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Israele chiusa in casa

Lo stato ebraico è al sedicesimo posto nel mondo per casi di Covid-19 ogni milione di abitanti

Beatrice Guarrera

Nella Gerusalemme di nuovo in lockdown, è vietato tutto tranne manifestare (contro Bibi). Il ministero della Salute con i suoi esperti discuterà martedì l’ipotesi di nuove restrizioniIl ministero della Salute discuterà martedì l’ipotesi di nuove restrizioni

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Strade deserte, macchine della polizia appostate e finestre illuminate, a indicare la presenza della gente nelle case: in Israele i giorni di Rosh Hashana, la festa del capodanno ebraico, si sono chiusi con un insolito silenzio. Un silenzio determinato dal secondo lockdown del paese, iniziato venerdì scorso per frenare l’impennata di contagi da Covid-19. Israele è il primo paese al mondo ad adottare nuovamente questo provvedimento drastico per contenere la pandemia, anche se la decisione è stata frutto di lunghe discussioni e ripensamenti.

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Strade deserte, macchine della polizia appostate e finestre illuminate, a indicare la presenza della gente nelle case: in Israele i giorni di Rosh Hashana, la festa del capodanno ebraico, si sono chiusi con un insolito silenzio. Un silenzio determinato dal secondo lockdown del paese, iniziato venerdì scorso per frenare l’impennata di contagi da Covid-19. Israele è il primo paese al mondo ad adottare nuovamente questo provvedimento drastico per contenere la pandemia, anche se la decisione è stata frutto di lunghe discussioni e ripensamenti.

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Soltanto due settimane fa il governo aveva approvato un coprifuoco notturno che imponeva la chiusura di quaranta quartieri e città considerate “rosse” per numeri di contagi. Davanti a migliaia di nuovi casi di Covid-19 ogni giorno e all’avvicinarsi delle feste ebraiche, momento di riunioni familiari, è arrivata poi la decisione di portare Israele a un nuovo lockdown. Dall’inizio della pandemia i deceduti in Israele sono arrivati a oltre 1.200 e i casi registrati hanno superato quota 188 mila, con un picco giornaliero di 6.063 nuovi infetti il 16 settembre. Sono dati allarmanti, che hanno fatto salire il paese al sedicesimo posto nel mondo per casi di Covid-19 ogni milione di abitanti, secondo quanto dichiarato dal Coronavirus National Information and Knowledge Center, un istituto supervisionato dall’esercito israeliano.

  

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Secondo le disposizioni delle autorità, per tre settimane i cittadini israeliani non potranno allontanarsi dalle proprie case per una distanza superiore a un chilometro, se non per comprovate motivazioni di necessità. Tra queste l’acquisto di cibo o beni essenziali, la necessità di raggiungere il luogo di lavoro o di recarsi in luoghi di culto (non più di venti persone in spazi aperti e non oltre dieci al chiuso). Le disposizioni del lockdown vietano, inoltre, raduni nelle case private e di frequentare spiagge e parchi pubblici, ma non la partecipazione a manifestazioni di protesta.

 

Proprio la possibilità di manifestare risulta controversa, perché, pur essendo consentita dalla legge, potrebbe diventare una fonte di contagio. Venerdì, a poche ore dallo scoccare del secondo lockdown infatti, hanno fatto discutere le immagini di decine di manifestanti che, fuori dalla casa del primo ministro Benjamin Netanyahu a Gerusalemme celebravano la cena del Capodanno ebraico seduti attorno a un lungo tavolo, senza distanza di sicurezza e senza mascherine. Sabato altri manifestanti si sono radunati sulla spiaggia di Tel Aviv per una azione di protesta contro il premier.

 

Domenica sempre a Gerusalemme nel quartiere Rehavia, sotto casa di Netanyahu, erano presenti come ogni settimana migliaia di manifestanti alle proteste contro di lui, definito “Crime Minister”. Mentre si rischia una multa se ci si allontana da casa senza un valido motivo, i checkpoint che collegano Israele con i Territori Palestinesi (che non hanno adottato nessun lockdown) risultano aperti, anche se con maggiori controlli. Rimarranno chiusi invece scuole, bar, ristoranti e negozi non essenziali.

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Nel frattempo gli ospedali Shaare Zedek Medical Center di Gerusalemme e Assuta Medical Center di Ashdod hanno annunciato lunedì che non potranno più accogliere ulteriori pazienti affetti da coronavirus, essendo ormai sovraccarichi. “Vi chiedo di trattare questa situazione come una situazione di emergenza per il sistema sanitario” ha detto lunedì in una lettera agli ospedali del paese il direttore generale del ministero della Salute Chezy Levy. Levy ha chiesto alle strutture sanitarie di sospendere gli interventi chirurgici non urgenti, di dedicare tutte le risorse disponibili per rispondere alla pandemia e di formare nuovo personale per il lavoro nei reparti Covid-19. “Prevediamo di terminare i prossimi 10 giorni con un aumento di 200-300 pazienti gravi”, ha scritto Levy.

  

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Il ministero della Salute con i suoi esperti discuterà martedì l’ipotesi di nuove restrizioni, se i numeri dei contagiati non dovessero scendere nei prossimi giorni. Si parla di una chiusura delle sinagoghe, di introdurre limitazioni alle manifestazioni e di una chiusura del settore privato, ad eccezione dei lavoratori essenziali. Le restrizioni aggiuntive dovrebbero entrare in vigore la settimana prossima, dopo lo festa dello Yom Kippur.

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