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La Global Britain non decolla. Pochi accordi internazionali

Gregorio Sorgi

Al di là di quanto speravano i brexiteer, l'ostilità dell'amministrazione Trump ha ostacolato il raggiungimento di intese commerciali. Mentre col Giappone le trattative si sono arenate a causa di un formaggio

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Londra. Lo scorso febbraio, pochi giorni dopo l’uscita del Regno Unito dall’Ue, il premier Boris Johnson tenne un discorso a Greenwich per inaugurare una nuova era della politica commerciale britannica. Il primo ministro celebrò la ritrovata libertà della Gran Bretagna e promise che il suo paese sarebbe stato “promotore del libero commercio su scala globale”, con tanto di riferimenti a David Ricardo e Adam Smith. Per anni Johnson ha sostenuto che la Brexit fosse un progetto liberale per evadere dal presunto protezionismo dell’Ue e aprirsi al resto del mondo. Il premier ha nominato come ministro del Commercio con l’estero il falco liberista ed euroscettico Liz Truss, che condivide la sua stessa visione. Tuttavia, il governo sta avendo difficoltà a trasformare lo slogan Global Britain in qualcosa di concreto dato che i negoziati si stanno rivelando più duri del previsto.

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Londra. Lo scorso febbraio, pochi giorni dopo l’uscita del Regno Unito dall’Ue, il premier Boris Johnson tenne un discorso a Greenwich per inaugurare una nuova era della politica commerciale britannica. Il primo ministro celebrò la ritrovata libertà della Gran Bretagna e promise che il suo paese sarebbe stato “promotore del libero commercio su scala globale”, con tanto di riferimenti a David Ricardo e Adam Smith. Per anni Johnson ha sostenuto che la Brexit fosse un progetto liberale per evadere dal presunto protezionismo dell’Ue e aprirsi al resto del mondo. Il premier ha nominato come ministro del Commercio con l’estero il falco liberista ed euroscettico Liz Truss, che condivide la sua stessa visione. Tuttavia, il governo sta avendo difficoltà a trasformare lo slogan Global Britain in qualcosa di concreto dato che i negoziati si stanno rivelando più duri del previsto.

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I brexiteer hanno sempre sostenuto che sarebbe stato possibile trovare un accordo vantaggioso con gli Stati Uniti in tempi brevi. La strategia iniziale di Londra era quella di concludere un’intesa entro quest’estate per mostrare fin da subito i vantaggi della Brexit. Tuttavia, l’amministrazione americana si è dimostrata più ostile al compromesso di quanto non avessero sperato molti euroscettici filo trumpiani. Al termine del secondo round di negoziati a fine luglio, il rappresentante statunitense al commercio Robert Lighthizer ha detto che “bisogna ancora trovare un’intesa su alcuni temi fondamentali” e “il raggiungimento di un eventuale accordo non sarà una passeggiata”. Gli Stati Uniti vogliono liberalizzare l’accesso dei loro prodotti agricoli nel mercato britannico, e Lighthizer ha etichettato le norme rigide previste dalla Gran Bretagna in materia come un “protezionismo velato”. Vista l’importanza politica di questi temi, le trattative sono state sospese fino alle elezioni americane di novembre e non verranno concluse almeno prima della fine dell’anno. Anche il negoziato con la Nuova Zelanda, un’ex colonia appartenente all’organizzazione del Commonwealth che viene rimpianta da molti euroscettici britannici, si è rivelata ugualmente complicata. Il ministro degli Esteri e leader del partito nazionalista New Zealand First, Winston Peters, ha detto di “essere molto frustrato per l’esito delle trattative” che hanno avuto inizio a luglio ma non verranno concluse prima dell’anno prossimo. Usando un tono poco diplomatico, Peters si è lamentato che dopo essere stato vincolato dalla politica commerciale europea il Regno Unito non è più in grado di stipulare un accordo con un paese terzo. Tuttavia, secondo il docente della City University David Collins, la tabella di marcia del governo è in linea con le aspettative considerando le difficoltà derivanti dal Covid. “La Gran Bretagna ha già concluso accordi commerciali con alcuni paesi terzi tra cui Norvegia, Islanda, Svizzera, Israele e Corea del Sud – spiega al Foglio Collins – Quanto ai negoziati con l’Ue, abbiamo sempre saputo che sarebbe stata raggiunta un’intesa all’ultimo minuto”.

 

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Nelle ultime settimane la trattativa con il Giappone, che è in una fase molto avanzata, si è arenata su una questione di principio. I due governi hanno già trovato un’intesa sullo scambio di dati e servizi finanziari ma, poco prima di finalizzare l’accordo, Liz Truss ha preteso di abolire i dazi sul formaggio inglese Stilton, le cui esportazioni in Giappone valgono appena 102 mila sterline l’anno. Questa singolare richiesta è una vecchia ossessione di Truss. Nella conferenza dei Tory del 2014, l’allora ministro dell’Ambiente aveva fatto discutere per la promessa di volere azzerare il deficit commerciale britannico nel campo dei latticini. Tuttavia, la ragione più importante è che il trattato commerciale tra Ue e Giappone prevede di eliminare le imposte sui formaggi entro il 2033. La Truss spera di ottenere delle condizioni migliori da subito per mostrare che Global Britain non è solamente uno slogan.

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