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Perché la sindaca di Tokyo ha vinto ancora

Giulia Pompili

Yuriko Koike era la favorita, grazie al suo metodo anti pandemia. Era una populista di destra, ora è di nuovo la donna che potrebbe fare le scarpe a Shinzo Abe

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Un po' ovunque nel mondo la pandemia ha premiato i politici locali. In Giappone ancora di più: mentre il governo centrale di Shinzo Abe faticava a realizzare la complessità della situazione, ritardando l'annuncio dell'emergenza, a livello locale governatori e sindaci si mettevano di traverso, con misure di prevenzione ulteriori rispetto a quelle richieste dal ministero della Salute. Il successo nel gestire contemporaneamente il contenimento del virus e l'attività della capitale è stato determinante per la vittoria a un secondo mandato quadriennale per la governatrice di Tokyo Yuriko Koike. “Sono felice e sento una grande responsabilità”, ha detto la Koike subito dopo i risultati arrivati domenica. Ma si sapeva, che avrebbe vinto con un ampio margine: era una candidata così forte che il Partito liberal democratico al governo non ha nemmeno proposto un suo candidato per queste elezioni.

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Un po' ovunque nel mondo la pandemia ha premiato i politici locali. In Giappone ancora di più: mentre il governo centrale di Shinzo Abe faticava a realizzare la complessità della situazione, ritardando l'annuncio dell'emergenza, a livello locale governatori e sindaci si mettevano di traverso, con misure di prevenzione ulteriori rispetto a quelle richieste dal ministero della Salute. Il successo nel gestire contemporaneamente il contenimento del virus e l'attività della capitale è stato determinante per la vittoria a un secondo mandato quadriennale per la governatrice di Tokyo Yuriko Koike. “Sono felice e sento una grande responsabilità”, ha detto la Koike subito dopo i risultati arrivati domenica. Ma si sapeva, che avrebbe vinto con un ampio margine: era una candidata così forte che il Partito liberal democratico al governo non ha nemmeno proposto un suo candidato per queste elezioni.

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Sessantasette anni, la Koike è stata eletta nel 2016 primo sindaco donna di Tokyo – che non è propriamente un sindaco come lo intendiamo noi, soprattutto perché la capitale giapponese ha una popolazione di quasi dieci milioni di persone – e da allora si è costruita un'immagine di primo piano che l'ha emancipata un po' da quella di nazionalista conservatrice che aveva in precedenza. Perché la Koike non è una grigia burocrate: il suo volto è riconoscibile, piace molto all'estero per il suo stile di comunicazione facile e diretto, e finora è riuscita a trasformare parecchie crisi (e perfino le sconfitte politiche) in opportunità. La pandemia ha affossato il suo progetto delle Olimpiadi 2020, il grande evento che avrebbe dovuto riportare Tokyo e il Giappone sul palcoscenico del mondo, ma lei continua ad assicurare che le Olimpiadi si faranno, solo posticipate, e con tutte le misure di sicurezza possibili. Già nel 2016 quando era stata eletta governatrice, la prima cosa che aveva fatto era stata rivedere i conti delle spese sostenute dalla città e promettere ai cittadini di tagliare i costi (lo avevamo raccontato qui). Nella politica giapponese, dove difficilmente c'è un colpo di scena, periodicamente si scontra con quello che dovrebbe essere il suo mentore politico, il primo ministro Shinzo Abe.

  

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In principio Yuriko Koike non era destinata a una carica amministrativa. La sua vocazione era la politica nazionale: laureata al Cairo, conosce bene l'arabo e il medio oriente. E' entrata per la prima volta in Parlamento a quarant'anni. Fa parte della corrente più nazionalista e conservatrice del Partito liberal democratico da cui è fuoruscita solo tre anni fa, quando ha fondato il suo Tomin First no Kai, “Tokyo First”, che a livello locale ha avuto parecchi consensi. E' stata ministro dell'Ambiente e ministro per gli affari di Okinawa e dei Territori del nord con Junichiro Koizumi, e poi, durante la brevissima esperienza di governo di Shinzo Abe, nel 2007, ministro della Difesa per cinquantasei giorni: è allora che si è guadagnata il soprannome di Condi Rice giapponese. Se all'estero la Koike è riconoscibile come pochi personaggi della politica nipponica, internamente non tutti si fidano: è una nazionalista, fa parte dei gruppi più conservatori, visita il santuario Yasukuni, vorrebbe il patriottismo tornasse come materia di studio a scuola, ammira molto John Bolton.

 

Quando ha tentato, fondando un nuovo partito nazionale, il Kibō no Tō, la corsa alla politica nazionale – tentando la via del populismo e sperando di rubare voti a destra e a sinistra – ha fallito. Alle elezioni generali del 2017 il Kibō no Tō è andato malissimo, e la Koike l'ha mollato al suo destino.

  

Nel frattempo, però, i quattro anni da governatrice hanno cambiato la sua figura politica, rendendola più vicina alla politica locale. La pandemia è stata determinante: a maggio, mentre Abe toglieva lo stato d'emergenza in quasi tutte le prefetture, Koike spiegava il suo piano dettagliatissimo per la fase due. Già a marzo, quando il governo centrale non voleva imporre il lockdown, il governo locale di Tokyo ha inventato una formula di sussidi per quelle imprese che chiudevano momentaneamente, lasciando gli impiegati a casa.

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