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Perché il meccanismo sullo stato di diritto è più pericoloso dell’articolo 7

David Carretta

Polonia e Ungheria sono pronte a mettere a rischio i soldi (tanti) che riceverebbero dal Recovery fund. L’ipotesi del bluff

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Dopo l’Ungheria, anche la Polonia minaccia di porre il veto al bilancio 2012-27 dell’Unione europea e al Recovery fund per la sua opposizione al meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto. La Commissione ieri ha confermato di aver ricevuto una lettera con la quale il premier Mateusz Morawiecki ha annunciato di “non vedere possibilità di ratifica nel Parlamento polacco” del pacchetto di bilancio che complessivamente vale oltre 1.800 miliardi. Come per l’Ungheria, la ragione è l’intesa tra la presidenza tedesca dell’Ue e il Parlamento sul meccanismo sullo stato di diritto, che permetterebbe di tagliare i fondi comunitari ai paesi che non rispettano alcuni princìpi fondamentali.

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Dopo l’Ungheria, anche la Polonia minaccia di porre il veto al bilancio 2012-27 dell’Unione europea e al Recovery fund per la sua opposizione al meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto. La Commissione ieri ha confermato di aver ricevuto una lettera con la quale il premier Mateusz Morawiecki ha annunciato di “non vedere possibilità di ratifica nel Parlamento polacco” del pacchetto di bilancio che complessivamente vale oltre 1.800 miliardi. Come per l’Ungheria, la ragione è l’intesa tra la presidenza tedesca dell’Ue e il Parlamento sul meccanismo sullo stato di diritto, che permetterebbe di tagliare i fondi comunitari ai paesi che non rispettano alcuni princìpi fondamentali.

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Nella lettera – che il Foglio ha potuto consultare – il premier polacco scrive che “qualsiasi meccanismo discrezionale che sia basato su criteri arbitrari e politicamente motivati non può essere accettato”. Varsavia contesta il fatto che la Commissione avrà il “diritto unilaterale di imporre sanzioni finanziarie” sulla base di “motivazioni puramente politiche”. Nella lettera Morawiecki dice che “le ambiziose decisioni di bilancio” adottate al vertice Ue rischiano di “saltare”.

 

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Nella sua lettera inviata lo scorso fine settimana, Orbán aveva annunciato che, alla luce dell’intesa sulla condizionalità sullo stato di diritto, l’Ungheria “non potrà partecipare all’unanimità richiesta per il pacchetto adottato in luglio”. Che cosa hanno da temere Polonia e Ungheria al punto da mettere in pericolo le decine di miliardi che riceveranno dal Recovery fund? Il meccanismo sullo stato di diritto non sarà così stringente come era stato inizialmente immaginato. Ma rischia di fare molto più male dell’articolo 7 del trattato per chi viola in modo sistematico i princìpi fondamentali.

 

La procedura dell’articolo 7, che priverebbe Polonia e Ungheria del diritto di voto, è bloccata al Consiglio: la decisione sulle sanzioni va presa all’unanimità e i due paesi si proteggono a vicenda. La condizionalità sullo stato di diritto, invece, si decide con il voto a maggioranza dei governi e rischia di andare a colpire direttamente il sistema di potere del partito PiS in Polonia e di Fidesz in Ungheria. Il taglio dei fondi scatterebbe preventivamente in caso di “pericolo per l’indipendenza della giustizia”.

 

E’ il caso della Polonia: le riforme del PiS sono state contestate dalla Commissione con infrazioni e condannate dalla Corte di giustizia dell’Ue. Inoltre, il meccanismo verrebbe attivato quando non ci sono autorità pubbliche in grado di “assicurare l’assenza di conflitti di interessi” nella gestione dei fondi Ue. E’ il caso dell’Ungheria: secondo diverse inchieste, il governo di Budapest fa arrivare centinaia di milioni a personalità vicine al premier. Nel 2016 lo stesso Orbán era stato accusato di aver usato 2 milioni di euro dell’Ue per aprire una ferrovia storica nel suo villaggio natale. Varsavia e Budapest spesso indirizzano le risorse del bilancio Ue verso le regioni dove hanno un sostegno elettorale più forte.

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La mossa è comunque ad alto rischio sia per Orbán sia per Morawiecki. Nel 2018 il bilancio ordinario dell’Ue ha trasferito alla Polonia 16,3 miliardi di euro, pari al 3,43 per cento del pil. Il Recovery fund garantisce a Varsavia più di 27 miliardi di euro in sei anni. Idem per l’Ungheria: nel 2018 Budapest ha ricevuto dall’Ue 6,3 miliardi, pari al 5 per cento del Pil. Il Recovery fund prevede oltre 7,5 miliardi per l’Ungheria.

 

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In questo contesto, diversi esponenti del Parlamento europeo hanno chiesto di andare a vedere il “bluff” di Orbán e Morawiecki. Ma altre fonti Ue temono una “crisi politica” che potrebbe portare a un ulteriore ritardo per il Recovery fund. Un primo momento della verità è atteso la prossima settimana, quando la presidenza tedesca dell’Ue dovrebbe sottoporre ai 27 l’accordo sul pacchetto di bilancio. Solo allora si saprà se quello di Orbán e Morawiecki è un bluff o se i due sono pronti ad andare in fondo con la minaccia pur di proteggere i sistemi di potere dalle sanzioni di Bruxelles.

 

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