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Su Navalny e Bielorussia la Merkel tiene viva e sveglia la politica estera Ue

Micol Flammini

La forza dell'Unione in questo momento sta nel tenere i suoi occhi ben aperti sulla scena globale

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Roma. In queste ultime settimane la Germania ha ottenuto dei risultati importanti in politica estera. Ha dimostrato che non è vero che l’Unione europea non conta, che è importante far vedere che Bruxelles, Berlino, Parigi (e ci piacerebbe dire anche Roma, ma la voce di Roma non si è sentita) sono attenti, sorvegliano, vigilano, controllano e pretendono. La cancelliera tedesca Angela Merkel lunedì ha chiesto che la Russia conduca delle indagini accurate e trasparenti sull’avvelenamento di Alexei Navalny, l’attivista russo è stato trasportato all’ospedale Charité di Berlino, e sulla Russia pendono domande importanti. La Merkel tra tutti è la leader che più sa gestire il presidente russo, non serve illudersi, le indagini trasparenti che la cancelliera chiede a Putin probabilmente non arriveranno mai, ma intanto, grazie alla vigilanza di Berlino, una delle figure più in vista dell’opposizione russa è salva e una verità importante da conoscere è venuta fuori: è stato avvelenato. Non si sa quali saranno i danni alla salute dell’attivista, potrebbero anche essere a lungo termine, ma se il Cremlino ha acconsentito a lasciarlo partire, nonostante le resistenze dei medici dell’ospedale di Omsk dove era ricoverato, è stato perché la Germania guardava, sorvegliava. Gli occhi della Germania, che assieme alla Francia è la nazione che si è spesa di più per salvare la vita dell’attivista, non erano pronti a distrarsi, erano puntati sulla Siberia e se Navalny fosse morto per mancanza di cure adeguate questo sarebbe accaduto sotto lo sguardo della comunità internazionale. L’attivista ripete spesso che al Cremlino la sua morte farebbe molto male, figurarsi una morte sotto gli occhi di tutti.

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Roma. In queste ultime settimane la Germania ha ottenuto dei risultati importanti in politica estera. Ha dimostrato che non è vero che l’Unione europea non conta, che è importante far vedere che Bruxelles, Berlino, Parigi (e ci piacerebbe dire anche Roma, ma la voce di Roma non si è sentita) sono attenti, sorvegliano, vigilano, controllano e pretendono. La cancelliera tedesca Angela Merkel lunedì ha chiesto che la Russia conduca delle indagini accurate e trasparenti sull’avvelenamento di Alexei Navalny, l’attivista russo è stato trasportato all’ospedale Charité di Berlino, e sulla Russia pendono domande importanti. La Merkel tra tutti è la leader che più sa gestire il presidente russo, non serve illudersi, le indagini trasparenti che la cancelliera chiede a Putin probabilmente non arriveranno mai, ma intanto, grazie alla vigilanza di Berlino, una delle figure più in vista dell’opposizione russa è salva e una verità importante da conoscere è venuta fuori: è stato avvelenato. Non si sa quali saranno i danni alla salute dell’attivista, potrebbero anche essere a lungo termine, ma se il Cremlino ha acconsentito a lasciarlo partire, nonostante le resistenze dei medici dell’ospedale di Omsk dove era ricoverato, è stato perché la Germania guardava, sorvegliava. Gli occhi della Germania, che assieme alla Francia è la nazione che si è spesa di più per salvare la vita dell’attivista, non erano pronti a distrarsi, erano puntati sulla Siberia e se Navalny fosse morto per mancanza di cure adeguate questo sarebbe accaduto sotto lo sguardo della comunità internazionale. L’attivista ripete spesso che al Cremlino la sua morte farebbe molto male, figurarsi una morte sotto gli occhi di tutti.

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L’altra questione internazionale per la quale la vigilanza dell’Unione europea è fondamentale sono le proteste in Bielorussia. Si protesta da inizio agosto contro il regime di Aljaksandr Lukashenka e se la violenza della repressione del dittatore è andata scemando è perché l’Unione è stata rapida a rispondere. Le nazioni che più si sono impegnate per la causa di Minsk sono state la Lituania, che ha offerto asilo alla leader dell’opposizione Svjatlana Tikhanovskaya, la Polonia, che è sempre molto attenta a ciò accade sul suo fianco orientale, e ovviamente la Germania. Berlino ha movimentato tutti, anche i russi. Prima attraverso il ministro degli Esteri Heiko Maas, poi con la telefonata della cancelliera Angela Merkel a Vladimir Putin. Lunedì alcuni membri del Consiglio nazionale formato dalla leader dell’opposizione sono stati arrestati, Lukashenka promette nuove repressioni, va in giro con il fucile, ma la verità è che sa di essere un sorvegliato speciale. La Russia vorrebbe sbarazzarsi di lui da tempo e se il dittatore aveva pensato di spostarsi a occidente, dopo le repressione delle proteste pacifiche e il rifiuto di tenere nuove elezioni, sa bene che non è più possibile. E’ solo. Che tutto si sia svolto sotto gli occhi dell’Unione europea ha impedito che le violenze si facessero più forti e, forse, anche che Mosca fornisse al dittatore l’aiuto militare richiesto. Ieri al Parlamento Ue è intervenuta Svjatlana Tikhanovskaya e il suo è stato il secondo messaggio agli europei. La leader dell’opposizione ha spiegato che la battaglia di Minsk non è geopolitica, non ha caratteristiche pro Ue o anti Ue, pro Mosca o anti Mosca. E’ una battaglia per la libertà, per la democrazia, per un cambiamento. L’Unione europea sta guardando con attenzione quel che accade ai suoi confini orientali e ha già detto che non riconosce il risultato delle elezioni, che Lukashenka pretende di aver vinto con l’80 per cento dei voti.

 

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E’ questo sguardo attento che sta risvegliando la politica estera europea. E’ questa vigilanza stretta che ha fatto sì che il Cremlino concedesse il trasferimento dell’oppositore Navalny a Berlino nonostante le tracce di veleno nel suo sangue e che ha permesso ai bielorussi di continuare a scendere in piazza contro il dittatore che si aggira per la capitale in elicottero e con il Kalashnikov in mano.

 

Il fatto che questa ultima fase politica della cancelliera Merkel sia tutta votata all’Europa sicuramente ha influito, ma la forza dell’Ue in questo momento sta proprio nei suoi occhi aperti. Anche Emmanuel Macron, da sempre sostenitore di un’Ue più assertiva sulla scena internazionale, sa che questa vigilanza, questo fiato sul collo sulla scena globale sono per il momento, soprattutto in assenza dell’America, la forza dell’Unione. Macron sta ripensando la sua posizione sulla Libia, ha invitato Serraj a Parigi e Serraj ha accettato. C’è movimento in Ue. C’è attenzione. Gli occhi ben aperti sono il primo passo, poi bisognerà imparare a guardare tutti dalla stessa parte.

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