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editoriali

Contrordine populisti, basta con Putin

Di Maio parla chiaro sull’avvelenamento di Navalny (e Salvini si modera)

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Di Maio vola a Mosca e dice al ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, che l’avvelenamento dell’oppositore Alexei Navalny “è un accadimento inquietante, che ha molto colpito l’opinione pubblica italiana. E’ una grande violazione del diritto internazionale sulle armi chimiche. Una vicenda che non può restare senza conseguenze”. Boom. Tanto per cominciare, a Mosca ufficialmente non sono a conoscenza di alcun avvelenamento, la versione ufficiale del governo di Putin è che Navalny si è sentito male ed è andato a Berlino – e i tedeschi “rifiutano di consegnarci le prove del presunto avvelenamento”. Ma il ministro Di Maio taglia corto su queste finezze e a Mosca dice le cose come stanno, con la sicurezza del populista che deve far dimenticare anni di sparate filorusse. E’ lo stesso ministro che a marzo accoglieva gli aiuti russi all’aeroporto di Pratica di Mare con gli occhi a forma di cuore in diretta tv. E’ lo stesso M5S che meno di un mese fa al Parlamento di Strasburgo si è astenuto dal votare la mozione di condanna contro la Russia per l’avvelenamento di Navalny, anche se le prove erano le stesse un mese fa e la mozione era soltanto simbolica. E’ lo stesso partito che a marzo 2019 votò contro la risoluzione europea che stabiliva che la Russia non può essere “partner strategico” dell’Unione europea.

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Di Maio vola a Mosca e dice al ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, che l’avvelenamento dell’oppositore Alexei Navalny “è un accadimento inquietante, che ha molto colpito l’opinione pubblica italiana. E’ una grande violazione del diritto internazionale sulle armi chimiche. Una vicenda che non può restare senza conseguenze”. Boom. Tanto per cominciare, a Mosca ufficialmente non sono a conoscenza di alcun avvelenamento, la versione ufficiale del governo di Putin è che Navalny si è sentito male ed è andato a Berlino – e i tedeschi “rifiutano di consegnarci le prove del presunto avvelenamento”. Ma il ministro Di Maio taglia corto su queste finezze e a Mosca dice le cose come stanno, con la sicurezza del populista che deve far dimenticare anni di sparate filorusse. E’ lo stesso ministro che a marzo accoglieva gli aiuti russi all’aeroporto di Pratica di Mare con gli occhi a forma di cuore in diretta tv. E’ lo stesso M5S che meno di un mese fa al Parlamento di Strasburgo si è astenuto dal votare la mozione di condanna contro la Russia per l’avvelenamento di Navalny, anche se le prove erano le stesse un mese fa e la mozione era soltanto simbolica. E’ lo stesso partito che a marzo 2019 votò contro la risoluzione europea che stabiliva che la Russia non può essere “partner strategico” dell’Unione europea.

 

Di Maio parla di “conseguenze”, quindi sanzioni, ed è leader dei Cinque stelle che nel programma elettorale del 2018 promettevano “il ritiro immediato delle sanzioni imposte contro la Russia”. Forse i grillini stanno passando un periodo di profonda revisione della loro politica estera? Ma per carità. I populisti in calo di consensi hanno capito che adesso per restare al governo il putinismo non si porta più come prima. E gli stessi calcoli algoritmici deve averli visti anche Matteo Salvini, che in questi giorni si è fatto spiegare da Giorgetti il cambio di stagione: è ora di chiuderla con l’adorazione infantile del Cremlino ed è necessario cominciare a ragionare da atlantisti. Ma Salvini deve sbrigarsi, perché Di Maio in questa corsa è in vantaggio: come ebbe a raccontare al Foglio a luglio, la Merkel gli ha già detto che sta facendo un buon lavoro.

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