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La piazza e Macron

Il presidente ha imparato a convivere con le proteste, interne ed esterne, e anche ad ascoltarle

Micol Flammini

In Francia la maggioranza proporrà una riscrittura dell’articolo 24 della legge sulla Sicurezza, che piace solo al ministro dell'Interno Darmanin

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La maggioranza proporrà una riscrittura dell’articolo 24 della legge sulla Sicurezza globale in Francia. La notizia è arrivata  ieri  dopo le proteste del fine settimana. All’articolo, però, il ministro dell’Interno Gérald Darmanin è attaccato in modo particolare –  nonostante, sostengono alcuni macroniani, il grande pasticcio lo abbia creato lui con una serie di dichiarazioni poco chiare – e ieri ha ribadito le sue posizioni dopo che  i  leader di Lrem, MoDem e Agir avevano già preso la loro decisione,  accettata anche  dal presidente Macron. E’ da una settimana che vanno avanti le proteste contro l’articolo 24, approvato dall’Assemblea nazionale e secondo il quale chiunque diffonda immagini in grado di danneggiare “l’integrità fisica e morale” dei poliziotti può essere punito con un anno di carcere o con una multa da 45 mila euro. La legge deve ancora avere l’approvazione del Senato, ma le critiche sono iniziate immediatamente. I primi a protestare sono stati i giornalisti, testate di destra e di sinistra: se non si possono diffondere le immagini, raccontare e documentare le violenze commesse dagli agenti diventa più complicato.

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La maggioranza proporrà una riscrittura dell’articolo 24 della legge sulla Sicurezza globale in Francia. La notizia è arrivata  ieri  dopo le proteste del fine settimana. All’articolo, però, il ministro dell’Interno Gérald Darmanin è attaccato in modo particolare –  nonostante, sostengono alcuni macroniani, il grande pasticcio lo abbia creato lui con una serie di dichiarazioni poco chiare – e ieri ha ribadito le sue posizioni dopo che  i  leader di Lrem, MoDem e Agir avevano già preso la loro decisione,  accettata anche  dal presidente Macron. E’ da una settimana che vanno avanti le proteste contro l’articolo 24, approvato dall’Assemblea nazionale e secondo il quale chiunque diffonda immagini in grado di danneggiare “l’integrità fisica e morale” dei poliziotti può essere punito con un anno di carcere o con una multa da 45 mila euro. La legge deve ancora avere l’approvazione del Senato, ma le critiche sono iniziate immediatamente. I primi a protestare sono stati i giornalisti, testate di destra e di sinistra: se non si possono diffondere le immagini, raccontare e documentare le violenze commesse dagli agenti diventa più complicato.

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Lo ha dimostrato da ultimo il caso Michel Zecler, il produttore musicale picchiato e insultato da sei poliziotti (del pestaggio e della brutalità parla Adriano Sofri nella sua Piccola Posta) e se non fosse stato per le telecamere di sicurezza e per i video diffusi da alcuni vicini e pubblicati dal sito Loopsider, la gravità dell’episodio non sarebbe emersa con la stessa forza. La scorsa settimana, prima ancora che scoppiasse l’affaire Zecler, erano già iniziate le proteste. Gérald Darmanin aveva peggiorato le cose dicendo che i giornalisti avrebbero dovuto informare le autorità prima di seguire una manifestazione in modo da “evitare confusione” in caso di scontri. Dopo la reazione della stampa, aveva  detto che  sarebbe stato possibile  pubblicare le immagini degli agenti ma occultandone i volti. Poi aveva specificato che l’articolo 24   si riferiva soltanto alle immagini accompagnate da commenti offensivi e che incitano all’odio. 

 

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Darmanin, che non è un macroniano, è riuscito così a dividere il partito del presidente Macron e a metterlo di fronte a una nuova piazza. Dentro alla maggioranza c’è chi, come il premier Jean Castex, dall’inizio aveva intuito quanto fosse controverso e divisivo questo progetto di legge, e all’indomani dell’approvazione aveva proposto l’istituzione di una commissione indipendente per riscriverlo. Il presidente dell’Assemblea nazionale, Richard Ferrand, aveva però definito la commissione di Castex un’ingerenza nei lavori del Parlamento. Macron, che aveva visto in Darmanin un possibile pontiere tra la macronia e i repubblicani, ha raffreddato i rapporti e ieri ha convocato una riunione all’Eliseo per trovare una soluzione. Di fronte ai cortei  del fine settimana a cui secondo i manifestanti hanno partecipato cinquecentomila  persone e secondo la polizia meno di duecentomila, l’Eliseo ha chiesto al ministero dell’Interno di prendere dei provvedimenti, non sono stati presi e la soluzione che ha trovato ieri la maggioranza è stata quella di rinnegare un articolo controverso che   rischia di distruggere un progetto molto ambizioso e delicato come la legge sulla Sicurezza. 

 

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Oltre alle proteste interne, a Darmanin percepito sempre di più come un corpo estraneo dentro al governo, Macron adesso ha di nuovo una piazza contro. E’ dall’inizio della presidenza che il capo dell’Eliseo si trova a dover affrontare delle manifestazioni. I gilet gialli, le riforme delle pensioni, i cortei per Adama Traoré, le rappresaglie contro le restrizioni durante la pandemia. Ma tutte queste proteste erano molto diverse da quella della scorsa settimana. Le prime due – durissime, violente e durate mesi – erano per dei progetti di legge che Macron condivideva e sui quali si basava il suo mandato. Quelle per Adama Traoré erano un riflesso delle proteste per la morte di George Floyd e non riguardavano in modo diretto la sua presidenza, Adama era stato ucciso nel 2016. Di fronte ai cortei contro i lockdown, il presidente aveva  il buonsenso dalla sua parte.  Emmanuel Macron si è abituato a convivere  con la protesta, è sempre stato in grado di trovare soluzioni e argomentazioni. L’articolo 24 contro cui hanno manifestato i francesi nell’ultimo fine settimana è una battaglia   in cui il suo partito sembra non riconoscersi. Crede nella legge sulla Sicurezza ma da tempo è consapevole che la polizia abbia bisogno di una riforma – anche gli agenti infatti hanno a lungo protestato contro di lui in estate e contro l’ex ministro dell’Interno Castaner. Adesso Macron  è disposto a rivedere un progetto che non piaceva a nessuno: questa lunga convivenza, forse, gli ha anche insegnato a darle ragione. Quando serve.  

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