PUBBLICITÁ

Voci inglesi

Stretto tra impennata dei ricoveri e nuovo lockdown, Boris Johnson ha un problema

Greta Privitera

Uno scienziato che aiuta il governo a capire i numeri della pandemia ci spiega i conflitti tra premier, virologi e sindaci

PUBBLICITÁ

Da una parte ci sono i numeri che lui vive “come spie luminose sul pannello di controllo di un aereo di linea”, dall’altra ci sono i sindaci delle città più colpite dall’epidemia che appena hanno sentito la temutissima parola – lockdown – hanno dato di matto, sostenuti da alcuni elettori, grandi appassionati della retorica delle libertà violate. In mezzo c’è lui, Boris Johnson, che da dietro un podio azzurro con impresse le icone che suggeriscono di lavarsi le mani, indossare la mascherina e mantenere la distanza di sicurezza, ha cercato di non scontentare nessuno annunciando alla Camera dei Comuni nuove restrizioni per placare la diffusione dei contagi da coronavirus, dopo l’impennata di casi e dei ricoveri giornalieri che superano quelli di marzo, soprattutto nel nord dell’Inghilterra.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Da una parte ci sono i numeri che lui vive “come spie luminose sul pannello di controllo di un aereo di linea”, dall’altra ci sono i sindaci delle città più colpite dall’epidemia che appena hanno sentito la temutissima parola – lockdown – hanno dato di matto, sostenuti da alcuni elettori, grandi appassionati della retorica delle libertà violate. In mezzo c’è lui, Boris Johnson, che da dietro un podio azzurro con impresse le icone che suggeriscono di lavarsi le mani, indossare la mascherina e mantenere la distanza di sicurezza, ha cercato di non scontentare nessuno annunciando alla Camera dei Comuni nuove restrizioni per placare la diffusione dei contagi da coronavirus, dopo l’impennata di casi e dei ricoveri giornalieri che superano quelli di marzo, soprattutto nel nord dell’Inghilterra.

PUBBLICITÁ

 

Per gli scienziati, le sue sono restrizioni troppo morbide, mentre i sindaci delle città del nord ritengono una follia richiudere tutto e pretendono gli stessi aiuti economici che sono stati dati durante il primo lockdown (BoJo capisce). Le limitazioni prevedendo tre livelli di azione: il livello medio, che interessa gran parte del paese e mantiene le regole già in vigore, fra cui il limite massimo di riunione a sei persone e la chiusura dei pub alle 22; il livello alto, che prevede il divieto di incontri al chiuso fra nuclei diversi; il livello molto alto, dove sono proibiti il mescolamento sociale e gli incontri in casa ed è prevista la chiusura di pub e ristoranti. Qualche ora dopo l’annuncio delle restrizioni, le dichiarazioni degli esperti del Sage (Scientific Advisory Group for Emergencies) hanno dato il colpo di grazia al morale degli inglesi.

 

PUBBLICITÁ

I consulenti scientifici del governo, hanno raccontato che tre settimane fa avevano suggerito al primo ministro di prendere in considerazione una chiusura totale di tutte le attività per 14 o 21 giorni per contenere la velocità con cui l’epidemia si sta di nuovo abbattendo sul Regno Unito. Secondo gli scienziati, l’unica soluzione per portare il tasso di contagiosità Rt sotto a 1 sarebbe un vero lockdown. Johnson non li ha ascoltati, si è difeso dicendo che però gli esperti concordano sul fatto di considerare anche l’impatto economico di certe scelte. “Ma non c’è molto da fare”, dice al Foglio Lorenzo Pellis, professore associato all’Università di Manchester con un dottorato in modelli matematici per la diffusione di malattie infettive e membro dello Spi-M (Scientific Pandemic Influenza Group on Modelling), un gruppo che aiuta il governo inglese nella lettura dei dati dell’epidemia. “Se vogliamo vedere i numeri scendere, servono almeno chiusure localizzate, come è successo nella città di Leicester. Capisco che un lockdown generale porterebbe il paese al collasso, ma senza misure forti si rischia di finire lo stesso”.

 

Randa Ghazy, giornalista italiana che vive a Londra, racconta che la sensazione è che Johnson non abbia un piano: “Non segue quello che dicono gli scienziati, come hanno confermato le parole del Sage. Certo, a differenza di questa primavera, sa che deve fare qualcosa, ma teme per l’economia. Siamo senza direzione”. Alla titubanza del primo ministro si aggiunge il cortocircuito del sistema sanitario privatizzato. “Nelle settimane passate, ci si è avvicinati al livello di saturazione per quanto riguarda i test. C’è stato un momento in cui qualcosa si è inceppato sia nel pubblico sia nel privato e si sono creati ritardi nell’analisi dei tamponi. Questi ritardi non danno una visione effettiva della situazione che potrebbe essere peggiore di quello che vediamo oggi”, dice Pellis. In questo caos di tamponi, i numeri non si vedono aumentare in tempo reale e si ha l’impressione che salgano più lentamente: “Questo crea una distorsione dell’andamento apparente dell’epidemia”.

 

Secondo Pellis, oltre alle misure restrittive, è fondamentale che vengano fatti più test, perché ancora oggi la domanda supera di troppo l’offerta. “Mi sconvolge che in questi mesi il governo non sia riuscito a mettere in piedi un sistema di test e tracciamento che funzioni”, continua Ghazy: “BoJo ha voluto esternalizzare tutto a una compagnia privata e creare ad hoc un nuovo procedimento che però non ha mai funzionato. Avrebbe potuto decentralizzare e dare la responsabilità alle strutture pubbliche, ma è troppo tardi”. Sir Keir Starmer, leader del Labour molto agguerrito nei confronti del premier e della sua gestione della pandemia, non si è fatto sfuggire l’occasione e ha indetto una conferenza stampa: “E’ allarmante che il primo ministro non dia ascolto alla scienza”.

PUBBLICITÁ
Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ