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Perché in Polonia l’opposizione conservatrice sta con chi manifesta

La decisione sull’aborto, lo “pseudo tribunale” e una nazione a metà che sa di non potersi più fidare del proprio governo

Micol Flammini e Greta Privitera

Per il presidente del Partito popolare europeo, Donald Tusk, la sentenza della Corte costituzionale è una “vigliaccata politica”, soprattutto nel mezzo di una pandemia che il PiS, il partito di Kaczynski, non sa gestire. Varsavia vede la sua democrazia smontata un pezzo alla volta, protesta anche per questo 

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Dopo la decisione del Tribunale costituzionale polacco di dichiarare “incompatibile” con la legge fondamentale l’interruzione di gravidanza in caso di malformazione del feto, uno dei primi a reagire è stato Donald Tusk. Ex premier, ex presidente del Consiglio europeo, attuale presidente del Partito popolare europeo e fondatore del partito conservatore polacco Po. Tusk, che di tutta l’opposizione è il punto di riferimento, ha scritto su Twitter: “Gettare il tema dell’aborto e lasciare che la decisione venga presa da uno pseudo tribunale nel mezzo di una furiosa pandemia è qualcosa di più del cinismo. E’ una vigliaccata politica”. La decisione dello “pseudo tribunale” ha scatenato una serie di scioperi e manifestazioni in tutto il paese, non soltanto nella capitale, ma anche in città più periferiche, più piccole, dove nelle ultime elezioni presidenziali il partito di governo, il PiS, ha avuto la maggioranza. Il simbolo sventolato dai manifestanti, che sono soprattutto donne, ma al loro fianco ci sono anche tanti uomini, è una gruccia.

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Dopo la decisione del Tribunale costituzionale polacco di dichiarare “incompatibile” con la legge fondamentale l’interruzione di gravidanza in caso di malformazione del feto, uno dei primi a reagire è stato Donald Tusk. Ex premier, ex presidente del Consiglio europeo, attuale presidente del Partito popolare europeo e fondatore del partito conservatore polacco Po. Tusk, che di tutta l’opposizione è il punto di riferimento, ha scritto su Twitter: “Gettare il tema dell’aborto e lasciare che la decisione venga presa da uno pseudo tribunale nel mezzo di una furiosa pandemia è qualcosa di più del cinismo. E’ una vigliaccata politica”. La decisione dello “pseudo tribunale” ha scatenato una serie di scioperi e manifestazioni in tutto il paese, non soltanto nella capitale, ma anche in città più periferiche, più piccole, dove nelle ultime elezioni presidenziali il partito di governo, il PiS, ha avuto la maggioranza. Il simbolo sventolato dai manifestanti, che sono soprattutto donne, ma al loro fianco ci sono anche tanti uomini, è una gruccia.

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Grucce nere, di legno, colorate, spesso appese a una fotografia di Jaroslaw Kaczynski, il leader del partito che governa il paese dal 2015, per bucargli la faccia. Le grucce spuntano ovunque, dai balconi, dai cancelli, dalle macchine, anche dai monumenti, e sono state scelte come immagine della protesta   perché sono il simbolo degli aborti illegali. La protesta dalle strade si è spostata anche in Parlamento, dove le deputate dell’opposizione hanno domandato ai colleghi della maggioranza se  la decisione di inasprire una legge già severa non fosse soltanto un espediente per distrarre l’attenzione dei polacchi dalla pandemia: la seconda ondata in Polonia è molto più forte della prima e la nazione è impreparata. La sentenza del Tribunale non è ancora legge, lo diventerà tra tre mesi e l’unico che può intervenire è il premier, Mateusz Morawiecki, che sembrava avere dei dubbi sulla decisione dei giudici, ma finora non ha annunciato nessuna marcia indietro ufficiale. La lotta, oltre che per le strade, è diventata un dibattito accesissimo tra un governo sempre più autoritario e una forte opposizione, che ha la maggioranza al Senato, ma che in questo caso non può intervenire per bloccare il provvedimento.

 

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In Polonia, il maggior partito di opposizione è il Po, è un partito importante, organizzato, cattolico, europeista e conservatore, che ha anche ruoli di rilievo in Ue, è una costola del movimento polacco Solidarnosc. Anche il PiS lo è e i due partiti per anni si sono sfiorati, assomigliati, si sono parlati e alternati. La nazione è stata sempre governata da partiti conservatori, ma mentre il PiS prendeva una deriva estremista, il Po è rimasto fedele ai suoi valori e oggi è dalla parte dei manifestanti e contro una sentenza emanata da uno “pseudo tribunale” – pseudo perché negli ultimi anni le riforme della giustizia del governo hanno di fatto sostituito le cariche della magistratura con persone vicine al partito e questo ha portato l’Ue ad aprire una procedura di infrazione contro la Polonia – e che molti polacchi non condividono. Secondo un sondaggio, circa il 66 per cento degli intervistati è contrario, e il 69 vorrebbe che i cambiamenti entrassero in vigore soltanto dopo un referendum,  e invece gli effetti della decisione della Corte si sentono già. “La sentenza non è ancora legge, ma già ne vediamo le conseguenze”, racconta al Foglio Krystyna Kacpura, direttrice esecutiva della Federazione delle donne e della pianificazione familiare. Dice che non può stare tanto al telefono, la sua linea deve rimanere il più possibile libera perché in questi giorni sta ricevendo molte richieste d’aiuto. “Mi chiamano donne che avevano già programmato un’interruzione di gravidanza ma che, dopo la decisione dei giudici, si stanno vedendo cancellare gli appuntamenti”. A metà conversazione ci saluta e mette giù: “Richiamo io, ho sotto Ewa”. Kacpura richiama dopo un’ora, è stata al telefono con il marito di Ewa, lei piangeva così tanto che non riusciva a parlare. Ewa è una di quelle donne a cui è stato negato l’aborto che aveva programmato in ospedale. Da qualche settimana sa che suo figlio, voluto moltissimo, ha una grave malformazione: o morirà nel suo utero o poco dopo la nascita. “Ha dieci giorni per interrompere la gravidanza e le stiamo dando tutte le informazioni per fare la scelta migliore”. Kacpura racconta che molti ospedali stanno cancellando le procedure di aborto perché “hanno paura di punizioni future: temono di essere criminalizzati”.

 

La sentenza ha tirato fuori tutte le preoccupazioni e i tormenti della Polonia e le manifestazioni sono diventate dei movimenti che vanno oltre la legge sull’aborto, riguardano il futuro del paese, l’affidabilità del suo sistema istituzionale, la consapevolezza, che un pezzo alla volta, il governo sta smontando la democrazia. Il sindaco di Varsavia, Rafal Trzaskowski, anche lui diventato uno dei leader dell’opposizione, anche lui del Po, tiene delle conferenze stampa quotidiane in cui informa i cittadini della situazione epidemiologica, di cui il governo sembra essersi dimenticato, e parla delle proteste. Mercoledì ha ripetuto ai manifestanti che era dalla loro parte e ha detto che ormai quel che manca in Polonia è la fiducia, si è rotto il legame tra i cittadini e il potere, perché è impossibile fidarsi di un potere che non è disposto ad ascoltare i suoi cittadini. 

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Quando quest’estate Trzaskowski si era candidato  per diventare presidente contro il capo di stato uscente  del PiS, Andrzej Duda, e perse di pochissimo, venne fuori una fotografia perfetta della Polonia: una nazione a metà. Queste manifestazioni mostrano la stessa cosa e mostrano che i due paesi sono incompatibili tra di loro. Uno scende in strada, protesta, parla di diritti. L’altro si barrica ed evita il confronto. Di questa Polonia, quella che si nasconde, Kaczynski è il primo rappresentante. L’altra ha le donne e gli uomini per le strade e un’opposizione forte e dinamica in Parlamento, che per il momento è la massima  rassicurazione che c’è ancora una classe politica che capisce la differenza tra valori e “una vigliaccata politica”. 

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