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Uno stragista europeo come tanti

Daniele Ranieri

Lo Stato islamico rivendica l'attentato di Vienna. Non è "tornato": è sempre lì. L'attentatore era uscito dal carcere in anticipo

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Lo Stato islamico ha rivendicato l’attacco di lunedì sera a Vienna e ha pubblicato sul suo canale ufficiale una foto e un video dell’attentatore Kujtim Fejzulai, un ventenne di origini albanesi nato in Austria. La foto che Fejzulai aveva pubblicato su Instagram poco prima dell’attacco fa parte dello stesso set, era soltanto un’anticipazione. L’uomo è stato in contatto con lo Stato islamico quasi fino all’ultimo momento, era in grado di fornire del materiale da pubblicare dopo la sua morte e di sicuro ha ricevuto istruzioni nel periodo precedente all’attacco. Il video dura 45 secondi, Fejzulai parla in arabo, recita una formula imparata a memoria per giurare fedeltà al capo dello Stato islamico, Abu Ibrahim al Qureshi, vero nome Amir al Mawla, che da poco ha compiuto un anno alla guida del gruppo terrorista e per ora non ha mai fatto sentire la sua voce nemmeno per un secondo in qualche messaggio audio – e a maggior ragione non si è mai fatto vedere in un video. Poi l’attentatore, con il nome di Abu Dujana al Albani, dice che “lo Stato islamico continuerà a esistere, per grazia di Dio”. Impugna il fucile e la pistola che ha usato durante il raid serale nel centro di Vienna. Nel giro di nove minuti si è spostato a piedi in sei diversi luoghi, ha ucciso quattro persone e ne ha ferite una ventina, ha creato l’impressione che non ci fosse soltanto un singolo sparatore ma una squadra di terroristi, è finito nei filmati di gente che lo riprendeva dalle finestre, infine è stato abbattuto dalla polizia. Indossava un finto giubbotto esplosivo, come accade spesso per attirare il fuoco degli agenti e morire “da martire”.

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Lo Stato islamico ha rivendicato l’attacco di lunedì sera a Vienna e ha pubblicato sul suo canale ufficiale una foto e un video dell’attentatore Kujtim Fejzulai, un ventenne di origini albanesi nato in Austria. La foto che Fejzulai aveva pubblicato su Instagram poco prima dell’attacco fa parte dello stesso set, era soltanto un’anticipazione. L’uomo è stato in contatto con lo Stato islamico quasi fino all’ultimo momento, era in grado di fornire del materiale da pubblicare dopo la sua morte e di sicuro ha ricevuto istruzioni nel periodo precedente all’attacco. Il video dura 45 secondi, Fejzulai parla in arabo, recita una formula imparata a memoria per giurare fedeltà al capo dello Stato islamico, Abu Ibrahim al Qureshi, vero nome Amir al Mawla, che da poco ha compiuto un anno alla guida del gruppo terrorista e per ora non ha mai fatto sentire la sua voce nemmeno per un secondo in qualche messaggio audio – e a maggior ragione non si è mai fatto vedere in un video. Poi l’attentatore, con il nome di Abu Dujana al Albani, dice che “lo Stato islamico continuerà a esistere, per grazia di Dio”. Impugna il fucile e la pistola che ha usato durante il raid serale nel centro di Vienna. Nel giro di nove minuti si è spostato a piedi in sei diversi luoghi, ha ucciso quattro persone e ne ha ferite una ventina, ha creato l’impressione che non ci fosse soltanto un singolo sparatore ma una squadra di terroristi, è finito nei filmati di gente che lo riprendeva dalle finestre, infine è stato abbattuto dalla polizia. Indossava un finto giubbotto esplosivo, come accade spesso per attirare il fuoco degli agenti e morire “da martire”.

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Fejzulai era nato nel 2000, i suoi genitori vengono dalla minoranza musulmana albanese che vive assieme a una maggioranza cristiana nella Macedonia del nord. Nel 2018 era stato fermato dentro a una casa sicura dello Stato islamico in Turchia mentre aspettava di passare il confine con la Siria e unirsi al grosso del gruppo. Notare l’anno: 2018, lo Stato islamico stava retrocedendo nella valle dell’Eufrate, perdeva tutte le battaglie, aveva i mesi contati e molti suoi uomini facevano il percorso inverso al giovane austriaco e cercavano di scappare in Turchia. Lui invece voleva arruolarsi, segno che più fanatico di così non poteva essere. Era stato riportato in Austria e condannato nell’aprile 2019 a ventidue mesi di prigione. Già si tratta di una sentenza molto debole – negli Stati Uniti la stessa iniziativa gli sarebbe costata vent’anni di carcere – ma a dicembre grazie a una legge sui reati minorili era stato rimesso in libertà. Aveva anche partecipato a un programma di deradicalizzazione ma come ha ammesso ieri il ministro dell’Interno austriaco Karl Nehammer “se ne è fatto gioco”. Fuori di prigione è riuscito a mettersi di nuovo in contatto con lo Stato islamico. La sua storia è il riassunto di altre mille storie di attentatori islamisti in Europa. I tentativi di raggiungere lo Stato islamico. Il periodo di detenzione. L’impossibilità della deradicalizzazione. L’assenza di ostacoli. Nehammer lo ha descritto come “un lupo solitario”, ma questa definizione non ha senso, come provano i contatti con lo Stato islamico. La polizia austriaca ha arrestato quattordici persone che potrebbero essere legate all’operazione e la polizia svizzera ha fatto due arresti. 

 
Non è ancora chiaro se questo attentato a Vienna faccia parte dell’ondata di attacchi islamisti che ha colpito la Francia – tre nel giro di un mese – come rappresaglia contro civili scelti a caso per la pubblicazione di alcune vignette su un giornale satirico, lui non ne parla. Del resto ha avuto bisogno di tempo per procurarsi una pistola e un  fucile d’assalto sul mercato nero delle armi illegali, non è stato un gesto compiuto d’impulso, ci pensava da tempo. Lo Stato islamico non ha bisogno di pretesti per tentare di fare stragi in Europa, è nel suo programma naturale, non ha mai smesso per un minuto dal 2015 di organizzare stragi in Europa. A volte ne ha l’opportunità, a volte no. Non ha senso parlare di “ritorno dello Stato islamico” oppure no. Poche ore prima dell’attacco a Vienna, due altri attentatori erano entrati armati dentro all’Università di Kabul in Afghanistan e hanno ucciso venti persone prima di essere anche loro abbattuti. Lo Stato islamico ha fatto uscire la rivendicazione della strage poco prima dell’attacco di Vienna.  

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