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TikTok Sdeng

L’America banna TikTok e manda Pompeo in Italia per il dossier Cina

Daniele Ranieri

L'Amministrazione Trump accelera la campagna anticinese, colpisce due app che hanno decine di milioni di utenti negli Stati Uniti e spedisce il segretario di Stato in Italia il 30 settembre per parlare della posizione del governo, che è il più esposto verso Pechino, e della questione 5G che da noi è ancora legata all'azienda cinese Huawei 

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Mercoledì 30 settembre il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, sarà a Roma per parlare con il governo italiano – ma prima sarà ricevuto in Vaticano – e secondo una fonte diplomatica del Foglio l’argomento centrale dei colloqui in programma sono i rapporti con la Cina. L’Amministrazione Trump è nel mezzo di una campagna molto forte contro il governo cinese, l’Italia è il paese dell’Europa che più si è esposto con la Cina e c’è la questione del 5G (l’infrastruttura per i collegamenti internet ultraveloci, che l’azienda cinese Huawei si offre di costruire nel nostro paese grazie alle sue conoscenze avanzate) che ancora non è stata risolta in modo soddisfacente dal punto di vista degli Stati Uniti – il governo italiano ha dato molte rassicurazioni, ma per l’Amministrazione Trump non bastano, è un problema di sicurezza molto sentito. La visita in Italia fa parte di una campagna agguerrita dell’Amministrazione contro la Cina, che ieri ha prodotto un’ingiunzione molto dura: da domenica notte le app WeChat e TikTok – entrambe cinesi – non potranno essere più aggiornate sul territorio americano. Per la Casa Bianca è una questione di sicurezza nazionale, sostengono che le due app raccolgono dati di cittadini americani e li passano al governo cinese – perché l’assunto di partenza, alquanto corretto, è che tutte le aziende cinesi fanno quello che vuole il governo della Cina. C’è da considerare che siamo vicini alle elezioni presidenziali e l’Amministrazione vuole apparire più dura che mai con la Cina, perché uno degli argomenti d’attacco dei trumpiani contro lo sfidante Joe Biden è che il democratico sarebbe troppo moscio con la minaccia cinese. Ma la preoccupazione per la sicurezza degli americani non è campata per aria. A luglio un programmatore intervistato dal sito Bored Panda aveva smontato TikTok – per essere precisi aveva analizzato e riscritto tutta la app per capire come funzionava – e aveva concluso che in pratica la sua funzione principale è quella di registrare la quantità maggiore di dati degli utenti più che essere un social network. Se si pensa che cento milioni di americani hanno scaricato TikTok sui loro telefoni e che diciannove milioni lo usano regolarmente, si vede che un problema c’è. 

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Mercoledì 30 settembre il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, sarà a Roma per parlare con il governo italiano – ma prima sarà ricevuto in Vaticano – e secondo una fonte diplomatica del Foglio l’argomento centrale dei colloqui in programma sono i rapporti con la Cina. L’Amministrazione Trump è nel mezzo di una campagna molto forte contro il governo cinese, l’Italia è il paese dell’Europa che più si è esposto con la Cina e c’è la questione del 5G (l’infrastruttura per i collegamenti internet ultraveloci, che l’azienda cinese Huawei si offre di costruire nel nostro paese grazie alle sue conoscenze avanzate) che ancora non è stata risolta in modo soddisfacente dal punto di vista degli Stati Uniti – il governo italiano ha dato molte rassicurazioni, ma per l’Amministrazione Trump non bastano, è un problema di sicurezza molto sentito. La visita in Italia fa parte di una campagna agguerrita dell’Amministrazione contro la Cina, che ieri ha prodotto un’ingiunzione molto dura: da domenica notte le app WeChat e TikTok – entrambe cinesi – non potranno essere più aggiornate sul territorio americano. Per la Casa Bianca è una questione di sicurezza nazionale, sostengono che le due app raccolgono dati di cittadini americani e li passano al governo cinese – perché l’assunto di partenza, alquanto corretto, è che tutte le aziende cinesi fanno quello che vuole il governo della Cina. C’è da considerare che siamo vicini alle elezioni presidenziali e l’Amministrazione vuole apparire più dura che mai con la Cina, perché uno degli argomenti d’attacco dei trumpiani contro lo sfidante Joe Biden è che il democratico sarebbe troppo moscio con la minaccia cinese. Ma la preoccupazione per la sicurezza degli americani non è campata per aria. A luglio un programmatore intervistato dal sito Bored Panda aveva smontato TikTok – per essere precisi aveva analizzato e riscritto tutta la app per capire come funzionava – e aveva concluso che in pratica la sua funzione principale è quella di registrare la quantità maggiore di dati degli utenti più che essere un social network. Se si pensa che cento milioni di americani hanno scaricato TikTok sui loro telefoni e che diciannove milioni lo usano regolarmente, si vede che un problema c’è. 


In teoria il divieto che scatta da domenica notte impedisce gli aggiornamenti e quindi le due app diventeranno progressivamente obsolete. In pratica l’Amministrazione ha fissato un secondo limite molto prima, al 12 novembre, ed entro quella data se non ci sarà un accordo le due app dovranno smettere di funzionare negli Stati Uniti. L’accordo in questione è l’acquisto di TikTok da parte di un’azienda americana, la Oracle, che garantirebbe all’Amministrazione la fine del problema di sicurezza con i dati dei cittadini e salverebbe la app. Più che Tik Tok, la notizia è la sospensione di WeChat, l’app che un miliardo di cinesi usa come sistema di pagamento elettronico, oltre che essere un condensato di Whatsapp e Facebook. Ci sono milioni di cinesi che vivono negli Stati Uniti e di americani che hanno rapporti con la Cina, sarà un problema tecnico enorme. 


Questa decisione da parte dell’Amministrazione Trump ha un significato che va molto oltre il bando di un paio di app, per quanto di successo, e annuncia un nuovo giorno nel quale il progressivo avvicinarsi tra il potere cinese e il resto del mondo è ufficialmente una fantasia ingenua. La Cina non è più un possibile partner tecnologico che partecipa al mercato mondiale, ma una fonte di problemi da bloccare e da circondare con una rete di sorveglianza. 

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