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scatolone democratico

Il paesino russo e la candidata che doveva solo partecipare ma è diventata sindaco

La signora delle pulizie del municipio di Povalikhino e l'uomo di Putin

Micol Flammini

Marina Udgoskaya non pensava di vincere, serviva soltanto un'opposizione formale, ma la sua vittoria alle elezioni locali racconta cosa può fare la voglia di novità, la tentazione del cambiamento, anche nella statica Russia 

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Le elezioni locali di metà settembre in Russia sono riuscite a diventare un grandissimo affare nazionale. Sarà perché sono state le prime dopo la prima ondata di coronavirus, quando ormai la Russia stava entrando nella seconda. Sarà perché poco prima del voto l’avvocato e attivista Alexei Navalny è stato avvelenato mentre tornava da uno dei suoi incontri pre elettorali in Siberia. Sarà anche perché una donna di trentacinque anni si è ritrovata per caso a diventare sindaco di Povalikhino, un paesino con poco più di duecento abitanti, e la notizia è diventata grande in tutta la Russia, e importante anche per chi l’ha letta da fuori. Lei si chiama Marina Udgodskaya, era abituata a frequentare il municipio, dove da alcuni anni faceva le pulizie. E’ sposata, ha due figli e in una delle interviste ha detto che le piace coltivare i campi. Marina  Udgodskaya non aveva nulla a che fare con la politica, né con l’amministrazione della sua cittadina, ma il sindaco uscente, il candidato sostenuto dal partito putiniano Russia unita, Nikolai Loktev, aveva bisogno di un oppositore, qualcuno che si candidasse contro di lui, almeno formalmente. Lo aveva chiesto al suo assistente, lo aveva chiesto a un membro del Partito comunista, lo aveva chiesto a tanti, ma tutti gli avevano risposto di no: non avevano voglia di candidarsi per perdere. Senza un oppositore le elezioni non si sarebbero potute tenere, così è previsto dallo scatolone democratico in Russia: l’importante è che ci siano più candidati, poi se il voto è solo una formalità non interessa. 

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Le elezioni locali di metà settembre in Russia sono riuscite a diventare un grandissimo affare nazionale. Sarà perché sono state le prime dopo la prima ondata di coronavirus, quando ormai la Russia stava entrando nella seconda. Sarà perché poco prima del voto l’avvocato e attivista Alexei Navalny è stato avvelenato mentre tornava da uno dei suoi incontri pre elettorali in Siberia. Sarà anche perché una donna di trentacinque anni si è ritrovata per caso a diventare sindaco di Povalikhino, un paesino con poco più di duecento abitanti, e la notizia è diventata grande in tutta la Russia, e importante anche per chi l’ha letta da fuori. Lei si chiama Marina Udgodskaya, era abituata a frequentare il municipio, dove da alcuni anni faceva le pulizie. E’ sposata, ha due figli e in una delle interviste ha detto che le piace coltivare i campi. Marina  Udgodskaya non aveva nulla a che fare con la politica, né con l’amministrazione della sua cittadina, ma il sindaco uscente, il candidato sostenuto dal partito putiniano Russia unita, Nikolai Loktev, aveva bisogno di un oppositore, qualcuno che si candidasse contro di lui, almeno formalmente. Lo aveva chiesto al suo assistente, lo aveva chiesto a un membro del Partito comunista, lo aveva chiesto a tanti, ma tutti gli avevano risposto di no: non avevano voglia di candidarsi per perdere. Senza un oppositore le elezioni non si sarebbero potute tenere, così è previsto dallo scatolone democratico in Russia: l’importante è che ci siano più candidati, poi se il voto è solo una formalità non interessa. 

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Il sindaco Loktev si è allora rivolto a Marina Udgodskaya, la signora delle pulizie del municipio, che dopo qualche titubanza ha accettato il gioco. Perché di un gioco si sarebbe dovuto trattare, e invece Udgodskaya ha vinto le elezioni ed è diventata il nuovo sindaco di Povalikhino. Ha già scelto i collaboratori che le daranno qualche nozione di politica e di amministrazione, ma ha già parlato delle sue priorità: lampioni e strade. Marina si è lasciata fotografare nel suo nuovo ufficio sotto alla mappa della sua città e sotto al ritratto di Putin, nelle poche interviste che ha concesso – Matthew Luxmore di Radio Free Europe ha detto che è riuscito a convincerla a parlare dopo molta insistenza – ha raccontato di aver accettato di partecipare alle elezioni soltanto perché senza un secondo candidato non ci sarebbe stato nessun voto e ha anche ammesso che l’attenzione da parte dei giornalisti non le è piaciuta molto. Dopo la notizia della sua vittoria, Povalikhino si è riempita di telecamere, la Udgodskaya andava scappando, usava uscite sul retro, si rinchiudeva nella biblioteca del municipio oppure a casa, e poi ha deciso di assumere un addetto stampa che, più che organizzare degli incontri con i giornalisti serve a tenerli lontani. L’attenzione da parte della stampa russa è stata soprattutto sul lato farsesco della storia: la signora delle pulizie del sindaco che si ritrova ad amministrare la città. Gli aspetti divertenti esistono, sono tanti, ma a ben guardare il voto a Marina Udgoskaya è un segnale e indica che nelle zone rurali, quelle che si sono anche sentite più abbandonate dal Cremlino durante la pandemia, il senso di stanchezza è forte, aumenta e porta  a votare chiunque ma non il candidato di Putin.

 

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Andrew Kramer del New York Times è andato a Povalikhino, ha intervistato alcune delle persone che hanno votato per Udgodskaya e tutte hanno detto di aver pensato che davanti alla novità fosse giusto provare. Non è la prima volta che il sistema dei finti candidati entra in crisi, era già successo per esempio a Khabarovsk, dove il candidato del Partito liberale aveva vinto contro il putiniano e qualche mese dopo è stato arrestato: dall’arresto vanno avanti delle manifestazioni molto tenaci che hanno subito assunto una forza nazionale.  Chi ha votato per Marina Udgodskaya non voleva compiere un atto di ribellione, piuttosto si sentiva  attratto da un senso di nuovo, e la Udgodskaya non è una dissidente, anzi, posa volentieri sotto al ritratto del presidente e ha ricevuto le cogratulazioni della Commissione elettorale. Però questo desiderio di novità, la tentazione di testare, provare e cambiare è un elemento abbastanza nuovo nelle dinamiche elettorali russe che  fin  qui ha avuto una dimensione locale – in Russia il dissenso è più periferico che cittadino – ma un giorno potrebbe  diventare nazionale. 

 

Il povero Nikolai Loktev, ex sindaco di Povalikhino, era così convinto di vincere che la sconfitta non è stata solo inaspettata, ma anche dolorosa. Si è rinchiuso in casa, i rapporti con la stampa  li intrattiene sua moglie, che ha raccontato che lui proprio non voleva diventare sindaco, non voleva fare il politico, ma se ha deciso di partecipare alle elezioni è stata colpa sua, è stata lei ad averlo incoraggiato. 

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