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La nuova relazione tra Ue e Xi Jinping

David Carretta

Gli europei non hanno più tabù nei rapporti con Pechino (tranne Taiwan). La videoconferenza “senza illusioni”

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Bruxelles. L’Europa sta imparando che usare le maniere forti con la Cina può produrre risultati, dopo che ieri Xi Jinping ha accettato di dare impulso politico a un accordo sugli investimenti con l’Ue. Ma la riunione virtuale con Angela Merkel, Charles Michel e Ursula von der Leyen prefigura soprattutto un cambio di paradigma nella politica europea sulla Cina. “Bisogna cooperare, ma senza farsi illusioni: è necessario farsi ispirare dal principio di realtà”, ha detto Merkel. La videoconferenza con Xi Jinping è stato il succedaneo di un vertice fisico, che avrebbe dovuto tenersi a Lipsia con tutti i capi di stato e di governo dell’Ue: una grande messa sotto la bandiera della presidenza tedesca, per celebrare le relazioni tra Ue e Cina, rivali strategici sui valori, ma partner per difendere il multilateralismo e rigettare le guerre commerciali. La primavera del 2020 ha costretto Merkel a cambiare i suoi piani. Il summit Ue-Cina di Lipsia è stato cancellato, ufficialmente per ragioni sanitarie, in realtà per i molti contenziosi che si sono aperti dall’inizio dell’anno: la mancanza di trasparenza sul Covid-19, la repressione e la legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong, i campi di internamento per un milione di uiguri nello Xinjiang, la “Wolf diplomacy” nelle capitali Ue, la guerra di propaganda e disinformazione online. La riunione è stata dunque declassata da “summit” a “incontro in videoconferenza tra leader”. Ed è stata preceduta da dichiarazioni e toni molto più fermi da parte dei leader dell’Ue. In giugno, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, aveva minacciato “conseguenze serie” su Hong Kong e aveva gettato un’ombra sulla possibilità di concludere un accordo sugli investimenti perché Pechino non era disponibile a concessioni serie. “I progressi implicano cooperazione da parte di entrambi, implicano reciprocità e implicano fiducia”, aveva detto von der Leyen dopo una videoconferenza con il premier, Li Keqiang. L’estate sembra aver portato consiglio a Pechino, almeno sull’accordo degli investimenti, che dovrebbe permettere alle imprese europee di avere un maggior accesso e di godere di maggiore protezione nell’immenso mercato cinese. Negli ultimi tre mesi l’Ue ha registrato dei progressi su tre temi su cui la Cina frenava: disciplina per le imprese statali, regole sul trasferimento forzato di tecnologia e trasparenza sui sussidi pubblici. Questo è “importante”, ma “resta molto da fare su altri capitoli rilevanti dell’accordo, in particolare su due aree: l’accesso al mercato e lo sviluppo sostenibile”, ha detto ieri von der Leyen. Per concludere l’accordo sugli investimenti l’Ue si aspetta che la Cina rimuova altre barriere ai mercati. L’obiettivo non è più (solo) la reciprocità e la parità di condizioni, ma “riequilibrare un’asimmetria”, ha spiegato von der Leyen: “La Cina deve convincerci che vale la pena avere un accordo sugli investimenti”.

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Bruxelles. L’Europa sta imparando che usare le maniere forti con la Cina può produrre risultati, dopo che ieri Xi Jinping ha accettato di dare impulso politico a un accordo sugli investimenti con l’Ue. Ma la riunione virtuale con Angela Merkel, Charles Michel e Ursula von der Leyen prefigura soprattutto un cambio di paradigma nella politica europea sulla Cina. “Bisogna cooperare, ma senza farsi illusioni: è necessario farsi ispirare dal principio di realtà”, ha detto Merkel. La videoconferenza con Xi Jinping è stato il succedaneo di un vertice fisico, che avrebbe dovuto tenersi a Lipsia con tutti i capi di stato e di governo dell’Ue: una grande messa sotto la bandiera della presidenza tedesca, per celebrare le relazioni tra Ue e Cina, rivali strategici sui valori, ma partner per difendere il multilateralismo e rigettare le guerre commerciali. La primavera del 2020 ha costretto Merkel a cambiare i suoi piani. Il summit Ue-Cina di Lipsia è stato cancellato, ufficialmente per ragioni sanitarie, in realtà per i molti contenziosi che si sono aperti dall’inizio dell’anno: la mancanza di trasparenza sul Covid-19, la repressione e la legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong, i campi di internamento per un milione di uiguri nello Xinjiang, la “Wolf diplomacy” nelle capitali Ue, la guerra di propaganda e disinformazione online. La riunione è stata dunque declassata da “summit” a “incontro in videoconferenza tra leader”. Ed è stata preceduta da dichiarazioni e toni molto più fermi da parte dei leader dell’Ue. In giugno, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, aveva minacciato “conseguenze serie” su Hong Kong e aveva gettato un’ombra sulla possibilità di concludere un accordo sugli investimenti perché Pechino non era disponibile a concessioni serie. “I progressi implicano cooperazione da parte di entrambi, implicano reciprocità e implicano fiducia”, aveva detto von der Leyen dopo una videoconferenza con il premier, Li Keqiang. L’estate sembra aver portato consiglio a Pechino, almeno sull’accordo degli investimenti, che dovrebbe permettere alle imprese europee di avere un maggior accesso e di godere di maggiore protezione nell’immenso mercato cinese. Negli ultimi tre mesi l’Ue ha registrato dei progressi su tre temi su cui la Cina frenava: disciplina per le imprese statali, regole sul trasferimento forzato di tecnologia e trasparenza sui sussidi pubblici. Questo è “importante”, ma “resta molto da fare su altri capitoli rilevanti dell’accordo, in particolare su due aree: l’accesso al mercato e lo sviluppo sostenibile”, ha detto ieri von der Leyen. Per concludere l’accordo sugli investimenti l’Ue si aspetta che la Cina rimuova altre barriere ai mercati. L’obiettivo non è più (solo) la reciprocità e la parità di condizioni, ma “riequilibrare un’asimmetria”, ha spiegato von der Leyen: “La Cina deve convincerci che vale la pena avere un accordo sugli investimenti”.

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Fino a un passato recente l’Ue usava i guanti di velluto, convinta che la Cina fosse più un’opportunità che una minaccia economica e geopolitica. Ma “negli ultimi 15 anni la Cina è cambiata. Ha conosciuto una crescita economica eccezionale. Da qui le esigenze di reciprocità e parità di trattamento”, ha spiegato Merkel: “15 anni fa la Cina era un paese in via di sviluppo”, ma “oggi è un paese ad alta tecnologia e un concorrente”. Il “principio di realtà” che ispira la cancelliera prevede “un catalogo allargato di questioni su cui negoziare” e altre questioni “su cui le nostre divergenze sono conosciute” perché “indissociabili dai nostri sistemi politici diversi”. Ieri i tre leader europei hanno messo sul tavolo di Xi la situazione in Tibet e nello Xinjiang, strappando l’impegno a permettere a diplomatici europei visite nelle due province. Pechino ha accettato anche un dialogo di alto livello su sicurezza e standard etici nel digitale. A parte Taiwan, non sembrano esserci più questioni tabù per l’Ue nel dialogo diretto con la Cina. Durante la videoconferenza Merkel, von der Leyen e Michel hanno chiesto a Xi una “moratoria” sulle nuove centrali a carbone per rispettare l’accordo di Parigi sul clima. Sulla sovraccapacità produttiva nei settori dell’acciaio, dell’alluminio e dell’high tech “non ci sono passi avanti concreti” e “questo deve cambiare”, ha detto von der Leyen. Su Hong Kong i tre leader hanno ribadito che la legge sulla sicurezza nazionale è “contraria agli impegni internazionali”. “Malgrado tutti i problemi, bisogna cercare di avanzare. A volte si avanza di millimetri”, ha riconosciuto Merkel. Il cambio di paradigma sulla Cina si inserisce nella mutazione genetica che l’Ue sta cercando di realizzare per diventare una potenza geopolitica. “L’Europa è un giocatore, non un campo di gioco”, ha detto Michel, riferendosi all’Ue come variabile delle relazioni tra Stati Uniti e Cina. La Germania, che è il principale partner commerciale dei cinesi, gioca un ruolo centrale in questa virata. L’ispiratore è Emmanuel Macron con la sua idea di “sovranità europea”. La svolta non è solo a parole, ma anche nei fatti. Nel corso dell’ultimo anno, l’Ue ha rafforzato le sue difese contro la Cina con decisioni, regolamenti, direttive e linee guida su dazi anti dumping, sicurezza delle reti 5G, monitoraggio degli investimenti stranieri, barriere alle imprese estere statali o sussidiate, autonomia nelle forniture di materie prime rare. Le aperture di Xi sull’accordo per gli investimenti dimostrano che mostrare i muscoli funziona. Resta da capire se i 27 riusciranno a mantenersi uniti dietro alla nuova politica più assertiva sulla Cina, oppure se Pechino riuscirà a sfruttare i rapporti privilegiati con alcuni stati membri. La prima verifica ci sarà al Consiglio europeo del 23 e 24 settembre, quando i capi di stato e di governo discuteranno se scegliere la via dell’indipendenza o della dipendenza dalla Cina.

 

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