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La paura dell'Italia sul Patto sui migranti

David Carretta

Il ministro dell'Interno tedesco spera di arrivare a un'intesa entro la fine dell'anno, ma sul nuovo Patto su migrazione e asilo i paesi del sud Europa frenano. Lamorgese è prudente: "Non possiamo accogliere tutti i rifugiati". Il vecchio nodo dei diritti umani

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L'entusiasmo per un rapido accordo sul nuovo Patto su migrazione e asilo si è raffreddato rapidamente, dopo che nella prima riunione dei ministri dell'Interno dell'Unione Europea per discutere della proposta della Commissione è emersa la grande paura dei paesi del Mediterraneo di trasformarsi in grandi campi stile Moria. Nonostante l'ottimismo sulla possibilità di arrivare a un'intesa politica entro la fine dell'anno, Horst Seehofer ha ammesso che c'è un grande ostacolo sulla strada verso un accordo. Italia, Grecia, Malta, Cipro e Spagna “devono avere la certezza che non saranno lasciati soli con grossi numeri di rifugiati”, ha detto il ministro dell'Interno tedesco in una conferenza stampa.

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L'entusiasmo per un rapido accordo sul nuovo Patto su migrazione e asilo si è raffreddato rapidamente, dopo che nella prima riunione dei ministri dell'Interno dell'Unione Europea per discutere della proposta della Commissione è emersa la grande paura dei paesi del Mediterraneo di trasformarsi in grandi campi stile Moria. Nonostante l'ottimismo sulla possibilità di arrivare a un'intesa politica entro la fine dell'anno, Horst Seehofer ha ammesso che c'è un grande ostacolo sulla strada verso un accordo. Italia, Grecia, Malta, Cipro e Spagna “devono avere la certezza che non saranno lasciati soli con grossi numeri di rifugiati”, ha detto il ministro dell'Interno tedesco in una conferenza stampa.

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Perché tra procedure e zona di frontiera, e mancanza di accordi con i paesi di origine, il vero rischio della proposta della Commissione è che i paesi in prima linea si ritrovino con “grandi campi con migranti che non possono essere rimpatriati e non possono avere accesso all'asilo”, ha spiegato Seehofer. “Dobbiamo fare in modo che il Patto sia efficace nella pratica” per evitare che “questi cinque paesi siano costretti a raccogliere tutti i rifugiati e a tenerli”. Secondo il ministro tedesco, “la situazione a Lesbos (una delle isole greche dove vengono tenuti i richiedenti asilo che arrivano dalla Turchia in attesa di sapere se possono ottenere asilo o essere rimpatriati, ndr) dimostra che dobbiamo essere molto cauti quando si tratta delle dimensioni dei centri e la velocità delle procedure”.

 

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Il nuovo Patto su migrazione e asilo in parte è ispirato al modello “hotspot” adottato in Grecia dopo l'accordo Ue-Turchia del marzo 2016. I migranti che sbarcano sul territorio europeo dovrebbero essere rapidamente smistati: quelli che appartengono a nazionalità con poca probabilità di ottenere l'asilo dovrebbero essere tenuti in “zone di frontiera”, possibilmente chiuse, dove hanno ancora il diritto di chiedere la protezione internazionale, anche se si cercherà di spingerli al rimpatrio volontario o obbligatorio. Secondo i calcoli della Commissione, in questa categoria rientrano circa il 70 per cento dei migranti che arrivano nell'Ue. In Italia potrebbero essere molti di più, dato che gran parte di chi sbarca proviene da paesi come la Tunisia o il Bangladesh. Il meccanismo della solidarietà obbligatoria non permetterebbe di svuotare rapidamente le “zone di frontiera”.

 

Gli altri stati membri sarebbero chiamati a scegliere tra i ricollocamenti dei richiedenti asilo (che non rientrano nelle “zone di frontiera”), i rimpatri sponsorizzati (difficili da fare senza accordi con i paesi terzi) o altre forme di sostegno (finanziario o logistico). Ma il gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia) è contrario all'idea della Commissione di obbligarli ad accogliere i migranti dei rimpatri sponsorizzati se non si riesce a rimandarli nel paese di origine entro otto mesi. Dall'altra parte le parole del ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, mostrano la prudenza e le perplessità dell'Italia. “Siamo all'inizio di un lungo percorso e di un negoziato assai complesso che, da parte dell'Italia, non può prescindere da un chiaro superamento del principio di responsabilità dello stato membro di primo ingresso", ha detto Lamorgese, chiedendo di riconoscere la “specificità” dei paesi con frontiera esterna marittima.

 

Al termine della riunione di ieri Seehofer si è detto “ottimista” perché tutti gli stati membri “ritengono che una nuova partenza sia indispensabile” sulla questione migranti. Ma ha anche riconosciuto che “i punti di vista non sono sempre gli stessi” tra i 27. L'obiettivo della presidenza tedesca è “arrivare a un accordo politico entro la fine dell'anno sulle parti essenziali del Patto”. Tuttavia l'approccio è “tappa per tappa” e toccherà alla presidenza portoghese nel secondo semestre del 2021 lavorare sugli “atti legislativi”, ha detto Seehofer. Le prossime riunioni sono state programmate per novembre e dicembre, se possibile con la presenza fisica dei ministri e non in videoconferenza, perché servono incontri in formato ridotto per trovare dei compromessi. Ma “può essere che su uno o due punti debba intervenire il Consiglio europeo (i capi di Stato e di governo, ndr) per risolvere i problemi”, ha spiegato Seehofer. La quadra, secondo il ministro tedesco, si trova rafforzando i rimpatri.

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Due terzi delle persone che arrivano non beneficeranno di una protezione in seno all'Ue. È logico rimpatriarle il più rapidamente possibile nel loro paese di origine. Se questo principio può essere messo in opera rapidamente, avremo due terzi di richieste di asilo in meno”, ha spiegato Seehofer: “Credo che sia nell'interesse di tutti gli stati membri di ridurre le domande di asilo. Questo permetterà di meglio ripartire la solidarietà”, mentre “i cinque stati che sono sulla linea del fronte hanno il vantaggio di avere meno migranti da loro”, ha detto Seehofer. In vista della riunione dei ministri dell'Interno, un gruppo di 400 ong ha lanciato un appello “Mai più Moria”, sostenendo che il nuovo Patto su migrazione e asilo è incentrato sulle stesse politiche “che hanno portato agli incendi". “È una proposta equilibrata”, ha risposto la commissaria agli Affari interni, Ylva Johansson: “se criticano la proposta perché non rispetta i diritti umani, si sbagliano”.

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