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Jadot ci dice i suoi piani presidenziali e perché il vaccino dev’essere obbligatorio

Mauro Zanon

Chiacchiere con il leader dei verdi francesi, che per il 2022 sogna di inserirsi nello spazio tra il presidente Macron e la sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon

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Yannick Jadot crede molto al suo destino presidenziale. Fino a due anni fa, a sinistra, i sogni di Eliseo del leader degli ecologisti francese suscitavano molte risatine. Poi sono arrivate le elezioni europee del 2019 e il capolista di Europe écologie les Verts (Eelv) ha ottenuto uno storico 13,48 per cento. Dodici mesi dopo, la vague verte si è abbattuta anche sulle comunali, con la conquista delle principali metropoli francesi: Lione, Marsiglia, Strasburgo, Bordeaux. “E a Parigi, Anne Hidalgo non ha vinto da socialista, ma da ecologista”, dice al Foglio Yannick Jadot. Secondo l’eurodeputato, a sinistra “c’è una ricostruzione politica attorno al progetto di ecologia sociale e repubblicana portato avanti da Eelv. Da questo progetto, dobbiamo far emergere una candidatura di rassemblement”. Il cammino verso l’unione degli ecologisti, sottolinea Jadot, “deve trovare uno sbocco già in occasione delle elezioni regionali del prossimo anno. Le forze politiche che hanno una sensibilità verde e sociale devono evitare il più possibile le divisioni. Eelv ha sofferto molto, a livello di immagine, a causa delle guerre intestine. Ora è tornato un clima di fiducia, e credo di aver contribuito a questa situazione avvicinando la società francese alle tematiche ecologiche. Dobbiamo lasciarci alle spalle l’epoca delle petites phrases e degli scontri di ego”.

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Yannick Jadot crede molto al suo destino presidenziale. Fino a due anni fa, a sinistra, i sogni di Eliseo del leader degli ecologisti francese suscitavano molte risatine. Poi sono arrivate le elezioni europee del 2019 e il capolista di Europe écologie les Verts (Eelv) ha ottenuto uno storico 13,48 per cento. Dodici mesi dopo, la vague verte si è abbattuta anche sulle comunali, con la conquista delle principali metropoli francesi: Lione, Marsiglia, Strasburgo, Bordeaux. “E a Parigi, Anne Hidalgo non ha vinto da socialista, ma da ecologista”, dice al Foglio Yannick Jadot. Secondo l’eurodeputato, a sinistra “c’è una ricostruzione politica attorno al progetto di ecologia sociale e repubblicana portato avanti da Eelv. Da questo progetto, dobbiamo far emergere una candidatura di rassemblement”. Il cammino verso l’unione degli ecologisti, sottolinea Jadot, “deve trovare uno sbocco già in occasione delle elezioni regionali del prossimo anno. Le forze politiche che hanno una sensibilità verde e sociale devono evitare il più possibile le divisioni. Eelv ha sofferto molto, a livello di immagine, a causa delle guerre intestine. Ora è tornato un clima di fiducia, e credo di aver contribuito a questa situazione avvicinando la società francese alle tematiche ecologiche. Dobbiamo lasciarci alle spalle l’epoca delle petites phrases e degli scontri di ego”.

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Quando si parla di calendario di candidatura, Jadot anticipa che “Eelv probabilmente organizzerà una designazione del suo candidato dopo le regionali, nell’estate del 2021. Per quanto mi riguarda, ho due condizioni: in primo luogo, questo esercizio non deve trasformarsi in un meccanismo destinato alla sconfitta, come abbiamo visto con le primarie dei Républicains nel 2016 e con la catastrofe delle primarie socialiste; in secondo luogo, l’obiettivo è inserirsi nello spazio tra Emmanuel Macron e Jean-Luc Mélenchon, riunendo i socialdemocratici e i progressisti che hanno votato il presidente nel 2017 e oggi sono delusi dalle sue politiche. Quello che voglio dire è che il sistema di designazione di Eelv non deve tagliarci fuori dal resto del paesaggio politico”. Il guru della France insoumise Mélenchon ha proposto a Jadot nel 2019 di creare “una federazione popolare di quelli che vogliono la transizione ecologica e sociale”. Nel 2020 ci ha riprovato, sbattendo sempre contro un muro. “Mélenchon incarna la sinistra radicale, che non ha nulla a che vedere con la mia storia politica. Lui è un giacobino, centralizzatore, che vuole uno stato onnipresente, io sono un girondino, decentralizzatore, che crede nelle forze sociali”, dice Jadot. Sulla crisi sociale a causa del coronavirus, Jadot è molto preoccupato: “In occasione del primo confinamento, tutti si proiettavano nel ‘mondo che verrà’, riflettendo sulla questione della resilienza e delle trasformazioni del nostro modo di vivere. Oggi nessuno parla del ‘mondo che verrà’. C’è una sorta di burn-out della società francese. Il livello di depressione nel nostro paese è più alto rispetto agli altri”.

 

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Lunedì, su France Inter, si è espresso a favore dell’obbligatorietà del vaccino contro il Covid-19: una posizione audace in una nazione dove quattro persone su dieci si dichiarano contrarie e in un partito con diversi esponenti No vax. “Non ci sono buone ragioni per non farsi vaccinare. Ci sono delle ragioni, ma non sono buone. C’è la percezione che lo stato prenda spesso decisioni favorevoli ai grandi gruppi farmaceutici, percezione aggravata dall’attuale sfiducia verso la parola politica e dalle misure inadeguate attuate dal governo per contrastare il coronavirus. Io ho detto questo: ci sono migliaia di morti e persone che non hanno accesso alle cure perché le terapie intensive sono piene, e se l’unica soluzione per uscire da questa catastrofe sociale, economica e sanitaria è vaccinarsi, allora sì, sono favorevole all’obbligatorietà”, dice Jadot. In materia di ecologia, quello di Macron “è un quinquennio perso”, afferma. In materia di laicità, invece, “il presidente ha dato una bella intervista ad al Jazeera sull’islam e libertà d’espressione”, anche se “bisogna fare molto di più per mantenere la promessa repubblicana, affinché i nostri concittadini non scivolino verso l’estremismo”.

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