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La crisi nel Mediterraneo

L’Ue propone un nuovo Patto sui migranti con un “approccio globale”

David Carretta

Non solo relocation. Rivedere il trattato di Dublino e una riforma per aiutare i paesi di primo ingresso come Italia e Malta

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Il fine settimana di caos nel Mediterraneo centrale, con la crisi a Lampedusa e con centinaia di migranti lasciati su navi commerciali e delle ong, ha spinto la Commissione europea a indurire i toni con Italia e Malta sull’obbligo di far sbarcare i naufraghi “rapidamente”.

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Il fine settimana di caos nel Mediterraneo centrale, con la crisi a Lampedusa e con centinaia di migranti lasciati su navi commerciali e delle ong, ha spinto la Commissione europea a indurire i toni con Italia e Malta sull’obbligo di far sbarcare i naufraghi “rapidamente”.

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Ma nelle prossime settimane Roma e La Valletta dovrebbero ricevere un aiuto dall’esecutivo europeo, quando metterà sul tavolo la proposta di un nuovo “Patto su migrazione e asilo” per cercare di sbloccare il dibattito sulla riforma di Dublino, introducendo più solidarietà tra stati membri e un approccio “globale” alla politica migratoria.

 

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“Seguiamo la situazione nel Mediterraneo centrale molto da vicino. Una volta soccorse, le persone devono essere sbarcate rapidamente per assicurare la loro sicurezza e quella delle imbarcazioni e degli equipaggi”, ha detto un portavoce della Commissione. La Sea Watch 4 si trova in alto mare con 353 migranti a bordo, alcuni dei quali da oltre dieci giorni, dopo averne accolti 150 dalla Louise Michel.

 

Venerdì l’imbarcazione finanziata da Banksy si era ritrovata in emergenza, sovraccarica con 219 migranti, prima che la Guardia costiera italiana procedesse al trasbordo di 49 ritenuti più vulnerabili. Nel frattempo la petroliera Maersk Etienne continua a vagare con 27 migranti soccorsi il 5 agosto. Le richieste delle tra navi di avere un porto sicuro sono cadute nel vuoto. “Chiediamo con urgenza agli stati membri di lavorare insieme”, ha detto il portavoce europeo, sottolineando che la Commissione è pronta “a coordinare e facilitare soluzioni di relocation dopo lo sbarco”.

 

La relocation è la ridistribuzione di richiedenti asilo, diventata il principale oggetto del contendere quando gli stati membri discutono di riforma di Dublino. Introdotte nel 2015 nel pieno della crisi dei migranti per allentare la pressione su Italia e Grecia (ma forzando la mano dei paesi dell’est), le relocation oggi non sono più obbligatorie, ma vengono effettuate da un parte di un gruppo di paesi volenterosi.

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Il 23 settembre del 2019, al vertice di La Valletta, i ministri dell’Interno di Italia, Malta, Germania e Francia avevano firmato una dichiarazione promettendo un meccanismo automatico di relocation volontarie. Quasi un anno dopo – tra difficoltà ed emergenza Covid-19 – la svolta di La Valletta non c’è stata.

 

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Italia e Malta sono in aperto conflitto sui salvataggi, si rimbalzano le responsabilità ogni volta che c’è un’imbarcazione in difficoltà: i maltesi aiutano i barchini a dirigersi verso Lampedusa; gli italiani rifiutano di intervenire nell’enorme zona Sar maltese. Malta ha chiesto di attivare la relocation per la Maersk Etienne, ma nessuno si è mosso per la Sea Watch 4 e la Louise Michel. La Commissione si sta convincendo che Italia e Malta hanno una strategia deliberata, ma contraria ai loro obblighi internazionali: lasciare i migranti in mare per scoraggiare le partenze. Inoltre, i numeri non sono da crisi. “Gli sbarchi sono un decimo rispetto al periodo 2015-17”, spiega una fonte europea.

 

Il Patto su migrazione e asilo dovrebbe permettere di uscire da conflitti e paralisi. La Commissione vorrebbe riformare Dublino introducendo più solidarietà per i paesi di primo ingresso come Italia e Malta, mettendo l’accento anche su rimpatri e frontiere esterne per convincere i paesi dell’est ostili alle relocation. La parola d’ordine è approccio “globale”, con un ruolo più forte per l’Ue nelle relazioni con i paesi terzi, nei rimpatri e nella gestione delle frontiere.

 

La Commissione vuole evitare che le relocation diventino l’unico tema di dibattito. Ma trovare un consenso a 27 sulla ridistribuzione dei migranti appare impossibile. La Commissione ha già rinviato due volte – a marzo e giugno – la proposta di patto per le divergenze tra i governi. Prima dell’estate, in un documento riservato, i paesi di Visegrád e i Baltici avevano escluso il “ricollocamento obbligatorio di richiedenti asilo e migranti in qualsiasi forma”. In un contesto di crescenti tensioni, non è escluso che la proposta del “Patto” sia nuovamente rinviata.

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