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Ci manchi, America

Paola Peduzzi

Trump si ritira dall’Oms e attacca la Cina. Chi scommette sul disordine oggi dice: Hong Kong è come Minneapolis

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Milano. Immaginate come sarebbe stata la pandemia con un leader alla Casa Bianca, scriveva ieri David Brooks sul New York Times, un leader “vero”, in grado di comprendere la gravità della crisi, di mostrare vicinanza e comprensione, di dare indicazioni chiare, di “riarticolare lo scopo dell’America”, perché a unire gli americani “è un futuro comune, non tanti passati comuni”. Invece c’è Donald Trump e stiamo vivendo la prima crisi globale del Dopoguerra senza l’America come guida, e anzi quest’America è perfettamente capovolta, la superpotenza che aggrega sulla base di valori condivisi è diventata una superpotenza che vive di scontri e destabilizzazione. Il presidente americano genera confusione (la clorochina, le iniezioni di disinfettanti), si ritira unilateralmente dall’Organizzazione mondiale della sanità, elimina l’eccezionalità di Hong Kong, esporta competizione brutale sul vaccino, mette in giro teorie del complotto e come primo istinto ha “shooting”, sparare. Sparare una battuta, un tweet, un’accusa, una denuncia, un ritiro militare, un attacco militare. Sparare per disperdere una manifestazione. Trump, nel dubbio, spara. E che goduria è questo presidente pistolero per le altre potenze mondiali.

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Milano. Immaginate come sarebbe stata la pandemia con un leader alla Casa Bianca, scriveva ieri David Brooks sul New York Times, un leader “vero”, in grado di comprendere la gravità della crisi, di mostrare vicinanza e comprensione, di dare indicazioni chiare, di “riarticolare lo scopo dell’America”, perché a unire gli americani “è un futuro comune, non tanti passati comuni”. Invece c’è Donald Trump e stiamo vivendo la prima crisi globale del Dopoguerra senza l’America come guida, e anzi quest’America è perfettamente capovolta, la superpotenza che aggrega sulla base di valori condivisi è diventata una superpotenza che vive di scontri e destabilizzazione. Il presidente americano genera confusione (la clorochina, le iniezioni di disinfettanti), si ritira unilateralmente dall’Organizzazione mondiale della sanità, elimina l’eccezionalità di Hong Kong, esporta competizione brutale sul vaccino, mette in giro teorie del complotto e come primo istinto ha “shooting”, sparare. Sparare una battuta, un tweet, un’accusa, una denuncia, un ritiro militare, un attacco militare. Sparare per disperdere una manifestazione. Trump, nel dubbio, spara. E che goduria è questo presidente pistolero per le altre potenze mondiali.

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RT, tv legata al Cremlino, sta facendo una copertura minuziosa delle proteste a Minneapolis (mai usata altrettanta cura per le proteste in Russia): la destabilizzazione sociale dell’America è un obiettivo molto caro a Mosca..

 

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La campagna di disinformazione della Russia a partire dal 2016 puntava molto sullo scontro razziale. Non era necessario schierarsi da una parte o dall’altra, perché questo è il punto di chi apprezza l’America trumpiana: non Trump in sé, ma la possibilità di alimentare le divisioni. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha detto di essere “molto rattristato” per la “tortura” che ha portato alla morte di Floyd: è proprio l’ingiustizia che “noi combattiamo nel mondo”. Per la Cina poi l’occasione è davvero d’oro, proprio ora che le relazioni tra i due paesi sono diventate tanto gelide. Com’è che l’America si inalbera per quel che accade a Hong Kong e poi la polizia arresta giornalisti a Minneapolis? Perché i ragazzi di Hong Kong hanno il diritto di protestare e quelli di Minneapolis no? Il M5S, che tende ad assecondare le posizioni del regime cinese, sintetizza: “Ogni paese ha il diritto e il dovere di garantire l’ordine pubblico sul suo territorio, nelle strade di Hong Kong come in quelle di Minneapolis, ma deve farlo rispettando i diritti umani e le libertà civili e senza compiere abusi nell’uso della forza, come accaduto nel tragico caso di George Floyd. Giudichiamo preoccupante la minaccia di Trump di sparare per fermare i saccheggi”.

 

L’equiparazione tra situazioni molto diverse tra loro sta diventando sempre più penosa per l’America perché Trump adotta metodi e parole sempre più simili a quelle dei leader illiberali del mondo. E l’immagine del paese si deteriora sulla scena internazionale: il presidente che spara è in linea con l’aggressività di alcuni paesi che contano sulla sostanziale impunità del sistema internazionale. La tanto dibattuta “superiorità morale” della più grande democrazia del mondo sta perdendo il suo valore e la sua forza. La saggistica americana si sta riempiendo di analisi su come sarà il mondo dopo la “Trumpocalypse”, come la definisce David Frum nel suo ultimo libro, e si rivolgono soprattutto alla politica interna americana. Come si raccoglieranno i cocci nel post trumpismo? Molte analisi si fondano sull’assunto che la democrazia americana sia più solida delle distorsioni di un presidente pistolero, e quindi indicano eventuali aggiustamenti. A livello internazionale però l’assenza dell’America ha un impatto molto più vasto e profondo: è un ordine che si ribalta, è una corsa alla superpotenza più pistolera, è soprattutto un cambiamento nelle aspettative. Il punto di irreversibilità non è stato individuato, ma sappiamo che da qualche parte c’è, e Trump lo fa sembrare sempre più vicino. E l’assenza dell’America diventa un costo (oltre che un dolore) per il resto del mondo: ve la immaginate questa pandemia con un vero leader alla guida dell’America?

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