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La nuova guerra con Pechino ci impone più risolutezza nel gestire i dati

Pasquale Annicchino

La diffusione di informazioni open source rischia di diventare un'arma nelle mani dei cinesi. Appunti per il futuro

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Roma. “Il tuo scopo primario deve essere quello di riuscire a prendere tutto sotto il cielo: così non dovrai mantenere le truppe di occupazione e i tuoi profitti saranno assoluti. Questa è la regola per la strategia dell’assedio”. Come in un eterno ciclo della politica e della vita, la linea dettata da Sun Tzu ne “L’arte della guerra” si ripropone ai nostri occhi con l’inchiesta del Foglio e il lavoro di Giulia Pompili. Chi detiene le informazioni detiene il potere, questo è e sarà sempre più vero, nell’era dei big data. L’attività di profilazione dei decisori politici, degli avversari, delle aziende concorrenti, delle minoranze che danno fastidio consente di anticipare le mosse e bruciare sul tempo gli avversari garantendo anche un importante risparmio di risorse.

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Roma. “Il tuo scopo primario deve essere quello di riuscire a prendere tutto sotto il cielo: così non dovrai mantenere le truppe di occupazione e i tuoi profitti saranno assoluti. Questa è la regola per la strategia dell’assedio”. Come in un eterno ciclo della politica e della vita, la linea dettata da Sun Tzu ne “L’arte della guerra” si ripropone ai nostri occhi con l’inchiesta del Foglio e il lavoro di Giulia Pompili. Chi detiene le informazioni detiene il potere, questo è e sarà sempre più vero, nell’era dei big data. L’attività di profilazione dei decisori politici, degli avversari, delle aziende concorrenti, delle minoranze che danno fastidio consente di anticipare le mosse e bruciare sul tempo gli avversari garantendo anche un importante risparmio di risorse.

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Il Foglio ha avuto modo di spiegare nei mesi scorsi come nella regione cinese dello Xinjiang, il governo cinese stia mettendo in opera una profilazione di massa della popolazione su base religiosa. Tale esperimento costituisce un perfetto laboratorio per le ambizioni mondiali del Partito comunista cinese, una possibilità imperdibile di sperimentare, ricalibrare e perfezionare un armamentario tecnologico e securitario dalle dimensioni non comuni. Come ha ben spiegato Simone Pieranni in “Red Mirror”: “Da alcuni anni Pechino ha trasformato quel territorio in un immenso laboratorio sociale che – secondo alcuni studiosi – sconfina ormai nell’esperimento totalitario puro e semplice. La regione è la più sorvegliata del paese; in ogni zona delle città sorgono posti di polizia: telecamere ovunque, territorio militarizzato e talvolta chiuso all’esterno”.

 

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Che fare dunque? Ci si potrebbe limitare a scandalizzarsi per la profilazione operata da Pechino, se non fosse che la raccolta d’informazioni da parte dei servizi di sicurezza esiste dalla notte dei tempi. Sumeri, assiri, babilonesi avevano le loro barbe finte che raccoglievano informazioni su avversari politici e concorrenti. Se alle grida scandalistiche sostituiamo invece un tentativo di approccio razionale, sono almeno due i profili che meritano attenzione. Innanzitutto bisogna chiedersi se i governi occidentali ed europei potranno competere con la capacità cinese di operare nelle attività di open source intelligence (Osint) e, più in generale, nel favorire la nascita e lo sviluppo di aziende tecnologiche.

 

 

Come ha dimostrato un recente rapporto dell’European Council on Foreign Relations (Ecfr), “Europe’s Digital Sovereignty: From Rulemaker to Superpower in the Age of Us-China Rivalry”, l’Unione europea ha avuto negli ultimi anni un ruolo importante nella creazione e nella diffusione di norme a tutela dei dati. Lo stesso successo non è purtroppo riscontrabile nella creazione di grandi imprese tecnologiche. Del resto, come scrivono gli autori del rapporto dell’Ecfr, “gli arbitri non vincono mai la partita”.

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La creazione di database sempre più ampi e lo sviluppo di sempre più raffinate tecnologie di machine learning costituiranno un volano di competitività fondamentale nell’economia dei dati. Alcune scelte europee probabilmente andranno riviste: ad esempio, perché rendiamo pubbliche la gran parte delle ricerche finanziate con fondi europei consegnandole così a governi e a imprese straniere che non hanno contribuito a finanziarle? Questo è davvero nell’interesse dei cittadini europei?

 

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Come si vede, nel campo dell’Osint i problemi non riguardano solo la gestione dei dati personali. I dati non personali sono, allo stesso modo, profondamente rilevanti e determinanti per lo sviluppo economico. La gestione dei dati personali resta tuttavia al centro di uno scontro di civiltà che vede il modello cinese fondato sulla sorveglianza per la pianificazione come irricevibile nella tradizione culturale e giuridica occidentale, la quale non vede negli individui dei meri oggetti utili a raggiungere scopi decisi dallo stato o dal Partito. L’occidente, e l’Europa in particolare, saranno chiamati a battersi per la tutela degli individui come persone portatrici di un valore intrinseco non subordinato agli interessi di entità collettive.

 

È lungo questo crinale di civiltà che si giocherà lo scontro geopolitico e tecnologico del prossimo futuro. La Cina, come rivela anche quest’ultima inchiesta, ha già da tempo scelto da che parte stare. Per tradizione, scelta e valori da difendere mi pare che dovremmo stare dall’altra, non in maniera ideologica, ma cercando di comprendere come valorizzare i dati a nostra disposizione. Ad esempio per una sanità digitale a vantaggio di tutti, consci del fatto che è nell’interesse di tutti l’adozione di soluzioni digitali che garantiscano la necessaria protezione dei dati personali.

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