stabilità instabile
A Berlino è iniziato un processo contro l'impunità del Cremlino
Il russo accusato di aver ucciso il separatista ceceno, Zelimkhan Khangoshvili, e la battaglia di Angela Merkel per contrastare l’immobilismo internazionale
Roma. Quando in un parco a Berlino, a pochi passi dalla cancelleria, il 23 agosto del 2019, era stato ucciso Zelimkhan Khangoshvili, sembrava che la Germania non sapesse come agire. Sembrava che fosse più interessata a non fare rumore, a non sollevare nuovi casi internazionali con la Russia nel nome della stabilità. Ma più le indagini procedevano, più sembrava chiaro che l’omicidio di Khangoshvili, separatista ceceno con cittadinanza georgiana arrivato in Germania come richiedente asilo nel 2016, portasse dritto a Mosca. Era stato ucciso da un uomo in bicicletta con la parrucca e dopo poche ore il suo assassino era stato fermato. Il suo nome è Vadim Krasikov e mercoledì a Berlino è iniziato il processo contro di lui. L’obiettivo del procuratore federale Peter Frank non è soltanto quello di far incriminare Krasikov per l’omicidio di Khangoshvili: vuole anche dimostrare che nell’omicidio sono coinvolte le più alte cariche dello stato russo. L’iniziale distacco della Germania dal caso è cambiato con il tempo, soprattutto quando un’inchiesta condotta dalla Bild e da Bellingcat aveva dimostrato che Krasikov era stato arrestato in Russia nel 2014 per aver ucciso un uomo d’affari. Le prove contro di lui sembravano essere chiare, era l’unico sospettato, ma l’anno seguente il suo file era sparito dal database dell’archivio giudiziario e Krasikov aveva ripreso a muoversi liberamente per la Russia, la Crimea e l’Asia centrale. Secondo lo Spiegel, Krasikov avrebbe accettato un patto con lo stato russo: lavorare come sicario per Mosca in cambio della libertà. Dopo la pubblicazione di queste inchieste e dopo le indagini della polizia, la Germania aveva espulso due diplomatici russi. Uno dei due, Evgenij Sutskij, era un agente del Gru, l’intelligence militare russa, mandato a Berlino per o fare pressioni sulle decisioni del governo riguardo al Nord Stream 2, l’oleodotto per trasportare gas naturale dalla Russia alla Germania e che rappresenta un affare molto danaroso per Mosca.
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- Micol Flammini
Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.