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Le accuse di stupro al ministro dell'Interno francese mettono in difficoltà Macron

Mauro Zanon

Gérald Darmanin è sommerso di insulti a ogni uscita pubblica, e alcune aree della maggioranza cominciano a essere insofferenti, anche se il governo lo difende contro i processi di piazza

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Parigi. Quando gli chiedono cosa ne pensa dell’inchiesta in corso sul suo conto, Gérald Darmanin, ministro dell’Interno francese da appena due settimane, assicura di essere “tranquillo come Baptiste”. Nelle commedie dell’inizio del Diciannovesimo secolo, Baptiste era il capro espiatorio che sopportava ogni sorta di attacco in maniera stoica, e lui, l’ambizioso Monsieur Gérald, si sente proprio come quel personaggio e dice che è in corso una “caccia all’uomo” senza precedenti, di essere “oggetto di una calunnia”.

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Parigi. Quando gli chiedono cosa ne pensa dell’inchiesta in corso sul suo conto, Gérald Darmanin, ministro dell’Interno francese da appena due settimane, assicura di essere “tranquillo come Baptiste”. Nelle commedie dell’inizio del Diciannovesimo secolo, Baptiste era il capro espiatorio che sopportava ogni sorta di attacco in maniera stoica, e lui, l’ambizioso Monsieur Gérald, si sente proprio come quel personaggio e dice che è in corso una “caccia all’uomo” senza precedenti, di essere “oggetto di una calunnia”.

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Da quando è stato nominato a Place Beauvau, Darmanin, accusato nel 2017 di violenza sessuale da una donna, Sophie Patterson-Spatz, è diventato il nemico pubblico numero uno delle femministe francesi. Il 9 luglio, giorno del passaggio delle consegne al ministero dell’Interno, le femministe si sono presentate di fronte all’edificio denunciando il “rimpasto della vergogna” e scandendo lo slogan “la culture di viol en marche”. Sabato, recatosi a Nantes assieme al primo ministro e alla ministra della Cultura per seguire da vicino le operazioni di spegnimento dell’incendio, l’ex fedelissimo di Sarkozy è stato fischiato e ricoperto di improperi da un gruppo di donne. “La presunzione di colpevolezza non può sostituire la presunzione d’innocenza”, ha detto la portavoce della République en marche (Lrem), Aurore Bergé. E’ fuori discussione l’ipotesi di prendere in considerazione le ingiunzioni delle femministe, che reclamano la cacciata di Darmanin. “E’ attaccato perché è uno dei ministri più importanti dell’esecutivo. E’ impensabile cedere a queste minacce, altrimenti basterà una denuncia per destabilizzare qualsiasi governo”, ha aggiunto la Bergé.

 

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Dopo un non luogo a procedere pronunciato nel 2018, la Corte d’appello di Parigi, lo scorso 11 giugno, ha riaperto le indagini in merito all’accusa di stupro. Ma “un’accusa non è una condanna”, hanno sostenuto 167 parlamentari della République en marche (Lrem) in una tribune, pubblicata il 15 luglio, in difesa del garantismo e contro i processi di piazza. Lo stesso giorno, sempre sul Monde, una lettera aperta firmata da 91 intellettuali e militanti ha puntato il dito contro “la virata anti femminista” del governo Castex a causa della nomina di Darmanin e del suo collega alla giustizia Éric Dupond-Moretti, definendoli “promotori della cultura dello stupro”.

 

Per ora, Lrem sembra compatta nella risposta alle proteste delle femministe (oggi pomeriggio, è arrivato anche il sostegno di 200 politici locali, tra cui il presidente della Regione Hauts-de-France Xavier Bertrand, in quota gollista), ma la durata e l’intensità della loro mobilitazione suscita diverse inquietudini. “E’ una brutta storia perché non passa”, ha detto al Monde, allarmato, un macronista della prima ora. “L’argomento della presunzione d’innocenza è legittimo. Ma c’è un problema sul piano morale: un’accusa di favori sessuali, è una macchia indelebile”. Alcuni macronisti sostengono che Macron e Castex abbiano sottovalutato l’entità dell’affaire, arrivando a dire che la situazione “è difficilmente sostenibile” se continuerà ancora per molto. Altri sono convinti che l’incendio Darmanin si spegnerà in settembre, quando si parlerà di “crisi sociale”. Le femministe, radicalmente ostili alla posizione garantista di Lrem, ritengono che Macron abbia “perso qualsiasi legittimità” in materia di diritti delle donne. Elisabeth Moreno, la nuova ministra delegata alle Pari opportunità, avrà molto lavoro per ricucire il rapporto con questa fetta importante della società.

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