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Perché per Putin è importante osservare Lukashenka

Micol Flammini

Le elezioni in Bielorussia sono un segnale per Mosca, che si specchia nella protesta di Minsk e attende

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Roma. La Bielorussia ha due bandiere. Una, rossa e verde, è quella ufficiale, eredità sovietica, riadottata da Aljaksandr Lukashenka quando è stato eletto per la prima volta presidente. L’altra, bianca e rossa, è invece la bandiera di un’idea di Bielorussia: libera da Lukashenka e indipendente. Il bianco e il rosso sono diventati i colori della protesta di domenica sera, scoppiata quando la televisione di stato e la commissione elettorale hanno annunciato che il presidente in carica, Lukashenka, aveva vinto ancora una volta le elezioni con un margine grandissimo: l’80 per cento contro il 9 della sua principale sfidante, Svjatlana Tikhanovskaja.

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Roma. La Bielorussia ha due bandiere. Una, rossa e verde, è quella ufficiale, eredità sovietica, riadottata da Aljaksandr Lukashenka quando è stato eletto per la prima volta presidente. L’altra, bianca e rossa, è invece la bandiera di un’idea di Bielorussia: libera da Lukashenka e indipendente. Il bianco e il rosso sono diventati i colori della protesta di domenica sera, scoppiata quando la televisione di stato e la commissione elettorale hanno annunciato che il presidente in carica, Lukashenka, aveva vinto ancora una volta le elezioni con un margine grandissimo: l’80 per cento contro il 9 della sua principale sfidante, Svjatlana Tikhanovskaja.

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AP Photo/Sergei Grits, via LaPresse


 

Gli elettori non hanno creduto a queste percentuali e sono scesi in piazza sventolando la loro nuova bandiera per le strade di Minsk, di Brest, di Vitebsk e di altre cittadine più piccole che sono state tutte chiuse dalle autorità. La Bielorussia si è trovata divisa in tante isole, senza internet e senza illuminazione, e se a Minsk la polizia eseguiva gli ordini di Lukashenka e si opponeva, con violenza, ai manifestanti, in altri posti ha deciso di passare dalla parte delle proteste. Un segnale terribile per il dittatore che dopo aver visto la rabbia degli elettori, e il disamore del popolo che governa da ventisei anni, sta assistendo anche ai pilastri del potere che iniziano a venire giù. Intanto Svjatlana Tikhanovskaja si è rifiutata di accettare il risultato – secondo il conteggio di alcuni seggi le percentuali sarebbero invertite – non è scesa in piazza con i manifestanti ma ha indetto per oggi un giorno di sciopero nazionale.

 

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Lukashenka è rimasto solo, senza un elettorato e senza appoggio internazionale, ma questo non vuol dire che la piazza abbia già vinto. La Russia, il partner di una vita osserva, non interviene, aspetta che la situazione sia più chiara per capire come muoversi e muoversi potrebbe non voler dire aiutare Lukashenka a tutti i costi. Vladimir Putin è stato tra i primi a congratularsi con il dittatore bielorusso. Assieme a lui pochi altri, Xi Jinping, Ramzan Kadyrov, Viktor Orbán. Ma fra tutti, il più interessato a quel che accade a Minsk è il presidente russo, non soltanto perché in Bielorussia ha degli interessi strategici, ma anche perché in Lukashenka vede se stesso o quello che potrebbe accadere in Russia. Putin come Lukashenka ha a che fare con un nuovo elettorato, più giovane e stanco dell’autocrate eterno al potere, e quello che accade a Minsk, alle sue orecchie suona come un avvertimento. Anche il Cremlino ha le sue proteste da gestire in queste settimane, sono nella Russia orientale, a Khabarovsk, e vanno ormai avanti da un mese. Mosca aspetta che i manifestanti, che protestano contro l’arresto del loro governatore, desistano. Anche Lukashenka, che oggi era in visita in un’azienda di biotecnologia, tranquillo e lontano dalle piazze in rivolta, aspetta che tutto passi. Il telegramma che Putin ha inviato per congratularsi era innanzitutto un messaggio di solidarietà tra autocrati. Il capo del Cremlino si rende conto che tutto sta cambiando e la calma Bielorussia, la nazione che è diventata indipendente per caso nel 1991 e in questi anni non ha avuto neppure la tentazione di una rivoluzione colorata, è diventata una variabile importante di questo cambiamento, trasformandosi in un ammonimento sia per lui sia per i russi, sempre più scontenti.

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Il ministero dell’Interno bielorusso ha detto che sono state arrestate circa tremila persone durante le proteste, le immagini mostrano diversi feriti tra i manifestanti e c’è chi parla anche di un manifestante ucciso dalla polizia. Il momento è importante, la nazione si è ritrovata improvvisamente unita da un desiderio comune di novità che tra qualche anno potrebbe diventare sempre più forte. Putin ha deciso di non schierarsi dalla parte di Lukashenka, non conviene, il presidente bielorusso, anche se rimarrà presidente, è sempre più debole e l’opposizione che sta venendo fuori a Minsk non è per forza nemica di Mosca. Più che l’Ucraina del 2014, queste proteste potrebbero ricordare l’Armenia del 2018. Anche allora gli armeni scesero in strada per mesi per chiedere le dimissioni del premier filorusso, Mosca non intervenne, rimase a osservare e decise di benedire il nuovo governo guidato dall’opposizione.

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