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Erdogan e Putin, i due decision makers

Daniele Ranieri

Il presidente turco e quello russo a Mosca prendono decisioni su Idlib e quindi anche su di noi in Europa

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Roma. Ieri il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha incontrato il presidente russo, Vladimir Putin, a Mosca per parlare di Siria. Tutto quello che vediamo in questi giorni al confine turco con l’Europa, dove migliaia di migranti si scontrano con la polizia greca perché vogliono passare il confine, e tutto quello che sta accadendo nella grande regione di Idlib in Siria, dove il regime siriano è impegnato in una campagna di riconquista del territorio e milioni di civili sono esposti ai raid aerei, di fatto è sotto il controllo dell’autocrate russo e di quello turco. La politica europea vive nell’angoscia della massa di profughi di guerra siriani e migranti ai confini est e tutto viene discusso e deciso in un meeting a due a Mosca.

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Roma. Ieri il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha incontrato il presidente russo, Vladimir Putin, a Mosca per parlare di Siria. Tutto quello che vediamo in questi giorni al confine turco con l’Europa, dove migliaia di migranti si scontrano con la polizia greca perché vogliono passare il confine, e tutto quello che sta accadendo nella grande regione di Idlib in Siria, dove il regime siriano è impegnato in una campagna di riconquista del territorio e milioni di civili sono esposti ai raid aerei, di fatto è sotto il controllo dell’autocrate russo e di quello turco. La politica europea vive nell’angoscia della massa di profughi di guerra siriani e migranti ai confini est e tutto viene discusso e deciso in un meeting a due a Mosca.

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Erdogan e Putin nel settembre 2018 si erano messi d’accordo per una spartizione temporanea di quell’area e per sospendere la guerra. I militari turchi avevano creato una zona demilitarizzata d’interposizione senza più la presenza dei gruppi armati siriani (che loro appoggiano) e avevano creato dodici posti d’osservazione per tenere la situazione sott’occhio. A dicembre 2019 però, ottanta giorni fa circa, l’offensiva del rais siriano Bashar el Assad appoggiata dalla Russia è ripartita con lo scopo di prendere Idlib e quell’equilibrio turco-russo in cui un po’ tutti si cullavano è saltato. Otto posti d’osservazione turchi sono oggi circondati dalle forze del regime siriano, che in queste settimane hanno spinto con irruenza crescente verso nord. La Turchia ha risposto a fasi progressive: prima ha aiutato i gruppi armati anti Assad con intelligence e armi, poi ha mandato soldati, carri armati e artiglieria. Tutto questo è successo senza che la Turchia e la Russia rompessero i rapporti, anche se sul campo si stavano facendo la guerra. Il 27 febbraio questo meccanismo d’intesa è saltato in aria. Bombardieri russi hanno ucciso circa trenta soldati turchi in Siria – non è certo che si sia trattato di bombardieri russi, ma si parla di un attacco notturno con munizioni devastanti che soltanto i russi potevano compiere. Nessuno tuttavia ha interesse a confermare che sono stati i russi.

 

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Erdogan ha reagito a quella strage con un’operazione di rappresaglia affidata a missili terra-aria e a uno sciame di droni armati che ha colpito in modo sistematico ogni mezzo e ogni posizione delle forze assadiste (non russe, però). In sei giorni, almeno 315 uomini dei reparti di Assad sono stati uccisi – dati verificati grazie agli annunci di morte, ma potrebbero essere inferiori alla realtà – e un centinaio di mezzi sono stati distrutti, inclusi tre aerei. Oltre a ordinare questa controcampagna violenta, Erdogan ha cercato l’appoggio dei governi occidentali con un argomento che lui sa essere fortissimo: volete che i milioni di civili di Idlib diventino un’ondata di profughi diretta verso le vostre città come nel 2015? Per creare un clima di emergenza e attirare i media, ha spinto i profughi che da anni vivono dentro alla Turchia verso il confine con la Grecia dicendo loro che se vogliono tentare di raggiungere l’Europa la Turchia non li tratterrà. E infatti, senza che milioni di civili di Idlib abbiano ancora nemmeno messo piede in Turchia, si è creata subito una crisi migratoria.

 

Erdogan e Putin si sono incontrati ieri proprio per risolvere questa impasse, con un colloquio di circa tre ore. Nei prossimi giorni vedremo sul terreno le conseguenze delle decisioni che hanno preso. E’ molto probabile che si siano accordati per una nuova tregua e per tornare a quell’equilibrio definito nel 2018 a Sochi. A Putin piace l’idea di conservare molta influenza su Erdogan, che lui usa per mettere in imbarazzo la Nato e l’America. Per esempio ha venduto alla Turchia il sistema missilistico S-400, che un paese Nato non dovrebbe acquistare perché il sistema acquisisce in automatico tutte le informazioni degli aerei Nato da vicino e poi le trasmette ai russi. Insomma Putin non vuole rompere. Nemmeno Erdogan vuole rompere con Putin, perché tutta la situazione in Siria è già difficile da gestire così senza che ci sia bisogno di creare altre frizioni. I due tendono per natura a uno stato di quiete. Il regime di Damasco invece preme per riprendersi tutto, ma è uscito malconcio dagli ultimi giorni di reazione turca.

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