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Una brutta lezione. La difficile riapertura delle scuole americane. Contagi e nuove chiusure

Daniele Ranieri

Gli istituti cominciano a riaprire come vuole Trump, ma va male. Classi intere in quarantena

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Una settimana fa il vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, e il segretario all’Istruzione, Betsy DeVos, hanno fatto partire un applauso in classe alla Thales Academy, un consorzio che gestisce otto scuole private nella Carolina del nord: “Riaprire le scuole è il primo passo per riaprire l’America e la Thales Academy è alla testa di questa riapertura”, ha detto Pence.

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Una settimana fa il vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, e il segretario all’Istruzione, Betsy DeVos, hanno fatto partire un applauso in classe alla Thales Academy, un consorzio che gestisce otto scuole private nella Carolina del nord: “Riaprire le scuole è il primo passo per riaprire l’America e la Thales Academy è alla testa di questa riapertura”, ha detto Pence.

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Le scuole private non sono soggette alle decisioni e alle regole dettate dal governatore e quindi con le solite, molte cautele – controllo della temperatura, questionari compilati dagli studenti – hanno aperto prima di quelle statali. Lunedì una delle otto scuole ha chiuso a causa del Covid-19, perché insegnanti e ragazzi hanno scoperto di essere stati in contatto con uno studente positivo e quindi adesso sono in quarantena a casa.

 

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Negli stessi giorni è successo anche in una scuola pubblica a Corinth, nel Mississippi, che una settimana fa aveva riaperto dopo la pausa estiva per centinaia di studenti. Venerdì scorso un liceale è risultato positivo, all’inizio di questa settimana gli studenti positivi sono diventati sei più un bidello. Ora ci sono 116 studenti in quarantena a casa. E’ la natura stessa delle scuole, dove i contatti fra gli studenti sono inevitabili e di massa: non ci sono mezze misure, i numeri diventano subito alti, il normale funzionamento va per aria a grandi blocchi.

L’Amministrazione Trump insiste molto sul ritorno alla normalità nelle scuole, perché è il primo capitolo della riapertura del paese e deve funzionare e andare bene – soprattutto perché questi mesi portano alle elezioni presidenziali. 

 

Ha ignorato i malumori degli insegnanti e ha minacciato di togliere i fondi agli stati che rifiutano. Non è soltanto una questione politica: tutti tifano per una riapertura sicura delle scuole, perché vorrebbe dire che il paese intero si muove nella giusta direzione ed è in grado di controllare l’epidemia.

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Ieri il governatore dello stato di New York, Andrew Cuomo, ha detto che in autunno le scuole dello stato riapriranno perché i numeri dei nuovi contagi sono diventati molto bassi. Ma se la riapertura nelle ultime due settimane delle scuole nei primi stati che lo permettono è un test per tutto il paese, allora sta andando male.

 

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Nel Kansas sei amministratori scolastici hanno preso il Covid a un ritiro di tre giorni. In Georgia è stato vietato a 260 membri del personale di rientrare al lavoro nelle scuole perché sono positivi oppure sono stati esposti al virus. E c’è molto nervosismo. Un paio di liceali che avevano filmato le condizioni di scarsa sicurezza nella loro scuola sempre in Georgia – corridoi affollati di studenti, pochissime mascherine in giro – sono stati sospesi per punizione, anche se di fatto avevano ragione: le misure di sicurezza non ci sono.

Il rischio è che si ripeta quello che è successo in Israele, dove il 17 maggio il governo ha rimandato tutti gli studenti in classe perché il numero giornaliero dei contagi era diventato molto basso, da oltre settecento al giorno a meno di cento, e quindi si pensava che il pericolo fosse passato.

 

Alcune scuole si sono rivelate essere focolai, grazie al meccanismo moltiplicatore che è facile da capire: da una singola classe a tutta la scuola, dalla scuola alle singole famiglie. Il problema, per gli americani, è che da loro non si è nemmeno aspettato che la prima ondata scemasse prima di fare il tentativo. Molti altri governi guardano con interesse e apprensione.

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