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Trump è un animale ferito. Occhio

Giuliano Ferrara

Il presidente americano è sulla via dell'isteria politica. Attenti al lupo 

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Attenti al lupo. Trump è sulla via dell’isteria politica, ha mandato il suo Attorney General al Congresso per promettere legge e manganello, ha istruito i suoi deputati per delegittimare popolo e istituzioni con un battage fazioso e menzognero, provoca le proteste, le eccita, e le reprime con l’uso spregiudicato dei federali, la violenza è diventata il suo brodo di giuggiole, tutte le sue mosse sono sotto osservazione per il loro carattere scopertamente elettorale, ma sono mosse di politica estera, politica di sicurezza e politica domestica in un paese di divisioni mai così radicali, mentre il disastro della gestione della pandemia lo rende sempre più debole e pericoloso. Non avrà la sua Convention, il grande show, non ha dalla sua i sondaggi, per adesso almeno, il suo ego di presidente in carica è ferito, l’uomo è pericoloso perché infantile e carogna, perché circondato di yesman che ha premiato in vario modo con soldi e grazie presidenziali, perché il vecchio Partito repubblicano è ridotto a uno spettro disciplinare e ha già dato prova di considerare chiuso il capitolo della divisione dei poteri costituzionali nel processo di impeachment. Osservammo qui che era diventato battibile un mese fa, ora è chiaro che la prospettiva lo atterrisce, sarebbe il coronamento di una vita di abusi e comportamenti sempre sul filo della legalità, in una visione omertosa e coscarola del suo variopinto gruppo di avvocati, faccendieri e uomini di pancia.

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Attenti al lupo. Trump è sulla via dell’isteria politica, ha mandato il suo Attorney General al Congresso per promettere legge e manganello, ha istruito i suoi deputati per delegittimare popolo e istituzioni con un battage fazioso e menzognero, provoca le proteste, le eccita, e le reprime con l’uso spregiudicato dei federali, la violenza è diventata il suo brodo di giuggiole, tutte le sue mosse sono sotto osservazione per il loro carattere scopertamente elettorale, ma sono mosse di politica estera, politica di sicurezza e politica domestica in un paese di divisioni mai così radicali, mentre il disastro della gestione della pandemia lo rende sempre più debole e pericoloso. Non avrà la sua Convention, il grande show, non ha dalla sua i sondaggi, per adesso almeno, il suo ego di presidente in carica è ferito, l’uomo è pericoloso perché infantile e carogna, perché circondato di yesman che ha premiato in vario modo con soldi e grazie presidenziali, perché il vecchio Partito repubblicano è ridotto a uno spettro disciplinare e ha già dato prova di considerare chiuso il capitolo della divisione dei poteri costituzionali nel processo di impeachment. Osservammo qui che era diventato battibile un mese fa, ora è chiaro che la prospettiva lo atterrisce, sarebbe il coronamento di una vita di abusi e comportamenti sempre sul filo della legalità, in una visione omertosa e coscarola del suo variopinto gruppo di avvocati, faccendieri e uomini di pancia.

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Attenti al lupo. Ne può combinare di ogni tipo in una campagna elettorale in cui gli restano solo i suoi intatti poteri presidenziali, “solo” va messo tra dovute virgolette, ché sono poteri dilatati fino all’inverosimile in una inaudita prassi antipolitica sempre dentro e fuori i confini della legge e dello spirito costituzionale americano delle origini mai smentito in tutta la storia del paese. Ora che la volubile impennata economica lo ha tradito, ora che l’opinione gli volta le spalle per il grottesco negazionismo sanitario, ora che la bolla mediatica del vincente contro il loser si sgonfia come un palloncino, ora diventa fortissimo il rischio che Trump si faccia forte della guerra interna, mentre dilaga l’uso delle manifestazioni armate su fronti contrapposti, e vi sovrapponga azioni da commander in chief mettendo a repentaglio per esclusivi interessi di bottega la sicurezza nazionale e il sistema di equilibrio mondiale. Se le cose dovessero procedere per la via ordinaria di un confronto elettorale, per lui sarebbero guai. E il tipo è di quelli che scansano i guai senza minimamente pensare alle conseguenze dei propri atti. 

   

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Le opposizioni a Trump dovrebbero evidentemente coalizzarsi, unirsi e disciplinarsi intorno a una piattaforma di normalizzazione della vita civile e politica americana, con un occhio alla ricostruzione di alleanze e sistemi di garanzia in ogni campo, dopo che la furia devastatrice di questo incredibile fenomeno di sprezzo verso la democrazia liberale ha fatto tutti i danni possibili. Ma non è facile. Le cicatrici bruciano, la voglia di rivalsa è cattiva consigliera, molta gente è stufa e cade nella trappola della radicalizzazione estrema. Le campagne elettorali si fanno sotto il controllo del Congresso e delle autorità terze, davanti all’opinione pubblica, secondo le procedure di una grande battaglia di immagini, concetti, parole, programmi e slogan. O riusciranno a imporre a Trump questo terreno di confronto, per lui oggi perdente, oppure le opposizioni del variegato mondo del nevertrumpismo rischiano grosso. Un animale ferito, che potrebbe tornare nella sua gabbia, è motivo di allarme. Cercargli una via d’uscita come si dice onorevole, a questo campione del disonore politico, è politicamente doveroso. Il resto è un impasto letale di nervi e sentimenti, i grandi nemici delle svolte necessarie.

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