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EDITORIALI

Il Navalny Act va oltre la Russia

Redazione

L’Unione europea vuole un suo regime di sanzioni mirate. Il posto da cui iniziare è lo Xinjiang

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Mentre gli Stati Uniti ieri accusavano sei ufficiali del Gru, l’intelligence militare russa, per gli attacchi informatici che avevano come obiettivi il partito del presidente francese Emmanuel Macron, il Comitato olimpico internazionale e il laboratorio  del governo britannico che indaga sull’avvelenamento di Sergei Skripal, l’Unione europea  faceva un passo avanti decisivo per dotarsi di un suo Magnitsky Act. Un regime di sanzioni mirate contro i responsabili di gravi violazioni e abusi dei diritti umani in tutto il mondo sul modello di quello introdotto dagli Stati Uniti dopo la morte di Sergei Magnitsky. La Commissione ha presentato una proposta di regolamento che dovrebbe permettere ai governi di approvare rapidamente quello che l’Alto rappresentante, Josep Borrell, vorrebbe ribattezzare il “Navalny Act”.

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Mentre gli Stati Uniti ieri accusavano sei ufficiali del Gru, l’intelligence militare russa, per gli attacchi informatici che avevano come obiettivi il partito del presidente francese Emmanuel Macron, il Comitato olimpico internazionale e il laboratorio  del governo britannico che indaga sull’avvelenamento di Sergei Skripal, l’Unione europea  faceva un passo avanti decisivo per dotarsi di un suo Magnitsky Act. Un regime di sanzioni mirate contro i responsabili di gravi violazioni e abusi dei diritti umani in tutto il mondo sul modello di quello introdotto dagli Stati Uniti dopo la morte di Sergei Magnitsky. La Commissione ha presentato una proposta di regolamento che dovrebbe permettere ai governi di approvare rapidamente quello che l’Alto rappresentante, Josep Borrell, vorrebbe ribattezzare il “Navalny Act”.

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L’Ue attualmente ha un regime di sanzioni geografiche – Siria, Venezuela e Bielorussia – ma non può sanzionare singoli individui senza chiamare in causa anche i paesi. Il Navalny Act sui diritti umani andrebbe a sommarsi ai regimi di sanzioni settoriali legati alla cyber-sicurezza e all’uso di armi chimiche. Gli strumenti sono il congelamento dei beni e i divieti di viaggio. Il principale ostacolo a un accordo tra i 27 è la richiesta della Commissione di vedersi attribuire il controllo sui divieti di viaggio, ma i negoziati sono in stato avanzato. “I diritti umani sono sotto assedio in tutto il mondo” e il Navalny Act è “un’opportunità per l’Europa, non solo di difendere i suoi valori ma anche di agire”, ha detto Borrell. Il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, ha parlato di “tolleranza zero”. C’è un posto da dove iniziare con queste nuove sanzioni e,  malgrado il nome, non è la Russia che per l’avvelenamento di Navalny è già finita nel mirino dell’Ue per l’uso di armi chimiche. Quel posto è lo Xinjiang, dove il regime cinese ha rinchiuso più di un milione di uiguri nei campi di rieducazione, imposto sterilizzazioni forzate e avviato un programma di sorveglianza di massa. Quello della Cina è un crimine contro l’umanità. Chen Quanguo, il segretario del partito comunista dello Xinjiang, è il primo nome che merita di finire nella lista nera dell’Ue.

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