PUBBLICITÁ

323 euro

C'è una rivolta tra i parlamentari europei

Il tentativo di fermare uno scandalo che danneggerebbe le istituzioni

David Carretta

Sassoli ha chiuso per tutto il mese di novembre il "registro centrale di presenza" e i deputati rimarranno senza la diaria. Tra gli insorti ci sono anche gli euroscettici che accusano il presidente di "svalutare" il Parlamento. Ma c'è anche chi ha buone ragioni per protestare

PUBBLICITÁ

David Sassoli è riuscito a provocare una rivolta dentro al Parlamento europeo, dopo la decisione di limitare al minimo possibile la presenza di deputati, assistenti e funzionari nel palazzo di Bruxelles e di promuovere le riunioni in remoto, compresi dibattiti e i voti della plenaria. Ma, dietro alle accuse di aver chiuso il tempio della democrazia europea, si nasconde una motivazione più veniale: i soldi. Per la precisione l'indennità giornaliera da 323 euro, che i deputati europei ricevono per ogni giorno di presenza a Bruxelles, da certificare attraverso la firma su un apposito registro. A scatenare la rivolta contro Sassoli, infatti, è stata la decisione dell'ufficio di presidenza di chiudere per tutto il mese di novembre il “registro centrale di presenza”, dove i deputati appongono la firma per ottenere la diaria. “In ragione della situazione allarmante legata alla diffusione del Covid.-19, in particolare a Bruxelles dove attualmente il 4 per cento della popolazione è infettata ogni mese con una tendenza al rialzo, e al fine di minimizzare i rischi sanitari per i deputati, lo staff e altre persone che lavorano al Parlamento europeo, il presidente ha deciso il 27 ottobre 2020 che gli incontri degli organismi di governo del Parlamento, la plenaria, le commissioni ordinarie e straordinarie e i gruppi politici debbano tenersi solo da remoto senza la presenza fisica di persone che non siano il presidente e lo staff indispensabile del segretariato e il supporto tecnico", dice la lettera inviata ieri dall'ufficio di presidenza a tutti i deputati. Di conseguenza, il 28 ottobre è stato deciso "che il registro centrale di presenza rimarrà temporaneamente chiuso dal 2 al 30 novembre 2020". Apriti cielo. Dalle caselle email dei deputati è partita una raffica di lettere di protesta e accuse per chiedere a Sassoli di fare marcia indietro, riaprire il Parlamento europeo e soprattutto il registro centrale di presenza.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


David Sassoli è riuscito a provocare una rivolta dentro al Parlamento europeo, dopo la decisione di limitare al minimo possibile la presenza di deputati, assistenti e funzionari nel palazzo di Bruxelles e di promuovere le riunioni in remoto, compresi dibattiti e i voti della plenaria. Ma, dietro alle accuse di aver chiuso il tempio della democrazia europea, si nasconde una motivazione più veniale: i soldi. Per la precisione l'indennità giornaliera da 323 euro, che i deputati europei ricevono per ogni giorno di presenza a Bruxelles, da certificare attraverso la firma su un apposito registro. A scatenare la rivolta contro Sassoli, infatti, è stata la decisione dell'ufficio di presidenza di chiudere per tutto il mese di novembre il “registro centrale di presenza”, dove i deputati appongono la firma per ottenere la diaria. “In ragione della situazione allarmante legata alla diffusione del Covid.-19, in particolare a Bruxelles dove attualmente il 4 per cento della popolazione è infettata ogni mese con una tendenza al rialzo, e al fine di minimizzare i rischi sanitari per i deputati, lo staff e altre persone che lavorano al Parlamento europeo, il presidente ha deciso il 27 ottobre 2020 che gli incontri degli organismi di governo del Parlamento, la plenaria, le commissioni ordinarie e straordinarie e i gruppi politici debbano tenersi solo da remoto senza la presenza fisica di persone che non siano il presidente e lo staff indispensabile del segretariato e il supporto tecnico", dice la lettera inviata ieri dall'ufficio di presidenza a tutti i deputati. Di conseguenza, il 28 ottobre è stato deciso "che il registro centrale di presenza rimarrà temporaneamente chiuso dal 2 al 30 novembre 2020". Apriti cielo. Dalle caselle email dei deputati è partita una raffica di lettere di protesta e accuse per chiedere a Sassoli di fare marcia indietro, riaprire il Parlamento europeo e soprattutto il registro centrale di presenza.

PUBBLICITÁ

 

L'email con la firma più pesante che il Foglio ha potuto consultare è quella che ha inviato Markus Ferber, pezzo grosso della Csu tedesca e del Partito popolare europeo, oggi intorno all'ora di pranzo. "Dopo aver lasciato il parlamento in marzo è la seconda volta che sta chiudendo il Parlamento europeo", scrive Ferber a Sassoli "Tutti i parlamenti nazionali hanno trovato modi per continuare a lavorare e servire i loro cittadini" e invece Sassoli "anziché rendere possibile il nostro lavoro, lo disattiva". Per Ferber, "un Parlamento che viene chiuso dai suoi rappresentanti ufficiali, perde la sua legittimità. Questo danno da parte sua alla sola istituzione europea democratica eletta è inaccettabile". Ferber evoca l'immagine di sedie vuote nell'emiciclo del Parlamento e lunghe code agli uffici negli stati membri, da dove i deputati potranno intervenire in videoconferenza durante le plenarie. "Mi spiace, dopo aver servito per più di 26 anni come membro di questa aula non avrei mai pensato di assistere a questa auto-distruzione", conclude Ferber. Pochi minuti dopo è arrivata un'email di sostegno di Witold Waszczykowski, deputato del PiS al governo in Polonia, che di certo non mostra troppo amore per l'Ue e le sue istituzioni democratiche. "Sostengo pienamente l'opinione" di Ferber e "vorrei protestare contro la chiusura del Parlamento europeo", ha scritto Waszczykowski. Quando ci sono di mezzo i soldi – si può arrivare a oltre 6.000 euro al mese esentasse grazie alla diaria giornaliera – gli euroescettici e gli eurofobi improvvisamente amano l'Ue. Anche un deputato di Alternativa per la Germania ha accusato Sassoli di “svalutare” il Parlamento che di questi tempi dovrebbe esercitare “un forte controllo” sui governi.

 

PUBBLICITÁ

Il portavoce di Sassoli – interpellato dal Foglio – ha preferito non rispondere alle accuse avanzate da Ferber e altri. In realtà il Parlamento europeo è aperto. Deputati, assistenti, funzionari e giornalisti possono entrare, anche se rispettando strette regole. La chiusura del registro centrale di presenza è motivata dalla necessità di evitare che i deputati vadano al Parlamento solo per la firma che vale 323 euro, aumentando inutilmente il numero di persone presenti. Sassoli è consapevole che rischia di esplodere uno scandalo che danneggerebbe l'immagine dell'istituzione. In questa fase i cittadini normali affrontano una fase difficile, molti hanno perso il lavoro, altri sono in cassa integrazione, e in ogni caso si annunciano sacrifici pesanti per tutti. I capricci dei deputati europei per incassare i 323 euro al giorno proietterebbero un'immagine disastrosa per il Parlamento europeo. Del resto, tra i parlamentari, c'è chi almeno ha avuto l'onestà di ammettere candidamente che il problema non è la chiusura del Parlamento, ma l'indennità giornaliera. "Gran parte di noi ha un appartamento a Bruxelles affittato con contratto annuale o triennale", ha scritto il finlandese Nils Torvalds, del gruppo liberale di Renew: "Per questa ragione dovete trovare una soluzione che non violi i diritti". La sua collega estone, Yana Toom, ha risposto spiegando che, viste le restrizioni di viaggio, si è portata la famiglia a Bruxelles, i bambini vanno a scuola, non si possono mantenere case in due posti diversi e "secondo la legge belga non è nemmeno possibile porre fine a un contratto d'affitto con preavvisi così brevi". Anche il greco Ioannis Lagos, eurodeputato di Alba Dorata, ha subito reagito: "Forse si può trovare un modo per firmare via una firma elettronica o avendo il registro centrale in un logo Covid-19 free in cui gli assembramenti possano essere evitati. E' ingiusto per noi essere privati dei per diem a cui abbiamo diritto". L'Europa che ti versa 323 euro al giorno all'improvviso diventa bella per i neonazisti greci condannati per aver diretto un'organizzazione criminale.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ