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Podemos non esiste

Eugenio Cau

Il partito dell’estrema sinistra spagnola è al governo ma alle urne prende una bastonata via l’altra

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Milano. In Spagna le elezioni regionali in Galizia e nei Paesi Baschi, le prime dallo scoppio dell’epidemia da coronavirus e le prime dall’insediamento del governo di centrosinistra guidato da Pedro Sánchez, sono andate come previsto: in entrambe le comunità autonome, così si chiamano le regioni spagnole, ha vinto il governatore uscente. Non ci sarebbe nessuna novità, se non fosse per un particolare: gli intransigenti di sinistra di Podemos, partner di Sánchez al governo, sono desaparecidos.

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Milano. In Spagna le elezioni regionali in Galizia e nei Paesi Baschi, le prime dallo scoppio dell’epidemia da coronavirus e le prime dall’insediamento del governo di centrosinistra guidato da Pedro Sánchez, sono andate come previsto: in entrambe le comunità autonome, così si chiamano le regioni spagnole, ha vinto il governatore uscente. Non ci sarebbe nessuna novità, se non fosse per un particolare: gli intransigenti di sinistra di Podemos, partner di Sánchez al governo, sono desaparecidos.

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In Galizia, il conservatore Alberto Núñez Feijóo ha vinto le elezioni per la quarta volta consecutiva con la maggioranza assoluta. Feijóo è una stella del Partito popolare che non si è mai deciso ad abbandonare la sua Galizia, ma è uno dei politici più blasonati della Spagna, un conservatore centrista che nel suo discorso post elettorale ha fatto un appello appassionato alla moderazione come cifra della politica, lanciando più di una frecciatina a Pablo Casado, il leader nazionale del partito che invece non disdegna alleanze con gli estremisti. In Galizia, fino a due giorni fa, Podemos era la seconda forza politica per rappresentanza. Da ieri è completamente sparito dal Parlamento locale galiziano: da 14 seggi a zero.

 

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Ugualmente nei Paesi Baschi è stato riconfermato Iñigo Urkullu del Partito nazionalista basco, un altro governatore carismatico. Nei Paesi Baschi, Podemos era la terza forza politica. Dopo le elezioni ha perso una parte consistente dei suoi seggi nel Parlamento locale, da 11 seggi a sei, ed è caduto nell’irrilevanza: Urkullu, che non ha ottenuto la maggioranza assoluta, farà il governo con i socialisti e Podemos rimarrà all’opposizione.

 

Andando ancora indietro, il crollo di Podemos nei risultati elettorali va avanti da anni. A livello nazionale Podemos è passato dal 21 per cento delle elezioni del 2016, il suo massimo risultato, al 14 per cento delle elezioni di aprile 2019 al 12 per cento delle elezioni di novembre dello scorso anno. Nelle numerose elezioni regionali che ci sono state dal 2017 a oggi, Podemos (nelle sue varie configurazioni e coalizioni, da Unidas Podemos a En Marea) è quasi sempre rimasto sotto al 10 per cento dei consensi, spesso avvicinandosi più al 5 per cento.

 

Essere al governo come forza di minoranza non ha giovato a Podemos, che incravattandosi e istituzionalizzandosi ha perso la sua anima movimentista e indignata. Quando hai cinque ministri in carica, di cui uno, il leader del partito Pablo Iglesias, è il vicepresidente del governo, gli slogan populisti risultano meno sinceri. Non ha giovato nemmeno la convivenza con il socialista Sánchez, piuttosto abile a concentrare su di sé tutta l’attenzione e a tenere in ombra i suoi partner di maggioranza spesso impresentabili. (Anche Sánchez, tuttavia, non ha ottenuto un gran successo alle regionali di domenica: i socialisti hanno mantenuto i loro seggi, ma non c’è stato lo sperato effetto traino post coronavirus).

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Ma la crisi di Podemos risale a molto prima del suo ingresso al governo. Riguarda lo stile di leadership di Iglesias, che i media spagnoli hanno definito “hiperliderazgo individualista” e che si traduce in una dittatura tirannica con trame di palazzo, capricci autoritari e purghe a non finire. Del nucleo originario di Podemos ormai sono pochi quelli che resistono attorno a Iglesias, e sono gli yesmen che danno ragione al capo, come Juan Carlos Monedero, che dopo il tracollo elettorale scriveva su Twitter che alla fine le altre forze della sinistra galiziana e basca che hanno superato Podemos si erano “podemizzate”, e che dunque la sconfitta non era poi così grave. Podemos è stato indebolito anche dagli scandali, dai presunti finanziamenti del regime venezuelano al più recente “caso Dina”, uno scandalo intricato che riguarda conversazioni imbarazzanti, telefonini rubati, false dichiarazioni in tribunale.

 

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Secondo il Mundo, dentro a Podemos esiste ancora un “settore critico” che vorrebbe approfittare della sconfitta per eliminare Iglesias e cominciare un percorso di riforma, oppure quanto meno limitare il suo potere. Finora, tutti quelli che ci hanno provato sono stati cacciati malamente dal partito. Tra questi c’è Íñigo Errejón, ex braccio destro di Iglesias allontanato dopo discussioni sulla leadership, che ieri ha scritto su Twitter che ormai Podemos “non esiste”.

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