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Scettici vs cauti

Paola Peduzzi

I dati, i falchi e le colombe della guerra culturale sul lockdown, tra America e Regno Unito

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Milano. Ieri è stato pubblicato uno studio che mette qualche dato nella guerra culturale in corso sul lockdown: da una parte ci sono i falchi o scettici che vogliono spezzare in fretta le misure restrittive e “tornare alla libertà” e dall’altra ci sono le colombe o cauti che vogliono mantenere più a lungo i divieti, meglio toglierli tardi che ritrovarsi con un secondo picco ravvicinato. La guerra culturale è molto evidente e netta nel mondo anglosassone, ma anche negli altri paesi il dibattito sulla fase due sta generando scontri analoghi. In America, il Washington Post assieme alla Università del Maryland ha fatto una rilevazione tra il 14 e il 19 aprile in cui si vede che: i falchissimi sono pochi ma molto rumorosi (il 10 per cento che prevede assembramenti oltre dieci persone entro la fine di aprile); il 20 per cento degli americani pensa che gli assembramenti oltre le 10 persone saranno possibili alla fine di maggio; i due terzi degli americani interpellati pensano che la possibilità di allentare le misure restrittive ci sarà a giugno o oltre. C’è poi la linea di divisione politica, che è netta fin dall’inizio e che è segnata ogni giorno da Donald Trump nel suo comizio elettorale quotidiano, cioè la conferenza stampa del tardo pomeriggio: i repubblicani sono più scettici dei democratici, e questo vuol dire che a parità di ansia economica – che è diffusa in modo omogeneo – i repubblicani tendono a mettere la mascherina meno dei democratici (se si guardano le proteste dei falchissimi contro il lockdown ci sono ben poche mascherine). Lo studio rivela anche un altro fattore: più si ha timore di essere contagiati, più la responsabilità cresce, anche tra i falchi. Sembra banale, ma in realtà l’esperienza personale – e l’età e la zona geografica in cui si abita – ha un impatto molto grande sulla propria visione del lockdown e della riapertura al punto da far valicare anche le linee politiche. Nel Regno Unito, questo fattore è molto evidente: il premier Boris Johnson che è finito in ospedale per il coronavirus oggi è – a sorpresa – una colomba del lockdown.

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Milano. Ieri è stato pubblicato uno studio che mette qualche dato nella guerra culturale in corso sul lockdown: da una parte ci sono i falchi o scettici che vogliono spezzare in fretta le misure restrittive e “tornare alla libertà” e dall’altra ci sono le colombe o cauti che vogliono mantenere più a lungo i divieti, meglio toglierli tardi che ritrovarsi con un secondo picco ravvicinato. La guerra culturale è molto evidente e netta nel mondo anglosassone, ma anche negli altri paesi il dibattito sulla fase due sta generando scontri analoghi. In America, il Washington Post assieme alla Università del Maryland ha fatto una rilevazione tra il 14 e il 19 aprile in cui si vede che: i falchissimi sono pochi ma molto rumorosi (il 10 per cento che prevede assembramenti oltre dieci persone entro la fine di aprile); il 20 per cento degli americani pensa che gli assembramenti oltre le 10 persone saranno possibili alla fine di maggio; i due terzi degli americani interpellati pensano che la possibilità di allentare le misure restrittive ci sarà a giugno o oltre. C’è poi la linea di divisione politica, che è netta fin dall’inizio e che è segnata ogni giorno da Donald Trump nel suo comizio elettorale quotidiano, cioè la conferenza stampa del tardo pomeriggio: i repubblicani sono più scettici dei democratici, e questo vuol dire che a parità di ansia economica – che è diffusa in modo omogeneo – i repubblicani tendono a mettere la mascherina meno dei democratici (se si guardano le proteste dei falchissimi contro il lockdown ci sono ben poche mascherine). Lo studio rivela anche un altro fattore: più si ha timore di essere contagiati, più la responsabilità cresce, anche tra i falchi. Sembra banale, ma in realtà l’esperienza personale – e l’età e la zona geografica in cui si abita – ha un impatto molto grande sulla propria visione del lockdown e della riapertura al punto da far valicare anche le linee politiche. Nel Regno Unito, questo fattore è molto evidente: il premier Boris Johnson che è finito in ospedale per il coronavirus oggi è – a sorpresa – una colomba del lockdown.

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Sappiamo che inizialmente Johnson ha sottovalutato l’emergenza e ha ipotizzato strategie alternative – vedi l’immunità di gregge – per evitare di dover “chiudere” il Regno. La realtà gli ha imposto di cambiare velocemente approccio, il lockdown è stato appena allungato, ma nel dibattito per la riapertura il premier convalescente non è dalla parte in cui era all’inizio, anche se ieri, in una telefonata con Trump, si è accordato per la lotta insieme al virus e per siglare un accordo commerciale in vista della Brexit. Il Guardian ha pubblicato una mappa del governo inglese: i falchi sono il cancelliere Rishi Sunak (che pure in pubblico è cauto e rassicurante, ma avendo i dati economici per le mani pensa di non poter reggere a lungo), il falco eterno Michael Gove e Liz Truss, ministro per il Commercio. Molti altri falchi si stanno spostando o sono già tra le colombe, vuoi perché hanno notato il cambiamento di Johnson, vuoi perché il comitato scientifico Sage è stato chiaro: non c’è allentamento di lockdown che non faccia rialzare il fattore R, cioè il tasso di trasmissione del virus. Anche il ministro della Salute, Matt Hancock – in mezzo a tutte le polemiche – è tra le colombe e spiega che il secondo picco è un rischio sanitario ed economico troppo alto.

 

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Lo scontro sul lockdown in America ha una forte componente culturale: è diventato virale un video in cui due infermieri si mettono in mezzo a una protesta a Denver, in Colorado, mentre una signora dall’auto piena di bandiere mostra il cartello “Land of the free” e urla contro il lockdown, le imposizioni dello stato e la violazione delle libertà fondamentali. La signora del Suv è quella a cui Trump parla ogni giorno durante il suo comizio dalla Casa Bianca, quando dice “liberate” i vostri stati o annuncia la chiusura a tutti gli immigrati. L’effetto è immediato: tre stati repubblicani, Georgia, Tennessee e Carolina del sud hanno detto di essere pronti a riaprire spiagge e ristoranti (in Georgia anche i tanto attesi parrucchieri). Nel Regno Unito lo scontro sul lockdown ha una matrice più economica: il Financial Times ha raccolto le voci di funzionari governativi che temono effetti molto gravi del lockdown. Ma si discute anche sulla possibilità di ripresa: a U o a V, lenta o rapida. La guerra culturale nel Regno Unito ha un perimetro diverso rispetto al solito: Johnson colomba ne è la dimostrazione. O Piers Morgan, trumpianissimo giornalista britannico che ora critica Trump. Toby Young è invece un giornalista rimasto falco e ha aperto un sito: si chiama “Lockdown Sceptics”, e il claim è: “Stay sane. Protect the economy. Save livelihoods”. Non prendere il virus e salva la mobilia: come se bastasse essere scettici per trovare la formula magica.

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