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l'analisi

Il trumpismo ha reso l’Ue più consapevole, ma Bruxelles li regge altri quattro anni?

David Carretta

L'Europa non è ancora un attore geopolitico globale autonomo, pronto a fare a meno della protezione degli Stati Uniti

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L’Unione Europea è pronta ad altri quattro anni di Donald Trump? Dal 9 novembre 2016, quando si era svegliata in stato di choc dopo che Trump aveva smentito tutti i sondaggi riuscendo a superare Hillary Clinton promettendo di rompere con l’ortodossia dell’establishment americano sul ruolo politico ed economico degli Stati Uniti nel mondo, l’Europa ha avviato un processo di ristrutturazione interna. In parte è merito dello stesso Trump. L’Ue ha improvvisamente scoperto l’esistenza di trend transatlantici già in corso con la presidenza di Barack Obama. Il baricentro della politica estera americana si era spostato verso l’Asia. L’Europa e la sua sicurezza non era più il centro del mondo per gli Stati Uniti. Spinti dall’esuberanza del presidente francese Macron, e malgrado le reticenze iniziali della cancelliera tedesca Merkel, Trump ha costretto i 27 a sviluppare i concetti di sovranità e autonomia strategica per affrontare la nuova realtà americana. E, dopo quattro anni l’Ue, è meglio equipaggiata per il mondo con Trump. Ma l’Ue non è ancora pronta a essere un attore geopolitico globale autonomo che non ha bisogno della protezione degli Stati Uniti. “Altri quattro anni di Trump, circondato da consiglieri compiacenti che sono in linea con le sue idee più distruttive, potrebbero essere fatali per la partnership transatlantica”, spiegano Ian Bond e Luigi Scazzieri del think tank Centre for european reform (Cer) in un paper pubblicato ieri: “Potrebbero portare alla frammentazione della Nato e a un aumento dei conflitti all’interno dell’Ue”.

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L’Unione Europea è pronta ad altri quattro anni di Donald Trump? Dal 9 novembre 2016, quando si era svegliata in stato di choc dopo che Trump aveva smentito tutti i sondaggi riuscendo a superare Hillary Clinton promettendo di rompere con l’ortodossia dell’establishment americano sul ruolo politico ed economico degli Stati Uniti nel mondo, l’Europa ha avviato un processo di ristrutturazione interna. In parte è merito dello stesso Trump. L’Ue ha improvvisamente scoperto l’esistenza di trend transatlantici già in corso con la presidenza di Barack Obama. Il baricentro della politica estera americana si era spostato verso l’Asia. L’Europa e la sua sicurezza non era più il centro del mondo per gli Stati Uniti. Spinti dall’esuberanza del presidente francese Macron, e malgrado le reticenze iniziali della cancelliera tedesca Merkel, Trump ha costretto i 27 a sviluppare i concetti di sovranità e autonomia strategica per affrontare la nuova realtà americana. E, dopo quattro anni l’Ue, è meglio equipaggiata per il mondo con Trump. Ma l’Ue non è ancora pronta a essere un attore geopolitico globale autonomo che non ha bisogno della protezione degli Stati Uniti. “Altri quattro anni di Trump, circondato da consiglieri compiacenti che sono in linea con le sue idee più distruttive, potrebbero essere fatali per la partnership transatlantica”, spiegano Ian Bond e Luigi Scazzieri del think tank Centre for european reform (Cer) in un paper pubblicato ieri: “Potrebbero portare alla frammentazione della Nato e a un aumento dei conflitti all’interno dell’Ue”.

 

La permanenza di Trump rischia di diventare una questione esistenziale per l’Ue e le ragioni vanno cercate sia a Washington sia a Bruxelles. L’agenda del presidente americano rimane dirompente per l’Ue. “Se Trump conquista un secondo mandato, i dubbi europei sul futuro della Nato e l’impegno degli Usa per la loro difesa cresceranno”, dicono Bond e Scazzieri. Inoltre, “un secondo mandato probabilmente vedrebbe un aumento delle tensione con l’Ue, incluso su come gestire la Cina” e “porterebbe a maggiori frizioni transatlantiche in medio oriente” (in particolare sull’Iran). Ma sono le fragilità stesse dell’Ue a rendere altri quattro anni pericolosi. Il lavoro su sovranità e autonomia strategica è solo all’inizio. I 27 continuano a essere spaccati in tre blocchi sull’attitudine da tenere nei confronti degli Stati Uniti: la Francia guida il gruppo degli americano-scettici estremisti, la Germania incarna il fronte dei moderati pragmatici, mentre la Polonia rappresenta l’est che privilegia la fedeltà transatlantica a quella europea. Trump avrà gioco facile a sfruttare queste divisioni: non essendosi dotata di una politica di difesa comune all’altezza, l’Ue non è in grado di offrire le stesse garanzie di sicurezza dell’America. Anche la Cina – malgrado l’Ue abbia decretato la fine della politica “naif” – costituisce un problema. Con Trump, Pechino potrà continuare a presentarsi come un partner del multilateralismo e della lotta al cambiamento climatico. Il ministro della Difesa tedesco, Annegret Kramp-Karrenbauer, ha pubblicato un intervento su Politico per spiegare che “l’Europa ha ancora bisogno dell’America” a prescindere da chi sarà alla Casa Bianca, perché “gli europei non saranno in grado di sostituire il ruolo cruciale dell’America come fornitore di sicurezza”. La Germania è la chiave per sapere quale strada imboccherà l’Ue. Il pensiero di AKK riassume le reticenze tedesche a inseguire Macron sulla strada del disaccoppiamento dagli Usa. La fine dell’era Merkel, programmata per il 2021 (al massimo il 2022), rende la Germania ancor più prudente. In cuor loro i dirigenti europei hanno sempre sperato nel 3 novembre 2020 per vedere tornare a una normalità nelle relazioni transatlantiche. Ma a Berlino e nelle altri capitali meglio non farsi illusioni. “Anche se Joe Biden vincerà le elezioni – avvertono Ian Bond e Luigi Scazzieri del Cer – gli europei farebbero bene a tenere conto dei cambiamenti di lungo periodo in corso in America e non fare l’errore di vedere l’èra Trump come un’aberrazione temporanea”.

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