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Il reportage

Sul confine del Regno

La regione a sud est dell’Inghilterra dal primo gennaio diventerà la frontiera con il resto del continente

Gregorio Sorgi

Viaggio tra le ruspe del Kent, dove si costruisce il primo avamposto britannico per i camion europei dopo la Brexit

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La notte in cui la Gran Bretagna ha votato per uscire dall’Unione europea in pochi nel Kent si sarebbero aspettati di trovare gli agenti doganali nel cortile di casa. La regione a sud est dell’Inghilterra, che dal primo gennaio diventerà la frontiera con il resto del continente, è uno dei luoghi simbolo della Brexit. Il Kent fa parte della circoscrizione che ha eletto Nigel Farage al Parlamento europeo dal 1999 al 2019; qui il 59 per cento degli elettori ha votato votato per uscire dall’Ue. Eppure questo storico feudo conservatore è l’esatto contrario dello stereotipo della roccaforte euroscettica e post industriale. Semmai il contrario. Il Kent è il rifugio della borghesia londinese che trascorre qui i weekend e, in molti casi, si ritira in pensione nei cottage di campagna. Il tasso di disoccupazione e l’indice di povertà sono ben al di sotto della media nazionale e la qualità della vita è alta. I paesaggi verdi gli sono valsi il soprannome di “giardino dell’Inghilterra”. “Ma dal primo gennaio diventeremo il parcheggio dell’Inghilterra”, ripetono qui, con amara ironia. 

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La notte in cui la Gran Bretagna ha votato per uscire dall’Unione europea in pochi nel Kent si sarebbero aspettati di trovare gli agenti doganali nel cortile di casa. La regione a sud est dell’Inghilterra, che dal primo gennaio diventerà la frontiera con il resto del continente, è uno dei luoghi simbolo della Brexit. Il Kent fa parte della circoscrizione che ha eletto Nigel Farage al Parlamento europeo dal 1999 al 2019; qui il 59 per cento degli elettori ha votato votato per uscire dall’Ue. Eppure questo storico feudo conservatore è l’esatto contrario dello stereotipo della roccaforte euroscettica e post industriale. Semmai il contrario. Il Kent è il rifugio della borghesia londinese che trascorre qui i weekend e, in molti casi, si ritira in pensione nei cottage di campagna. Il tasso di disoccupazione e l’indice di povertà sono ben al di sotto della media nazionale e la qualità della vita è alta. I paesaggi verdi gli sono valsi il soprannome di “giardino dell’Inghilterra”. “Ma dal primo gennaio diventeremo il parcheggio dell’Inghilterra”, ripetono qui, con amara ironia. 

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Nel mezzo della campagna il rumore delle ruspe annienta il cinguettio degli uccelli e di ciò che resta della fauna selvatica. Alle porte di Ashford – un paese di 130 mila abitanti a circa trenta chilometri dal porto di Dover che dal primo gennaio entrerà nei libri di storia – la dogana di Ashford-Sevington sarà il primo avamposto britannico in cui si imbatteranno i camionisti europei dopo la Brexit. Qui verrà controllata la merce in arrivo dal continente e i trasportatori inglesi dovranno esporre il loro permesso di accesso nel Kent, uno stratagemma ideato dal ministro Michael Gove per ridurre il traffico verso Dover. Dal primo gennaio i camion britannici saranno ispezionati nel Kent: chi ha le carte in regola può procedere verso Dover mentre tutti gli altri dovranno tornare indietro. L’annuncio serissimo di Gove si è presto trasformato in una barzelletta, al punto che alcuni utenti sui social hanno proposto di creare il libero stato del Kent, governato ovviamente da Nigel Farage.

 

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Resta il fatto che il terreno fangoso alle porte di Ashford diventerà presto una frontiera, la prima da quando il Regno Unito è entrato nel mercato unico europeo. Ma nessuno sa esattamente cosa sta per nascere, e questa confusione racconta lo smarrimento del governo britannico che si prepara a uscire dall’Ue. Ogni politico fornisce una versione diversa. L’esponente locale del Partito verde, Mandy Rossi, vede questo progetto come l’unione tra i suoi nemici esistenziali: la Brexit e l’inquinamento ambientale. Secondo Rossi il terreno diventerà un maxiparcheggio per i veicoli diretti verso il porto di Dover. Spesso i camionisti affrontano grandi ritardi indotti dal maltempo o dai guasti ai battelli che attraversano la Manica. In questi casi, si creano delle file chilometriche verso Dover che sono destinate ad aumentare dopo il primo gennaio. Martedì scorso, a meno di due mesi dall’uscita definitiva del Regno Unito, le autorità hanno simulato dei controlli alla frontiera di Dover: si è formata una fila di oltre otto chilometri. Il governo aveva previsto code di circa sette mila veicoli e per precauzione aveva collocato dei bagni chimici ai lati dell’autostrada per i camionisti (“altro che il parcheggio, diventeremo la toilette della Gran Bretagna”, scherza la gente del luogo). Una possibile soluzione è quella di parcheggiare fino a due mila camion ad Ashford-Sevington e fargli aspettare il  turno per entrare in carreggiata. Rossi è critica nei confronti del progetto e guarda con sconforto alla ruspa al suo fianco che sradica le ultime zolle di erba. “Ci hanno detto che questo parcheggio avrebbe portato dei posti di lavoro qualificati per i cittadini di Ashford, ma non sarà così. Ci vogliono circa nove mesi per formare un controllore alla dogana quindi dubito che prenderanno persone di qui. Gli altri impieghi saranno poco qualificati: agenti di sicurezza, parcheggiatori, segretari. Non sappiamo se saranno reclutate persone del posto, me lo auguro”. 

 


“Altro che il parcheggio, diventeremo la toilette della Gran Bretagna”, scherzano amari gli abitanti di Ashford


 

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Poi c’è il tema dei disagi per la comunità locale. Il nuovo maxiparcheggio sorgerà alle porte di Ashford e a poche miglia dall’ospedale William Harvey. “E’ previsto un ingresso e un’uscita in autostrada quindi teoricamente i tir non dovrebbero invadere le strade di campagna –  spiega Rossi – Il problema è che i camionisti non sono sempre attenti alle regole: se vanno di fretta o se il loro navigatore satellitare non funziona potrebbero involontariamente finire nel centro urbano. Questo sarebbe un disastro; abito a pochi passi dalla stazione e di notte la casa rantola quando passano accanto i tir. Mi rattrista pensare che questa campagna possa diventare un maxiparcheggio”. Tuttavia, il governo si rifiuta di usare questa espressione e insiste che il nuovo sito sarà “un’area di sosta”. Ma qual è la differenza? Nel caso di ritardi e altri disagi, i camion saranno costretti ad aspettare il loro turno in fila, che è la funzione di un parcheggio. Paul Bartlett, esponente dei Tory e vice capo del consiglio comunale, vive a pochi passi dal nuovo sito e risponde a una domanda semplice: perché il governo ha acquistato un terreno di oltre dieci ettari se non intende costruire un parcheggio? “Per avere un margine di errore. Ancora non sappiamo come andranno a finire i negoziati con l’Ue e quali saranno le regole in vigore dal primo gennaio. Il sito è probabilmente più grande di quello che serve e speriamo di potere riconvertire un terzo del terreno dal primo luglio. Dipenderà tutto dall’esito delle trattative”.  

 

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Ashford non è l’unica provincia euroscettica a subire  i contraccolpi della Brexit. La città di Sunderland, che ospita la fabbrica della Nissan, ha votato per il leave e rischia molti licenziamenti in caso di no deal. Qualcosa di simile è già avvenuto a Swindon, dove lo stabilimento della Honda ha annunciato la chiusura nel 2021. Anche il Galles e la Cornovaglia hanno sostenuto la Brexit, nonostante fossero tra i maggiori beneficiari dei fondi europei. Molti euroscettici di Ashford credono che il traffico e il rumore dei clacson siano un prezzo da pagare per uscire dall’Ue. “Innanzitutto questo progetto rende possibile la Brexit – dice Bartlett spiegando i motivi a favore del nuovo parcheggio – Ashford ha votato per il leave e il processo di uscita è andato avanti per troppo tempo. Una volta lasciato il mercato unico è importante verificare che i trasportatori rispettino i loro obblighi”. 

 

Anche l’opposizione è d’accordo con i Tory su questo tema. Il leader laburista nel consiglio comunale, Brendan Chilton, è l’ex coordinatore del Labour for leave e dunque a favore del nuovo progetto. Gli unici contrari sono i Verdi che però si sono arresi. “Mi sono rassegnata al fatto che Ashford diventerà famoso in tutto il mondo per questo maxiparcheggio – spiega Mandy Rossi – Ciò che mi dà fastidio è che non siamo mai stati consultati da Londra, ho  scoperto la notizia sui social. A luglio il governo ha acquistato il terreno e ha iniziato a costruire pochi giorni dopo. I cittadini di Ashford possono solamente fornire dei consigli e suggerimenti, ma non possono più fare nulla per bloccare il progetto”. 

 


L’unica opposizione è quella dei Verdi, Tory e Labour sono d’accordo (e ha vinto il leave). I contraccolpi dell’“area di sosta”


 

La nuova dogana sorgerà a pochi metri da Kingsford Street, una strada residenziale e accogliente in cui abitano decine di famiglie. La penultima casa appartiene al signor Copperfield – “il più grande restauratore di auto d’epoca nel Kent”, assicurano – il cui cortile sembra un concessionario di lusso: Bentley, Aston Martin, Mercedes. Un piccolo prato racchiuso da due barriere di legno separa l’ultima casa dal nuovo maxiparcheggio. Gli abitanti di Kingsford Street sono tristi di non poter più passeggiare nell’ex terreno di campagna, nonostante si fossero già arresi tempo fa. Nel 2009 il gruppo assicurativo Axa aveva acquistato il podere che era destinato a diventare uno dei più grandi magazzini di Amazon nel paese. “Sarebbe stato un  disastro”, esclama Sharon Swandale, che abita a Kingsford Street e fa parte della Village Alliance, che si batte in difesa del territorio. Sharon indica la chiesa sassone di St Mary poco distante: “Quella chiesa è nella lista dei patrimoni culturali, e deve essere preservata a ogni costo. Amazon voleva costruire delle mura di 17 metri di colore grigio e verde, che sarebbero state più alte della chiesa. Avrebbero tagliato gli alberi e le piante. Il consiglio comunale ha approvato questo progetto nel 2014”. Poi è arrivata la Brexit. A luglio il governo ha rilevato il terreno e ha ottenuto la concessione per i prossimi cinque anni. “Per noi questo è il male minore. Se il progetto di Amazon fosse andato in porto, ci saremmo trovati con migliaia di camion a pochi metri da casa a ogni ora del giorno. Avrebbero caricato e scaricato la merce in continuazione, disturbando la quiete pubblica. Invece dal primo gennaio i camion saranno fermi nel parcheggio e aspetteranno di imbarcarsi sul traghetto per Dover”. Malgrado le ruspe e il cemento Sharon è ottimista perché il terreno accanto al nuovo parcheggio  resterà incontaminato. Il comune di Ashford ha comprato il podere e ha promesso che non sarà edificato. “Abbiamo ottenuto un’importante concessione dal governo – rivendica Sharon  – Ci hanno detto: diteci quale pezzo di terra volete salvare e lo salveremo; pianteremo alberi, siepi e ricreeremo un nuovo bosco”. Gli abitanti di Kingsford Street ricordano con nostalgia i  tempi in cui si respirava l’aria di campagna e si sentiva il canto delle allodole, eppure la comunità locale non è affatto scoraggiata. “Stiamo combattendo per rendere Ashford un posto migliore – dice Sharon – Sogno di vedere delle piste ciclabili e degli alberi nel terreno vicino al parcheggio, sarebbe un grande regalo per la comunità locale. Se otteniamo tutto ciò che vogliamo, se costruiscono un grande parcheggio di ultima generazione, sarebbe una compensazione per tutti i fastidi con cui dovremmo abituarci a convivere”. 

 

I cittadini del Kent si aspettano lunghe  code sull’autostrada per  Dover. “Sicuramente non prenderò la macchina il primo dell’anno”, dicono in molti. La madre di Sharon vive nella città portuale. Come farai ad andarla a trovare? “Userò ogni strada secondaria a cui riesco a pensare, faremo tutti così. Il problema è che per arrivare a Dover bisogna percorrere un pezzo di autostrada, che è tra i più vecchi in Gran Bretagna e ha solamente due corsie. Quando c’è traffico bisogna deviare di molte miglia e il viaggio diventa un inferno. E’ quello che facciamo quando c’è una tempesta e i camion restano bloccati. Il primo gennaio sarà la madre di tutte le tempeste, ma sappiamo come reagire”.

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