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Sanzioni sì, sanzioni no

La Pax Mediterranea di Macron scommette sulle casse vuote di Erdogan

Quanto è dura per il sultano mostrare i muscoli all'estero se in patria non hai più una lira

Luca Gambardella

La crisi tra Francia e Turchia continua, ma il rinvio del Consiglio europeo potrebbe essere un'opportunità per rilanciare la diplomazia

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Il pericoloso balletto diplomatico tra Francia e Turchia nel Mediterraneo orientale, in vista del Consiglio europeo del 1° ottobre, potrebbe prendere una svolta decisiva. Le provocazioni reciproche durano da diversi mesi: prima c’è stata la ripresa delle esplorazioni energetiche dei turchi nelle acque greche e cipriote, poi le provocazioni in mare aperto con le navi militari francesi, quindi la minaccia europea di sanzioni e infine la aperture al dialogo. In attesa del prossimo capitolo, sia Parigi sia Ankara sembrano usare la stessa tattica, quella di alternare manovre e parole bellicose a toni più concilianti: in ballo c’è quella che Emmanuel Macron ha definito “Pax Mediterranea”, i cui equilibri precari sono messi in pericolo dal sultano turco Recep Tayyip Erdogan.

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Il pericoloso balletto diplomatico tra Francia e Turchia nel Mediterraneo orientale, in vista del Consiglio europeo del 1° ottobre, potrebbe prendere una svolta decisiva. Le provocazioni reciproche durano da diversi mesi: prima c’è stata la ripresa delle esplorazioni energetiche dei turchi nelle acque greche e cipriote, poi le provocazioni in mare aperto con le navi militari francesi, quindi la minaccia europea di sanzioni e infine la aperture al dialogo. In attesa del prossimo capitolo, sia Parigi sia Ankara sembrano usare la stessa tattica, quella di alternare manovre e parole bellicose a toni più concilianti: in ballo c’è quella che Emmanuel Macron ha definito “Pax Mediterranea”, i cui equilibri precari sono messi in pericolo dal sultano turco Recep Tayyip Erdogan.

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Ora, la quarantena imposta al presidente dell’Ue Charles Michel che ha costretto a posticipare di una settimana il vertice dei capi di stato e di governo che era previsto inizialmente il 23 e il 24 settembre, potrebbe essere una manna per riprendere il filo del dialogo fra Ankara e Parigi. Non sarà semplice. “E’ chiaro che oggi la Turchia non è più un partner nella regione”, aveva detto Macron lo scorso 10 settembre in un discorso molto duro tenuto ad Ajaccio. Due giorni dopo, Erdogan aveva risposto con un messaggio trasmesso in tv: “Non prenda in giro il popolo turco. Non prenda in giro la Turchia”. Macron è un “arrogante” “neocolonialista”, aveva rincarato il ministero degli Esteri di Ankara, per criticare la richiesta francese di imporre sanzioni europee alla Turchia.

 

Spinto da Macron, l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Josep Borrell, ha messo sul tavolo la questione delle sanzioni. A Bruxelles gli stati membri avevano già avviato le trattative – tutt’altro che semplici – per arrivare a un voto unanime, come previsto in caso di misure restrittive da imporre a paesi terzi. Ma come si è visto al Consiglio degli Affari esteri dello scorso 21 settembre, quando Cipro si è rifiutato di votare a favore delle sanzioni alla Bielorussia se prima non fossero state discusse quelle alla Turchia, la partita è più ampia di quanto Macron immaginasse.

 

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Ed ecco il secondo giro di valzer. Sabato scorso, Macron ha scritto un tweet in turco che invitava Erdogan a “riaprire un dialogo responsabile e in buona fede”. Martedì, poco dopo la notizia che il vertice europeo sarebbe stato posticipato, sono ripresi i contatti e i due leader hanno avuto una lunga telefonata. Ma sempre con l’intento di mantenere alta la tensione, lo stesso giorno Macron è intervenuto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite e ha ricordato a tutti che nella ripresa delle trattative ci sono comunque “princìpi non negoziabili”: “Siamo pronti a dialogare per la costruzione di un’essenziale Pax Mediterranea, ma non al costo dell’intimidazione, né seguendo la legge del più forte, bensì nel rispetto del diritto internazionale e del rispetto tra alleati”.

 

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E’ la seconda volta in pochi giorni che Macron parla di “Pax mediterranea”. Prima ancora l’aveva fatto al vertice di Ajaccio dell’EuroMed7 – il gruppo informale dell’Ue che include i sette membri affacciati sul Mediterraneo, Francia, Italia, Cipro, Grecia, Malta, Portogallo e Spagna – proprio per rivendicare la necessità di un’Europa unita contro la Turchia. E’ un gioco di ammiccamenti e pugni sbattuti sul tavolo in cui la posta in gioco è la difesa delle rispettive sfere di influenza nella regione, dall’Egeo al Libano, dalla Siria all’Egitto fino alla Libia. Ma se c’è una ragione per cui Erdogan non dovrebbe tirare troppo la corda con i suoi toni nazionalistici, questa ragione sono proprio le sanzioni europee, che potrebbero dare il colpo di grazia all’economia turca. La pandemia ha aggravato la svalutazione della lira, che ha raggiunto livelli record rispetto al dollaro e all’euro e ha aumentato l’inflazione. Una situazione che stona con la retorica della Blue Homeland – quella delle rivendicazioni patriottiche turche nel Mediterraneo orientale – e con gli sforzi bellici in Libia: la Turchia ha bisogno di negoziare con i suoi creditori all’estero e difficilmente costruisci un impero se ti servono 8 lire per comprare un dollaro, se il tuo pil crolla del 25 per cento in un anno e se i più maliziosi invocano il ricorso al Fondo monetario internazionale. Per questo a Bruxelles ci si aspetta che Erdogan torni al tavolo a trattare con Macron. “La Turchia è sola, la Francia no”, ha semplificato giorni fa il Figaro.

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