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editoriali

La terza via europea contro Pechino

Redazione

Molto dialogo e poca concretezza da Bruxelles. A Hong Kong si sta sempre peggio

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L’altro ieri il Consiglio dell’Unione europea ha pubblicato le sue conclusioni su Hong Kong e sull’approvazione della legge sulla Sicurezza nazionale imposta da Pechino all’ex colonia inglese. Quasi un mese dopo la promulgazione della norma, che di fatto cancella l’autonomia di Hong Kong, il Consiglio dei ministri dell’Unione ha deciso alcune “risposte iniziali” contro la Cina: si “considereranno” le conseguenze della legge sui visti, i permessi di soggiorno e il diritto d’asilo; si faranno “ulteriori controlli e limitazioni” sulle esportazioni di tecnologia sensibile per uso finale a Hong Kong, “in particolare laddove vi siano motivi per sospettare un uso indesiderato in relazione alla repressione interna, all’intercettazione di comunicazioni interne o alla sorveglianza informatica”; si “esplorerà la possibilità” di cooperare con accademici e ricercatori di Hong Kong e l’Ue si “impegnerà ulteriormente” nel sostegno alla società civile dell’ex colonia inglese. Nessuna sanzione diretta ai funzionari cinesi, quindi, e nessuna apertura per i visti a chi sarà perseguitato dalla legge sulla sicurezza.

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L’altro ieri il Consiglio dell’Unione europea ha pubblicato le sue conclusioni su Hong Kong e sull’approvazione della legge sulla Sicurezza nazionale imposta da Pechino all’ex colonia inglese. Quasi un mese dopo la promulgazione della norma, che di fatto cancella l’autonomia di Hong Kong, il Consiglio dei ministri dell’Unione ha deciso alcune “risposte iniziali” contro la Cina: si “considereranno” le conseguenze della legge sui visti, i permessi di soggiorno e il diritto d’asilo; si faranno “ulteriori controlli e limitazioni” sulle esportazioni di tecnologia sensibile per uso finale a Hong Kong, “in particolare laddove vi siano motivi per sospettare un uso indesiderato in relazione alla repressione interna, all’intercettazione di comunicazioni interne o alla sorveglianza informatica”; si “esplorerà la possibilità” di cooperare con accademici e ricercatori di Hong Kong e l’Ue si “impegnerà ulteriormente” nel sostegno alla società civile dell’ex colonia inglese. Nessuna sanzione diretta ai funzionari cinesi, quindi, e nessuna apertura per i visti a chi sarà perseguitato dalla legge sulla sicurezza.

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L’Unione usa termini molto diplomatici nel suo rapporto con la Cina, anche in riferimento alla violazione dell’autonomia di Hong Kong. Ma c’è una ragione. Come sostenuto più volte dai funzionari europei e dallo stesso Alto rappresentante Josep Borrell, Bruxelles vuole continuare sulla terza via: non con i falchi anticinesi americani, ma nemmeno a sostegno di Pechino. Il rischio è facile da intuire: i singoli stati membri, nessuno dei quali ha voglia di esporsi contro la Cina, soprattutto per motivi commerciali, continueranno a prediligere l’interesse nazionale. E nel frattempo a Hong Kong le cose vanno sempre peggio: ieri quattro ragazzini, tra i sedici e i ventuno anni, sono stati arrestati dopo le indagini della polizia per aver sostenuto l’indipendenza di Hong Kong. Tra loro c’è il diciannovenne Tony Chung, ex leader del movimento pro democrazia Studentlocalism. Forse è ora di una risposta più concreta.

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