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Stephanie Williams, l'americana che guida i negoziati di pace per la Libia

Arianna Poletti

Chi è il capo della missione di sostegno dell'Onu a Tripoli che ha annunciato “elezioni entro diciotto mesi”. Il suo nome circola per l’Amministrazione Biden

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Stephanie Williams, a capo della missione di sostegno dell’Onu in Libia (UNSMIL), ha annunciato un accordo preliminare fra le due parti che fino a maggio erano impegnate nella sanguinosa guerra civile in Libia. E’ successo durante un round di negoziati in corso in Tunisia chiamato “Forum del dialogo politico libico”. La diplomatica ha aperto la conferenza stampa di mercoledì sera al Four Seasons di Tunisi con parole caute: “Non ci facciamo illusioni, sappiamo che resta molto da fare”. Dopo tre giorni di trattative, il nuovo volto delle Nazioni Unite in Libia – che a lungo ha lavorato dietro le quinte durante il mandato dell’ex inviato speciale Ghassan Salame – ha detto che l’accordo prevede elezioni nazionali in Libia entro diciotto mesi. Williams è ottimista, ma conserva il realismo: i settantacinque rappresentanti chiamati ad esprimersi sul futuro politico libico si sono accordati su una bozza di road map, ma non hanno ancora firmato nessun documento ufficiale.

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Stephanie Williams, a capo della missione di sostegno dell’Onu in Libia (UNSMIL), ha annunciato un accordo preliminare fra le due parti che fino a maggio erano impegnate nella sanguinosa guerra civile in Libia. E’ successo durante un round di negoziati in corso in Tunisia chiamato “Forum del dialogo politico libico”. La diplomatica ha aperto la conferenza stampa di mercoledì sera al Four Seasons di Tunisi con parole caute: “Non ci facciamo illusioni, sappiamo che resta molto da fare”. Dopo tre giorni di trattative, il nuovo volto delle Nazioni Unite in Libia – che a lungo ha lavorato dietro le quinte durante il mandato dell’ex inviato speciale Ghassan Salame – ha detto che l’accordo prevede elezioni nazionali in Libia entro diciotto mesi. Williams è ottimista, ma conserva il realismo: i settantacinque rappresentanti chiamati ad esprimersi sul futuro politico libico si sono accordati su una bozza di road map, ma non hanno ancora firmato nessun documento ufficiale.

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Oltre alle elezioni, l’Onu chiede la formazione di un governo di unione nazionale. “Questa ipotesi era già emersa durante il summit di Abu Dhabi del 2019, mentre di elezioni si parla da almeno tre anni”, ricorda Jalel Harchaoui, ricercatore al Clingendael Institute. Le proposte non sono nuove, ma il contesto è cambiato e sembra agevolare la missione di Williams. L’accordo per un cessate il fuoco firmato lo scorso 23 ottobre a Ginevra regge, come il ripristino delle attività di produzione nel settore petrolifero dopo il blocco dei pozzi imposto dal generale Khalifa Haftar. “Da giugno assistiamo a un rallentamento della guerra in Libia, interpretato dalla diplomazia internazionale come il momento opportuno per aggiungere uno strato politico allo stato attuale delle cose”, spiega Harchaoui. Dopo vari tentativi di mediazione da parte dell’Onu, per Harchaoui questa potrebbe essere la volta buona.

 

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La situazione si complicherà nei prossimi giorni, quando la commissione sarà chiamata a nominare i membri del futuro consiglio presidenziale ristretto, composto da un presidente e due vice. Per mantenere un equilibrio, il governo potrebbe essere guidato da un esponente della Tripolitania (quindi l’ovest), mentre il Consiglio presidenziale da uno della Cirenaica (l’est). Secondo alcune indiscrezioni, uno dei nomi che sta circolando per la presidenza del Consiglio è quello di Aguila Saleh, l’attuale capo del parlamento di Tobruk, sostenuto anche da russi ed egiziani. Per questo non sono mancati i tentativi di boicottaggio del Forum di Tunisi da parte della fazione vicina a Khalifa Haftar, visto che il maresciallo è rimasto ai margini dei negoziati nonostante la presenza di alcuni esponenti vicini ai suoi alleati emiratini.

 

Se le trattative dovessero portare risultati, il successo dell’americana Stephanie Williams sarebbe evidente, dopo che il dossier libico è passato per anni di fallimenti. Tanto che c’è già chi la vede ambire ad importanti posizioni diplomatiche nella futura amministrazione americana. Il suo volto non è nuovo per i libici. Arabofona, con più di vent’anni di esperienza alle spalle tra Iraq, Bahrein e Giordania, Stephanie Williams è subentrata a marzo come rappresentante speciale ad interim del segretario generale Onu in Libia, dopo le dimissioni di Ghassan Salame. Avrebbe dovuto cedere il posto al nuovo inviato speciale a fine settembre. Ma, per ora, nessun pretendente ha convinto i membri del Consiglio di sicurezza. Il candidato proposto di recente dagli Stati Uniti, il bulgaro Nicolai Mladenov, è stato rifiutato dai paesi africani dopo il veto di Washington su Ramtane Lamamra, ex ministro degli Esteri algerino e Alto rappresentante dell’Unione Africana, sostenuto da Antonio Guterres in persona.

 

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Per Harchaoui, “gli Stati Uniti si sono fatti più discreti, ma intendono mantenere una posizione di influenza”, come prova il recente attivismo dell’ambasciatore americano Richard Norland. Norland ha incontrato diversi attori regionali ed internazionali presenti in Libia, ed è tra i principali promotori del processo politico promosso da Williams. Ci crede tanto da annunciare la futura riapertura dell’ambasciata americana a Tripoli.

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