misure per i prossimi mesi. Insomma, questo vaccino serviva e serviva ora a un Johnson che il Covid l’ha subito più altri, fisicamente e politicamente. 

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Ma certo la scienza non si piega alla fretta di un politico in caduta libera. L’approvazione da parte dell’Agenzia regolatoria per i medicinali e i prodotti legati alla salute, MHRA, è giunta nelle prime ore della giornata, dopo «mesi di rigorosissimi test clinici e analisi approfondite dei dati da parte degli esperti, che hanno concluso che il vaccino rispetta i suoi rigorosi criteri di sicurezza, qualità e efficacia», secondo il ministero della Salute. «L’MHRA, regolatore fieramente indipendente, ha dato l’autorizzazione clinica per il dispiegamento del vaccino», ha sottolineato il ministro della Salute Matt Hancock. E anche la stessa authority, attraverso il suo amministratore delegato, la dottoressa June Raine, ha precisato che «la raccomandazione della MHRA è stata raggiunta in seguito a un processo estremamente puntiglioso e una revisione estremamente rigorosa». In una conferenza stampa, la dottoressa Raine ha spiegato che «la sicurezza del pubblico verrà sempre per prima». E come hanno fatto ad essere così rapidi? Hanno iniziato il procedimento a giugno scorso ed erano «pronti allo sprint finale», senza «prendere nessuna scorciatoia». Mentre sbagliava (quasi) tutto, il governo britannico almeno su una cosa ci ha visto giusto: i tempi, la fretta, il mettersi in posizione in anticipo. 

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I test hanno dimostrato che il vaccino è efficace nel 95% dei casi per prevenire il Covid sintomatico e protegge il 94% degli ultra-sessantacinquenni. Sono loro i primi destinatari di un vaccino che deve essere distribuito innanzi tutto nelle case di cura, sia ai pazienti che al personale. Poi seguiranno ultraottantenni e medici e infermieri di tutto il paese, passando poi agli ultrasettantacinquenni e alle persone vulnerabili, fino ad arrivare alla popolazione generale. Il Regno Unito si è garantito 40 milioni di dosi, sufficienti per 20 milioni di persone visto che ce ne vogliono due, a distanza di circa un mese. E le prime 800mila sono attese a giorni, pronte per essere distribuite nella «più grande campagna di vaccinazione nella storia del nostro paese», secondo quanto spiegato dall’amministratore delegato dell’NHS, Simon Stevens, che ha esortato i cittadini a restare comunque vigili e molto cauti in modo da non sovraccaricare il sistema sanitario permettendo ai medici di concentrarsi sul vaccino. Ci vorrà ancora del tempo per vedere i risultati. 

 

Il metodo, come si sa, è innovativo: si tratta di iniettare una piccola quantità di materiale genetico, l’mRNA, in una persona. In questo modo le cellule umane sono spinte a produrre una proteina trovata sulla superficie del Coronavirus, insegnando al sistema immunitario a sconfiggere il vero patogeno. I problemi logistici non sono pochi, per le fialette provenienti da Puurs, in Belgio: devono essere conservate a -70C, anche se secondo Pfizer per cinque giorni i frigoriferi normali vanno bene. Appena fuori dal frigo, il vaccino va usato entro sei ore, quando ha raggiunto la temperatura ambiente. La chief medical officer Dr Özlem Türeci ha detto che il processo di consegna è già iniziato e che le spedizioni avverranno «nei prossimi giorni». Da Mainz, dove ha sede, BioNTech ha fatto sapere che le fiale verranno messe in una sorta di thermos a temperatura controllata e spedite via aereo o su camion.

 

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Ci sono tre sistemi per la distribuzione: cinquanta ospedali già pronti, i centri vaccino in via di organizzazione negli stadi e negli spazi adeguatamente grandi e attraverso medici e farmacie. L’obiettivo è raggiungere i 17 milioni di persone a «alto rischio» che di solito ricevono i vaccini per l’influenza stagionale. Ma la sfida soprattutto per gli anziani in casa di cura, che non hanno la possibilità di spostarsi e sicuramente non possono permettersi frigoriferi speciali. E poi c’è il problema di come iniettare il vaccino, tanto che l’NHS sta arruolando circa 10mila persone, senza esperienza clinica specifica tranne qualche capacità di pronto intervento, per le iniezioni. Gli effetti collaterali sono leggeri, durano solo un giorno o due, e l’immunità scatta a sette giorni dalla seconda dose, anche se già 12 giorni dopo la prima dose c’è una forma di protezione. E’ stato testato su 43.500 volontari in sei paesi e non sono stati sollevati problemi di sicurezza. 

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Ora sta a Pfizer vedere quanto ci mette a dare più delle 800mila dosi. E certamente vista la portata del problema, ci sarà spazio anche per altri vaccini, come quello di Oxford-AstraZeneca, arenatosi su un problema di raccolta dei dati, e quello di Moderna. Entrambi dovrebbero ottenere il via libera nel giro di settimane. E sarebbero più facili da somministrare, perché si conservano tra i 2 e gli 8 gradi e resistono sei mesi. La sfida sarà quella di convincere i più giovani a vaccinarsi. 

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