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Samuel Paty, decapitato da un islamista e attaccato dai colleghi

Le Monde rivela le email del professore prima dell'agguato terroristico. Nessuna solidarietà del corpo docente

Giulio Meotti

L'insegnante francese vittima di un jihadista aveva anche ceduto agli attacchi: "Non farò più sessioni su questo tema"

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“Je suis enseignant”, siamo tutti insegnanti, recita lo slogan brandito dopo la decapitazione del professor Samuel Paty a Conflans-Sainte-Honorine per avere mostrato le vignette di Maometto durante un corso sulla libertà di espressione. Una inchiesta del Monde svela una realtà meno edificante. Il quotidiano ha avuto accesso alle mail di Paty e della scuola. Ne emerge la vita di una scuola media della periferia parigina, traumatizzata da una vicenda che tutti credevano sarebbe stata presto dimenticata. Sono le mail della settimana prima dell’assassinio. C’è il sostegno della preside e di molti genitori, ma anche le tante critiche degli insegnanti che attaccarono Paty.

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“Je suis enseignant”, siamo tutti insegnanti, recita lo slogan brandito dopo la decapitazione del professor Samuel Paty a Conflans-Sainte-Honorine per avere mostrato le vignette di Maometto durante un corso sulla libertà di espressione. Una inchiesta del Monde svela una realtà meno edificante. Il quotidiano ha avuto accesso alle mail di Paty e della scuola. Ne emerge la vita di una scuola media della periferia parigina, traumatizzata da una vicenda che tutti credevano sarebbe stata presto dimenticata. Sono le mail della settimana prima dell’assassinio. C’è il sostegno della preside e di molti genitori, ma anche le tante critiche degli insegnanti che attaccarono Paty.

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Le discussioni iniziano giovedì 8 ottobre, due giorni dopo che Paty ha mostrato le caricature di Maometto. “La situazione è peggiorata”, scrive la preside a Paty: “Un individuo ha minacciato di portare i musulmani davanti al college”. Risponde Paty: “L’assurdità della situazione è  comica!”. Il professore vede le delazioni, l’odio: “E’ un pettegolezzo maligno”, scrive. 

 

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All’inizio Paty rivendica l’operato: “Decostruisco gli argomenti islamisti. Non c’è blasfemia perché la Repubblica è laica”. Poi il professore si arrende alla campagna d’odio: “Non farò più sessioni su questo tema”. La preside scrive al corpo insegnante: “Penso di potere dire che Paty ha avuto una settimana difficile e che è importante che possa contare su ciascuno di noi”. Invoca una risposta corale dei docenti a tutela del collega, facendo muro contro le intimidazioni. Paty riceve messaggi di sostegno dai genitori. Ma contrariamente ai desideri della preside, nessuna solidarietà del corpo insegnante. “Sento il bisogno di dire che non sostengo il nostro collega”, scrive un insegnante alla preside. “Mi rifiuto di essere complice con il mio silenzio. Questa situazione altera il legame di fiducia che cerchiamo di rinsaldare con le famiglie che hanno scelto la scuola pubblica e, visto il contesto in cui si svolge, mette in pericolo l’intera comunità”.

 

Dunque è Paty a mettere in pericolo tutti. Un altro insegnante lo attacca in termini anche più meschini: “Il nostro collega non solo non ha servito la causa della libertà di espressione, ma ha fornito argomenti agli islamisti e ha lavorato contro la laicità facendola sembrare intolleranza e ha commesso un atto di discriminazione. La mia etica mi proibisce di essere complice”.

  

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Nel frattempo, la campagna di un imam estremista e di alcuni genitori aveva già messo in moto il meccanismo infernale che avrebbe portato alla decollazione di Paty.  E’ venerdì quando gli insegnanti ricevono un’ultima mail dalla preside. “Notizie terribili”. Paty è stato decapitato da Abdouallakh Anzorov, un diciottenne ceceno che voleva “vendicare” il Profeta dell’islam. Ieri l’ex ministro delegato all’Istruzione, Ségolène Royal, ha rincarato: "Alcune caricature di Maometto sono offensive. Capisco che ci sia chi si senta insultato”. E ancora: Emmanuel Macron “ha commesso un errore, perché ha detto che difenderà le caricature durante la cerimonia in omaggio a Paty”. Se l’è davvero cercata.

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Un insegnante della periferia parigina, come Paty, a Ouest-France ieri raccontava: “Un terzo della classe mette in discussione i programmi scolastici, è spaventoso”. Il 2 novembre, due settimane dopo l’attacco a Conflans-Sainte-Honorine, quest’insegnante sottopone agli studenti un questionario. Tre domande: “Cosa è successo il 16 ottobre?”, “Cosa hai capito del discorso di Macron durante l'’amuel Paty?” e “Ci sono punti che vuoi sollevare?”. Un terzo risponde così: “Non è normale criticare l’islam”, “Si stava meglio quando non c’era la libertà di espressione” e “Non vedo il motivo di parlare di tutto questo”. Poi, alla fine della lezione, il professore domanda: “Rassicuratemi, mi decapiterete?”. Uno studente ribatte: “Non preoccuparti. Non te…”.

 

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