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Una pandemia piena di idee

Micol Flammini

Il tennis, i progetti, la rigenerazione e la compressione del tempo. La scrittrice americana Pamela Druckerman ci racconta come è stata cambiata dall'emergenza e perché dobbiamo tutti imparare a essere flessibili

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Appena finito l’isolamento, Pamela Druckerman ha sentito un desiderio fortissimo di girare per Parigi in bicicletta. Lei è una scrittrice americana, ma vive in Francia, dove ha trascorso i mesi della pandemia. In bicicletta si è resa conto che sì, Parigi è bellissima, ma per girare sulle due ruote c’è bisogno di tutto un altro modo di vestirsi: scarpe diverse gonne diverse e anche il deodorante nella borsetta. L’esperienza per Parigi in bicicletta, la Druckerman, l’ha raccontata in un lungo articolo per 1843 dell’Economist. I suoi racconti post lockdown sono pieni di voglia di vivere, di muoversi, di felicità per il riabituarsi al proprio corpo e agli spazi, eppure al telefono, mentre si prepara per partire da Parigi, dice al Foglio: “Io non volevo che il deconfinement finisse, ero molto felice nella mia piccola caverna con la mia famiglia, sapendo dove erano tutti. Era come se da un lato tu fossi imprigionato. Ma, dall’altro, avevi un controllo totale sul tuo ambiente. E specialmente con i bambini, visto che normalmente non ce l'hai ”. Pamela Druckerman è una delle voci da ascoltare, nel caso in cui dovessimo tutti prepararci per una seconda ondata, perché il suo isolamento lo ha riempito di progetti, uno su tutti Pandemonium U: dei corsi online per bambini e adulti, su qualsiasi argomento e aperti a chiunque voglia partecipare. Le lezioni sono in inglese e riprenderanno venerdì, dopo la pausa estiva. “All'inizio è partito tutto come un’idea per bambini. Abbiamo pensato – lei e suo marito Simon Kuper, editorialista del Financial Times – conosciamo molte persone intelligenti, persone che hanno scritto libri, specialisti in diversi campi, e se solo riuscissimo a convincere ciascuno di loro a parlare per un'ora? I nostri figli non vanno a scuola, potremmo semplicemente mettere tutti i nostri amici e i bambini su Zoom”. Poi i bambini hanno ricominciato ad andare a scuola, almeno virtualmente, ma rimanevano tutti quegli adulti così pieni di tempo libero e di curiosità. E così Pandemonium è diventato anche un progetto per adulti: “Pur non potendoci muovere, abbiamo creato l’opportunità di incontrare scrittori, di farci raccontare i loro libri e anche per loro è stata un’occasione”. Pandemonium si sta espandendo, sta diventando un progetto sempre più grande con altre organizzazioni, come  l'Alliance Francaise, la biblioteca americana a Parigi e la libreria Shakespeare and company, che vogliono dare il loro contributo. “E’ una bella collezione di organizzazioni e di persone, e adesso pianifichiamo un nuovo semestre. Basta fare clic su Zoom e chiunque può unirsi”. 

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Appena finito l’isolamento, Pamela Druckerman ha sentito un desiderio fortissimo di girare per Parigi in bicicletta. Lei è una scrittrice americana, ma vive in Francia, dove ha trascorso i mesi della pandemia. In bicicletta si è resa conto che sì, Parigi è bellissima, ma per girare sulle due ruote c’è bisogno di tutto un altro modo di vestirsi: scarpe diverse gonne diverse e anche il deodorante nella borsetta. L’esperienza per Parigi in bicicletta, la Druckerman, l’ha raccontata in un lungo articolo per 1843 dell’Economist. I suoi racconti post lockdown sono pieni di voglia di vivere, di muoversi, di felicità per il riabituarsi al proprio corpo e agli spazi, eppure al telefono, mentre si prepara per partire da Parigi, dice al Foglio: “Io non volevo che il deconfinement finisse, ero molto felice nella mia piccola caverna con la mia famiglia, sapendo dove erano tutti. Era come se da un lato tu fossi imprigionato. Ma, dall’altro, avevi un controllo totale sul tuo ambiente. E specialmente con i bambini, visto che normalmente non ce l'hai ”. Pamela Druckerman è una delle voci da ascoltare, nel caso in cui dovessimo tutti prepararci per una seconda ondata, perché il suo isolamento lo ha riempito di progetti, uno su tutti Pandemonium U: dei corsi online per bambini e adulti, su qualsiasi argomento e aperti a chiunque voglia partecipare. Le lezioni sono in inglese e riprenderanno venerdì, dopo la pausa estiva. “All'inizio è partito tutto come un’idea per bambini. Abbiamo pensato – lei e suo marito Simon Kuper, editorialista del Financial Times – conosciamo molte persone intelligenti, persone che hanno scritto libri, specialisti in diversi campi, e se solo riuscissimo a convincere ciascuno di loro a parlare per un'ora? I nostri figli non vanno a scuola, potremmo semplicemente mettere tutti i nostri amici e i bambini su Zoom”. Poi i bambini hanno ricominciato ad andare a scuola, almeno virtualmente, ma rimanevano tutti quegli adulti così pieni di tempo libero e di curiosità. E così Pandemonium è diventato anche un progetto per adulti: “Pur non potendoci muovere, abbiamo creato l’opportunità di incontrare scrittori, di farci raccontare i loro libri e anche per loro è stata un’occasione”. Pandemonium si sta espandendo, sta diventando un progetto sempre più grande con altre organizzazioni, come  l'Alliance Francaise, la biblioteca americana a Parigi e la libreria Shakespeare and company, che vogliono dare il loro contributo. “E’ una bella collezione di organizzazioni e di persone, e adesso pianifichiamo un nuovo semestre. Basta fare clic su Zoom e chiunque può unirsi”. 

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L’isolamento per la Druckerman è stato anche il racconto di un rigenerazione, di una scoperta, di una rinascita. Non c’è il senso di costrizione nelle sue parole, ma la voglia e l'entusiasmo per una ricerca costante. Un modo di vivere l’isolamento che si sente poco raccontare. Ammette che il motivo sta tutto nella sua improduttività. Difficile crederle leggendo i suoi libri – a febbraio uscirà un suo nuovo libro per bambini –  e i suoi articoli, spiando un po’ la sua biografia, ma lei insiste: “Potrei sprecare mesi a pensare che voglio fare una cosa e poi non farla mai”. Sostiene di aver trovato un modo per cambiare se stessa durante l’emergenza. “Forse c’è stato qualcosa nell’intensità, nella compressione del tempo e dello spazio nella pandemia che mi ha costretto finalmente ad agire”. Per molte persone non è stato così, si sentono tanti racconti sull’insonnia, la difficoltà di distinguere le ore di lavoro dalle ore senza lavoro, ma la Druckerman assicura che per lei è stata tutta una questione di prospettiva: “Vedere le cose in un modo nuovo, usare diversi muscoli o parti della tua personalità che normalmente non usi. C'era qualcosa nell'urgenza di quel momento che ha fatto sì che io non stessi seduta a pensare, ma mi ha spinta a dire dovrei iniziare una scuola online su Zoom. L'abbiamo appena fatto, in cinque minuti”. 

Questi progetti vanno avanti anche nella nuova normalità, che non ha nulla di normale – a Parigi girano tutti in mascherina, il concetto di distanza e di spazio sono cambiati – ma che richiede a tutti un grande sforzo di adattamento, una forte capacità a mutare, quando serve. Adattarsi, in continuazione, a prospettive sempre diverse. “Le cose stanno cambiando così velocemente. Penso che la nuova normalità sia imparare a convivere con l’incertezza, essere estremamente flessibili. Abbiamo affrontato questo virus, di cui non conoscevamo le caratteristiche e abbiamo dovuto basare tutte le politiche di difesa proprio su una comprensione sempre mutevole. Quello che pensavamo di sapere un mese fa, oggi non è più vero. Quindi credo che questa sia più di ogni altra cosa la nuova normalità: l’incertezza e il bisogno di flessibilità”. 

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Durante l’estate, un’estate che in Francia è stata quasi normale, Pamela Druckerman ha deciso di partecipare a un corso intensivo di tennis. Un fine settimana lungo, nel sud della Francia. Ne ha scritto un articolo sul New York Times, in cui racconta che il tennis le ha insegnato tanto e tanto ha insegnato anche al suo corpo e alla sua mente, indeboliti dopo i mesi di chiusura. Racconta che è stato uno shock culturale, ma che sui campi si possono imparare tante cose, come che nel tennis c’è quasi un contagio di rabbia. E’ questo che è successo a Novak Djoković, espulso dagli US Open, proprio per un contagio di rabbia. “C’è così tanta emozione nel tennis, alle persone piace perché sei solo in campo, è come se tutti si arrabbiassero con loro stessi”. Inizi a giocare e inizi una battaglia contro te stesso e questo, per Pamela Druckerman, è un po’ come la scrittura, “sei solo davanti al computer e alla tua scrivania. Penso che Djoković sia stato sfortunato, è stato un incidente, e mi ha fatto pensare alla mia esperienza”. Nel suo fine settimana alla riscoperta del proprio corpo e della propria mente, Pamela Druckerman ne ha vista molta di gente arrabbiarsi. “Quando ero sul campo da tennis ho visto professionisti arrabbiarsi contro loro stessi e urlarsi addosso, ho visto fare la stessa cosa a un bambino di cinque anni, era bravo ma anche lui gridava contro se stesso. E’ come se ci fosse una tradizione nel tennis: un continuo monologo”. 

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