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Chi viene dopo Abe

Giulia Pompili

Nella corsa per diventare premier giapponese spunta l’outsider: Yoshihide Suga, l’uomo delle fragole. Trono di spade a Tokyo

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E’ una dote particolarmente apprezzata in un politico, saper centrare il bersaglio. Negli obiettivi, nella retorica, nei duelli con gli avversari. Taro Aso, settantanove anni, ha fatto parte della nazionale giapponese di tiro a segno, tanto che nel 1976 ha partecipato ai Giochi olimpici di Montreal. E qualche giorno fa, per l’ennesima volta, è stato indicato come uno dei candidati alla successione del primo ministro Shinzo Abe, che si è dimesso la scorsa settimana a sorpresa, dopo che la colite ulcerosa cronica è tornata a rendergli impossibile il lavoro di capo del governo. E’ tornata, perché già nel 2007, dopo una breve esperienza da primo ministro, Abe era stato costretto alle dimissioni. Il Nikkei Asian Review, uno dei magazine più autorevoli della regione asiatica, questa settimana ha un titolo eloquente sulla sua copertina: “La fine di un’èra”. Perché il governo di Shinzo Abe è stato il più lungo della storia moderna giapponese. Abe ha restituito alla terza economia del mondo stabilità politica, ha tentato alcune riforme, ed è stato un abile diplomatico. E’ un falco conservatore, si porta dietro un’eredità politica ingombrante (suo padre, Shintaro Abe, ex ministro degli Esteri, ma soprattutto suo nonno, Nobusuke Kishi, uno degli uomini più importanti del Giappone imperiale e del conflitto con l’America), non ha raggiunto tutti gli obiettivi che si era prefissato ma c’è una cosa su cui sono tutti d’accordo: Abe ha cambiato la politica di Tokyo, ed è una delle figure più importanti della storia asiatica contemporanea. 

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E’ una dote particolarmente apprezzata in un politico, saper centrare il bersaglio. Negli obiettivi, nella retorica, nei duelli con gli avversari. Taro Aso, settantanove anni, ha fatto parte della nazionale giapponese di tiro a segno, tanto che nel 1976 ha partecipato ai Giochi olimpici di Montreal. E qualche giorno fa, per l’ennesima volta, è stato indicato come uno dei candidati alla successione del primo ministro Shinzo Abe, che si è dimesso la scorsa settimana a sorpresa, dopo che la colite ulcerosa cronica è tornata a rendergli impossibile il lavoro di capo del governo. E’ tornata, perché già nel 2007, dopo una breve esperienza da primo ministro, Abe era stato costretto alle dimissioni. Il Nikkei Asian Review, uno dei magazine più autorevoli della regione asiatica, questa settimana ha un titolo eloquente sulla sua copertina: “La fine di un’èra”. Perché il governo di Shinzo Abe è stato il più lungo della storia moderna giapponese. Abe ha restituito alla terza economia del mondo stabilità politica, ha tentato alcune riforme, ed è stato un abile diplomatico. E’ un falco conservatore, si porta dietro un’eredità politica ingombrante (suo padre, Shintaro Abe, ex ministro degli Esteri, ma soprattutto suo nonno, Nobusuke Kishi, uno degli uomini più importanti del Giappone imperiale e del conflitto con l’America), non ha raggiunto tutti gli obiettivi che si era prefissato ma c’è una cosa su cui sono tutti d’accordo: Abe ha cambiato la politica di Tokyo, ed è una delle figure più importanti della storia asiatica contemporanea. 

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Eppure, in questi quasi otto anni di governo, non è riuscito a trovarsi un successore. La politica giapponese è spietata, feudale, e nonostante questo Abe è stato uno dei pochissimi in grado di tenere insieme per lungo tempo tutte le anime della maggioranza di governo: il Partito liberal democratico, diviso in diverse correnti, e i suoi alleati più piccoli ma importanti, come il partito Komeito. Con le sue dimissioni, avvenute prima di costruire un leader politico che portasse avanti le sue riforme, Abe ha dato il via a una guerra in stile Trono di spade. Chi guiderà il Partito liberal democratico? Chi sarà il prossimo primo ministro del Giappone?


Abe ha restituito alla terza economia del mondo stabilità politica, ha tentato alcune riforme, ed è stato un abile diplomatico


 

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L’uomo col fucile, Taro Aso, ci prova già da parecchio, ma ha fallito anche stavolta. E’ stato anche lui primo ministro tra il 2008 e il 2009, quando i governi a Tokyo cambiavano con una frequenza inquietante. Sin dall’inizio, nel 2012, è stato uno degli uomini chiave del gabinetto di Shinzo Abe: ministro delle Finanze, vice primo ministro, ministro per la Deflazione – insomma, Taro Aso è l’uomo dei soldi. Un politico che vive dentro al Partito liberal democratico sin dagli anni Ottanta, parte integrante dell’establishment e funzionario di altissimo livello. E’ un personaggio con caratteristiche anomale per essere un politico giapponese: è molto attento alla moda e soprattutto alla sua collezione di cappelli – pare che a ogni missione in Italia non manchi mai una visita alla boutique di Borsalino – in uno stile che in Giappone definiscono da gangster (e potete immaginare il numero di meme sui social che periodicamente ispira). A frenare la sua corsa verso la poltrona più alta del governo probabilmente sono stati due fattori. Il primo è che è vecchio, perfino per il paese più vecchio del mondo che però ha capito quanto conti correre, svecchiare le idee, promuovere il riformismo. Il secondo problema di Taro Aso (che è anche la sua benedizione, perché gli ha dato grande popolarità all’estero) sono le gaffe. Certo, dato il numero sconfinato di episodi e l’articolazione delle espressioni, non si dovrebbe parlare nemmeno di gaffe, ma di idee – politiche – fin troppo colorite. Per fare qualche esempio: sul problema del debito pubblico e della spesa pensionistica, una volta Aso disse: la soluzione è che i vecchi si spiccino a morire; sul problema della bassissima natalità del Giappone, un’altra volta disse: il problema sono le donne.

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Sulla revisione della Costituzione giapponese (una riforma molto cara ai conservatori che vorrebbero cambiare l’articolo 9 che dal Dopoguerra impedisce al Giappone di avere un esercito regolare) Aso ha detto che sarebbe opportuno “imparare dai nazisti”. Salvo poi, qualche tempo dopo, dire che il Giappone dovrebbe diventare la terra promessa dei ricchi ebrei. Ogni tanto ne spara una più grossa della precedente: una volta per spiegare all’uditorio qualcosa di facile ha detto che “pure un malato di Alzheimer lo capirebbe”. Poi si è scusato. Più di recente, per giustificare l’iniziale bassissimo livello di contagi di Covid del Giappone, ha argomentato parlando della superiorità “razziale” del popolo giapponese. Raccontando alla Dieta nazionale di una riunione con i ministri del G7 che si era svolta a fine febbraio, Aso ha riportato un episodio che probabilmente non è mai avvenuto: per spiegare il ritardo europeo nel contenimento del virus ha detto che il rappresentante italiano della riunione (non ha specificato chi) avrebbe parlato di una specie di “febbre gialla”, che quindi avrebbe colpito solo gli asiatici.

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La campagna elettorale per le mini-primarie inizia l’8 settembre, e Suga avrà solo due sfidanti: l’ex ministro e l’ex segretario


 

In questi tempi strani, con un presidente americano che cinguetta fake news e insulti, non sarebbe poi così tanto fuori posto un primo ministro della terza economia del mondo come Taro Aso. Ma negli ultimi giorni il Partito liberal democratico sembra diretto verso un’altra scelta.

 

Mentre si svolge nei palazzi il massacrante tour de force di negoziati con coltello tra i denti, a emergere come nome più che probabile è sempre di più un vecchio decano della politica giapponese, Yoshihide Suga. La conferma arriverà il 14 settembre, dopo il voto dei membri del partito (limitato, questa volta, ai parlamentari e ai voti dei rappresentati delle 47 prefetture giapponesi), ma secondo gli osservatori e la stampa l’accordo c’è già. Quello per un primo ministro e leader senza troppo personalismo, che traghetti il partito verso la scadenza naturale del mandato di Abe, tra un anno esatto. Settantuno anni, capo di gabinetto da otto di Shinzo Abe, Suga è il vero braccio destro del primo ministro, l’uomo che ha orchestrato una serie di successi del governo, scegliendo le persone giuste e mettendole al posto giusto. E’ considerato un lavoratore infaticabile, affidabile, è il membro del governo che va davanti alle telecamere quando ci sono le crisi oppure si deve mandare un messaggio alla nazione (il capo di gabinetto a Tokyo ha anche il ruolo di portavoce).


A frenare la corsa di Taro Aso verso la poltrona più importante del governo due fattori: è un gaffeur, ed è troppo vecchio


 

La sua faccia è entrata nella storia il primo aprile dello scorso anno, quando ha svelato al mondo il nome che era stato assegnato alla nuova èra giapponese, dopo che l’imperatore Akihito aveva annunciato di voler lasciare anzitempo il suo ruolo. Ma Suga non è un protagonista, ed è forse questo il suo problema: i due primi ministri che hanno retto di più, in Giappone, sono quelli che sono emersi anche in popolarità. Junichiro Koizumi, che è rimasto in carica dal 26 aprile 2001 al 26 settembre 2006, e Shinzo Abe non sono solo il frutto di manovre di palazzo, ma hanno bucato lo schermo, hanno avuto il carisma per farlo. Suga, al contrario, è un burocrate che ha lavorato sempre dietro le quinte fino al 2012, quando Shinzo Abe lo ha chiamato per fare il suo numero due. Fino ad allora, la sua fortuna se l’era costruita da solo: terzo di quattro figli, in origine il destino di Yoshihide Suga era quello di portare avanti la produzione di fragole di famiglia. Ma dopo il liceo aveva preso un treno per Tokyo, pagandosi l’università con dei lavoretti, ed era arrivato a fare l’assistente parlamentare. Al di là della storia personale, il dubbio è che un uomo così defilato difficilmente potrà sostenere la leadership del partito a lungo.

 

Sul Wall Street Journal, Miho Inada e Peter Landers lo raccontano così: “Durante la sua prima campagna elettorale, Yoshihide Suga era un candidato poco conosciuto che veniva da un remoto villaggio nel nord del Giappone e che cercava di entrare nel consiglio comunale di una megalopoli come Yokohama. ‘Ho iniziato da zero, senza legami familiari o legami con il luogo’, ha detto. Quello che aveva era l’ostinazione. Dopo aver visitato 30.000 case consumando sei paia di scarpe, come ha ricordato un collega, Suga vinse il seggio. Più di trent’anni dopo, il figlio di un coltivatore di fragole e di un insegnante è pronto a diventare primo ministro del Giappone, alla guida della terza economia mondiale”. Tutti gli uomini politici nel Sol levante vengono da una famiglia di politici: è una questione ereditaria, ma anche di feudi elettorali da tramandare di padre in figlio. Suga è una delle pochissime eccezioni. Non ha cognomi importanti da mostrare e non si è mai fatto notare per il suo “potente eloquio”: “Nella sua cittadina”, Yuzawa, nella prefettura di Akita, “da giovane era stato un buon lottatore di sumo ma non mostrava la sua forza, ed era sempre attento a non far male all’avversario quando lo sollevava sul ring”, scrive sempre il Wall Street Journal intervistando un suo vecchio amico, Hirofumi Fujiwara, che ha 74 anni, un ristorante di noodle e vive ancora sulla strada dove abitava anche Suga quando erano bambini. Oltre al sumo, Suga giocava a baseball, come tutti i ragazzini giapponesi degli anni Cinquanta e Sessanta. Come nel sumo, anche in politica Suga ha sempre smentito chi lo pungolava sull’ambizione di diventare primo ministro, un giorno. In questo caso è possibile che il Partito gli abbia chiesto di fare da traghettatore, e cercare di completare i dossier più importanti rimasti sulla scrivania di Abe. Da un lato c’è la pandemia da gestire, dall’altro la minaccia nordcoreana, l’accordo di pace con la Russia per i territori contesi del nord, e poi il problema dell’economia. La campagna elettorale per le mini-primarie inizia l’8 settembre, e a seguire i pettegolezzi che pubblicano i giornali giapponesi verosimilmente Suga avrà solo due sfidanti, espressione delle altre due anime dei conservatori.


Suga è un burocrate infallibile, ma ha i suoi limiti: non è carismatico, non buca lo schermo. Per questo tutti lo voteranno 


 

C’è Fumio Kishida, 63 anni, che è stato ministro degli Esteri con Abe per quasi cinque anni e ora è il capo del Centro di ricerca del Partito liberal democratico (un ruolo da funzionario che serve un po’ come scuola per poi lanciarsi verso la leadership). Kishida è considerato periodicamente il vero delfino di Shinzo Abe, tranne aver fallito negli ultimi giorni la prova di fedeltà. Tanto che, riportava il Japan Times, è possibile che il gangster-style Taro Aso abbia ordinato ai membri della sua corrente di spostare i propri voti verso il suo rivale più diretto, Suga. Dall’altra parte, da battere, c’è l’ex segretario generale del partito, Shigeru Ishiba, anche lui di 63 anni, che rappresenta invece l’opposizione interna ai falchi conservatori rappresentati da Abe, che però secondo i calcoli già fatti dai giornali sembra non avere i numeri. Anche Taro Kono, attuale ministro della Difesa ed ex ministro degli Esteri, un outsider molto apprezzato anche all’estero – gli americani avrebbero di sicuro appoggiato la sua candidatura – ha detto che voterà per Yoshihide Suga. Rispetto a una scheggia impazzita e imprevedibile come Taro Aso, Suga è la scelta migliore anche per Shinzo Abe: è un uomo fedele, scrive l’agenzia Jiji, e se diventasse davvero il primo ministro vorrebbe dire che Abe avrebbe ancora una enorme influenza all’interno del governo. Insomma, la fine di un’èra, ma non del tutto.

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