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Così l'Unione europea va alla guerra del Remdesivir con Trump

David Carretta

La Commissione costretta a correre nuovamente ai ripari nella corsa globale su vaccini e trattamenti contro il Covid-19, autorizza il farmaco la cui produzione è stata acquistata nella sua quasi totalità dall'amministrazione americana

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Bruxelles. La Commissione europea è costretta a correre nuovamente ai ripari nella corsa globale su vaccini e trattamenti contro il Covid-19, questa volta per cercare di recuperare il terreno perso sul Remdesivir, uno dei pochi medicinali attualmente considerati efficaci contro i sintomi del coronavirus, la cui produzione è stata acquistata nella sua quasi totalità dall'amministrazione di Donald Trump.

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Bruxelles. La Commissione europea è costretta a correre nuovamente ai ripari nella corsa globale su vaccini e trattamenti contro il Covid-19, questa volta per cercare di recuperare il terreno perso sul Remdesivir, uno dei pochi medicinali attualmente considerati efficaci contro i sintomi del coronavirus, la cui produzione è stata acquistata nella sua quasi totalità dall'amministrazione di Donald Trump.

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Oggi la Commissione ha annunciato di aver dato il via libera all'autorizzazione per immettere sul mercato il Remdesivir attraverso una procedura accelerata, seguita a una raccomandazione in questo senso dell'Agenzia europea per i medicinali (Ema) la scorsa settimana. “L'autorizzazione di un primo medicinale per trattare il Covid-19 è un passo avanti importante nella lotta contro questo virus”, ha detto la commissaria alla Sanità, Stella Kyriakides. “Abbiamo dato questa autorizzazione meno di un mese dopo che la richiesta era stata presentata, dimostrando chiaramente la determinazione dell'Ue nel rispondere rapidamente ogni volta che un nuovo trattamento diventa disponibile”, ha detto Kyriakides. Ma, dopo il tentato acquisto da parte degli Stati Uniti della tedesca CureVac in marzo e l'accordo raggiunto dall'amministrazione Trump con la francese Sanofi in maggio per assicurarsi di essere il primo a ricevere le dosi di vaccino, il “Remdesivir-gate” mostra ancora una volta l'importanza di sviluppare una politica sanitaria a livello Ue.

 

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Il Remdesivir è un farmaco antivirale, che era stato sviluppato da Gilead Sciences come trattamento per l'Ebola. A seguito di un “trial” lanciato a marzo dall'Organizzazione mondiale della sanità il Remdesivir ha dimostrato una certa efficacia anche sui sintomi del Covid-19. Il 25 giugno l'Ema aveva raccomandato la sua autorizzazione a livello Ue. Ma il 29 giugno l'amministrazione Trump ha annunciato che il Dipartimento americano della salute e dei servizi umani avevano firmato un accordo con Gilead per comprare il 100 per cento della produzione di luglio e il 90 per cento di agosto e settembre: in totale 500.000 trattamenti su 550.000 disponibili. L'Ue è stata colta di sorpresa. Alcuni paesi come la Germania hanno detto di essersi già assicurate scorte di Remdesivir sufficienti. Ma altri hanno pochissimo o nessuno stock. La Danimarca si è detta preoccupata in caso di seconda ondata e ha denunciato l'attitudine degli Stati Uniti. “Non ho mai visto niente di simile: che una società scelga di vendere il loro stock a un solo paese è molto strano e abbastanza inappropriato”, ha detto il capo dell'Agenzia danese del farmaco, Thomas Senderovitz, alla televisione DR: "per ora ne abbiamo abbastanza per superare l'estate con l'attuale numero di ricoveri. Se ci sarà una seconda ondata, potremmo trovarci in difficoltà".

 

Il 1° luglio un portavoce della Commissione ha annunciato che Kiriakydes aveva avviato “discussioni con il produttore Gilead, incluso sulla loro capacità di produzione. La Commissione è attualmente anche in negoziati con Gilead per riservare dosi di Remdesivir per gli Stati membri”, ha spiegato il portavoce, senza voler dare dettagli sull'andamento delle discussioni per la loro natura commerciale. Come era accaduto sul vaccino con CureVac (con l'aiuto del governo tedesco) e Sanofi (con l'aiuto del governo francese), la Commissione è costretta a rincorrere le iniziative degli Stati Uniti.

Negli scorsi mesi la Germania aveva accusato Trump di “pirateria moderna” per i metodi utilizzati nell'accaparrarsi materiale e medicinali per il Covid-19. Ma la realtà è ben diversa: gli Stati Uniti sono più flessibili in termini di regolamentazione in caso di emergenza sanitaria e finanziano massicciamente ricerca e produzione futura. “È necessario che l'Ue sia altrettanto efficace (degli Usa) nell'aiutarci a mettere a disposizione molto rapidamente il vaccino”, aveva spiegato a metà maggio il presidente di Sanofi France, Olivier Bogillot, durante le polemiche sulla priorità data agli Usa. L'amministrazione Trump avevano firmato l'accordo con Sanofi il 18 febbraio, mentre la Commissione si è mobilitata seriamente solo a partire dal mese di maggio. Sui vaccini gli Stati membri dell'Ue si sono mossi ciascuno per conto proprio, privilegiando proprie case farmaceutiche. Solo a giugno la Commissione è riuscita a lanciare una “strategia” per sottoscrivere contratti di acquisto anticipato con le case farmaceutiche per ottenere tra 300 e 600 milioni di dosi di vaccino da ripartire tra gli Stati membri. Sono stati stanziati 2,7 miliardi di euro per sostenere i costi iniziali dei produttori di vaccino, che saranno considerati come un acconto sulle dosi effettivamente acquistati dagli Stati membri. Ma occorre anche comprare le materie prime, le siringhe e i flaconi e costruire enormi impianti di produzione. Anche su questo l'Ue a 27 è meno efficace degli Usa.

 

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Problemi analoghi a quelli del vaccino di Sanofi sono stati riscontrati con il Remdesivir. L'amministrazione Usa ha finanziato il suo sviluppo come trattamento anti-virale ben prima dello scoppio della crisi del coronavirus. Secondo Public Citizen, almeno 70 milioni di dollari di aiuti pubblici sono stati versati a Gilead. Quel che manca all'Ue è l'equivalente del “Barda”, l'Autorità americana di ricerca avanzata e sviluppo biomedicale, che coordina tutte le attività di sviluppo e acquisto di prodotti medici contro bioterrorismo, pandemie e nuove malattie. Nell'Ue i trattati affidano questa competenza agli Stati membri, che spesso agiscono in modo scoordinato e con un approccio nazionalista, in una miriade di norme che rappresentano un ostacolo alla velocità. La Commissione sta cercando di mettere una pezza aumentando i fondi a disposizione della ricerca con il Recovery Fund. Ma forse sarebbe giunto il momento di ritoccare i trattati per creare un “Barda” europeo.

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